Questi versi tratti dalla filastrocca Dopo la pioggia di Gianni Rodari, uno dei più grandi maestri della letteratura per l’infanzia del Novecento, contengono in poche righe tutta la forza evocativa della poesia semplice e luminosa che ha reso celebre l’autore di Favole al telefono e Il libro degli errori. In queste parole, cariche di immagini vivide e immediate, Rodari disegna una scena che ogni bambino ha vissuto e riconosce: il ritorno del sereno dopo un temporale e la comparsa dell’arcobaleno, che diventa un ponte magico, colorato e festoso.
Dopo la pioggia viene il sereno,
brilla in cielo l’arcobaleno:
è come un ponte imbandierato
e il sole vi passa, festeggiato.
È bello guardare a naso in su
le sue bandiere rosse e blu.
Gianni Rodari e la serenità che torna
Dietro la grazia della filastrocca, come spesso accade nei testi di Rodari, si cela un significato più profondo. Il poeta non parla solo di un fenomeno naturale, ma ci invita a riflettere su un’esperienza emotiva universale: la speranza che segue un momento difficile, la bellezza che può nascere dal dolore, la capacità dell’infanzia — e della poesia — di trasformare la realtà con lo sguardo.
Rodari costruisce questi versi con una lingua limpida, musicale, accessibile a tutti. Non ci sono parole ricercate, né metafore oscure. Tutto è chiaro e diretto: pioggia, sereno, arcobaleno, sole, bandiere. Eppure, la loro combinazione crea un piccolo incantesimo. La rima baciata (“sereno – arcobaleno”, “imbandierato – festeggiato”) dona ritmo e gioia alla lettura, quasi un canto, una nenia che accompagna il lettore bambino in un mondo in cui anche la pioggia ha un senso, perché conduce a qualcosa di bello.
Il messaggio è profondo nella sua semplicità: “Dopo la pioggia viene il sereno.” Non è solo una constatazione meteorologica, ma un principio esistenziale. Rodari, che ha vissuto le ferite della guerra e della povertà, conosceva bene il valore della speranza. I suoi testi parlano spesso della possibilità di immaginare un mondo migliore, di superare gli ostacoli con l’intelligenza, il gioco e la fantasia. Questo primo verso suona come un proverbio laico, un invito alla resilienza. Dopo il dolore, può tornare la luce. Dopo le lacrime, il sorriso.
Il secondo verso — “brilla in cielo l’arcobaleno” — introduce l’immagine centrale della filastrocca. L’arcobaleno è un fenomeno tanto reale quanto magico agli occhi dei bambini. Appare all’improvviso e scompare con altrettanta rapidità. Rodari lo definisce “un ponte imbandierato”, una metafora visiva e festosa, che rende l’idea di un passaggio tra due mondi: quello della tristezza e quello della gioia, della pioggia e del sole. Il ponte suggerisce anche una connessione, una possibilità di incontro e di superamento delle difficoltà.
L’aggettivo “imbandierato” richiama la festa, la celebrazione, e prelude all’immagine del sole che passa, festeggiato. Qui il sole diventa quasi un personaggio, un ospite d’onore che riceve applausi, saluti, colori. Il cielo non è più solo uno spazio neutro, ma si anima, prende vita, si popola di emozioni. Come spesso avviene nella poesia di Rodari, la natura è umanizzata, entra in relazione con chi la guarda. E chi guarda, naturalmente, è il bambino.
Guardare a naso in su
“È bello guardare a naso in su / le sue bandiere rosse e blu.” La poesia si chiude con l’atto del guardare, che è anche un atto di meraviglia, di scoperta. Guardare “a naso in su” è tipico dei bambini, che scrutano il cielo con gli occhi pieni di domande. Rodari ci invita a recuperare quello sguardo, a non smettere di cercare la bellezza sopra di noi, anche dopo la pioggia. Le “bandiere rosse e blu” richiamano la varietà e la vivacità dei colori dell’arcobaleno, ma possono anche evocare l’idea di una festa popolare, una celebrazione collettiva della natura e della vita.
Come in molte sue filastrocche, anche qui Rodari riesce a parlare contemporaneamente ai bambini e agli adulti. I primi ascoltano una storia semplice e colorata, che rispecchia le loro esperienze quotidiane. I secondi colgono il messaggio più profondo: la necessità di coltivare la speranza, di accogliere la bellezza quando si manifesta, di credere che dopo ogni pioggia ci possa essere un arcobaleno.
In un’epoca in cui le difficoltà sembrano moltiplicarsi — tra crisi ambientali, guerre, solitudini sociali — la voce di Rodari suona più attuale che mai. Le sue parole ci ricordano che il cambiamento è possibile, che il sereno può tornare, e che lo sguardo fiducioso dei bambini può insegnarci a vedere ciò che, da adulti, rischiamo di dimenticare.
Dopo la pioggia, insomma, non è solo una filastrocca meteorologica: è un piccolo manifesto poetico dell’ottimismo, dell’immaginazione, della resistenza gentile. Con sei versi soltanto, Gianni Rodari riesce a costruire un mondo in cui la pioggia non è fine, ma inizio. E in cui il cielo, quando si apre, non offre solo luce, ma anche colori, ponti, speranze. Guardare “a naso in su” diventa allora un esercizio poetico, un gesto di fiducia. Una lezione, come sempre, da imparare proprio dai bambini.