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Una frase di Giorgio Bassani sul valore della memoria

Leggiamo assieme questa frase di Giorgio Bassani tratta dalla sua opera più famosa "Il giardino dei Finzi-Contini", sul valore sul peso della memoria

Nel romanzo Il giardino dei Finzi-Contini, Giorgio Bassani offre al lettore una riflessione profonda e malinconica sulla memoria, sul tempo e sull’identità individuale e collettiva. La citazione rappresenta uno dei fulcri tematici dell’opera, condensando in poche parole la filosofia esistenziale dell’autore e il senso di perdita che permea tutta la narrazione.

“Più del presente contava il passato, più del possesso il ricordarsene. Di fronte alla memoria, ogni possesso non può apparire che delusivo, banale, insufficiente”

Giorgio Bassani e il peso della memoria

Il romanzo, ambientato nella Ferrara razzista degli anni Trenta, durante le leggi antiebraiche fasciste, racconta l’infanzia, l’adolescenza e la giovinezza del protagonista, un alter ego dello stesso Bassani, intrecciata con quella della nobile e isolata famiglia dei Finzi-Contini, in particolare con la figura della misteriosa e affascinante Micòl. L’intera vicenda è filtrata attraverso il ricordo del protagonista adulto, che rivisita con struggente lucidità quegli anni segnati da un amore irrealizzato e da un mondo destinato a svanire.

Nella frase citata si avverte la supremazia del ricordo rispetto al possesso materiale o all’esperienza concreta vissuta nel presente. Il protagonista, guardando indietro, percepisce che ciò che ha realmente valore non è ciò che si è ottenuto o posseduto, ma ciò che si è conservato nella memoria, ciò che ha acquisito un senso attraverso la riflessione e il tempo. Questo processo di rielaborazione interiore trasforma anche i fallimenti, le mancanze e le illusioni in qualcosa di eterno, persino più autentico di un’esperienza compiuta.

Il “giardino” dei Finzi-Contini, luogo al tempo stesso reale e simbolico, incarna perfettamente questa dimensione. È un angolo di mondo separato, sospeso nel tempo, protetto dall’esterno ma non per questo immune al dramma storico che si consuma intorno. Esso diventa uno spazio della memoria: il luogo dove il protagonista ha vissuto i suoi sentimenti più intensi e che, proprio perché perduto, acquista un’aura mitica. Il giardino non è mai pienamente posseduto: resta inaccessibile, tanto nella realtà quanto nell’amore che lega il narratore a Micòl. E proprio in questa inaccessibilità risiede la forza del ricordo, che resiste al tempo e alla distruzione, a differenza dei beni materiali o delle relazioni che si consumano.

La riflessione di Bassani si inserisce in una lunga tradizione letteraria in cui il passato assume un valore quasi sacrale. Il ricordo diventa mezzo per restituire senso all’esperienza umana e per salvarla dall’oblio. La memoria, nel pensiero dell’autore, non è solo esercizio nostalgico, ma vero e proprio atto etico e politico: ricordare, soprattutto in una società che ha conosciuto la discriminazione e la violenza del fascismo, è un dovere civile. La memoria permette di riconoscere le ingiustizie, di dare un volto e un nome a chi è stato cancellato dalla storia ufficiale.

Nella contrapposizione tra “possesso” e “ricordo” si annida anche una critica alla superficialità della modernità e del consumo. Il possesso, legato al presente e alla concretezza, appare in questa prospettiva effimero e illusorio. Al contrario, il ricordo — filtrato dalla distanza e dalla coscienza — acquista profondità. Non è un caso che il protagonista, ormai adulto, ripercorra quelle vicende con uno sguardo maturo, consapevole della propria impotenza nel mutare il passato, ma altrettanto conscio del potere che quel passato esercita ancora su di lui.

La vita ha valore solo se può essere raccontata

Il valore del ricordo non si esaurisce dunque nella sfera personale: nel romanzo, la memoria diventa anche luogo collettivo, dove si deposita il destino di una comunità, quella ebraica ferrarese, sterminata e dispersa. La stessa Micòl, figura quasi spettrale, sfugge a ogni tentativo di definizione e possesso: è simbolo dell’ideale perduto, della giovinezza, della libertà e, infine, della tragedia. Il ricordo di lei non è più soltanto nostalgia amorosa, ma emblema di un’intera civiltà scomparsa, travolta dalla Storia.

In questo senso, la frase di Bassani racchiude una verità universale: ciò che resta di noi e degli altri non è ciò che abbiamo toccato o avuto, ma ciò che abbiamo sentito, immaginato, sognato, e infine ricordato. E il romanzo, come forma artistica, è lo spazio in cui tutto questo trova espressione. Scrivere, come ricordare, è un atto di resistenza alla banalità dell’esistenza quotidiana, un modo per riscattare la vita dalla sua stessa fugacità.

Così, nel Giardino dei Finzi-Contini, Giorgio Bassani erige un monumento alla memoria, facendo della letteratura il luogo in cui il passato può ancora parlare, brillare e insegnare. Il possesso svanisce, ma il ricordo resta, con la sua forza misteriosa, irriducibile, ineluttabile.

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