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Una frase di Umberto Galimberti sull’educazione emotiva contro il bullismo

Scopri le parole del filosofo e psicanalista Umberto Galimberti legate al tema del bullismo, contenute nel libro "La parola ai giovani"

Il bullismo è una piaga sociale che, purtroppo, continua ad essere presente tra i giovani. Il 7 febbraio, Giornata Mondiale contro il bullismo e il cyberbullismo, rappresenta un’occasione per riflettere su questo fenomeno ancora troppo diffuso.

Il filosofo Umberto Galimberti ha spesso analizzato questo triste fenomeno giovanile nei suoi discorsi e nelle sue opere, fornendo sempre un punto di vista chiaro e preciso su come sia possibile contrastare il diffondersi degli atti di bullismo. Nel suo libro “La parola ai giovani“, Galimberti ha esaminato 72 lettere di giovani dai 18 ai 30 anni pubblicate nel volume, e attraverso l’ascolto ha individuato i principali problemi dei giovani d’oggi: da quello culturale alla mancanza di un futuro certo.

Lo scrittore ha ricordato come i giovani vivono in uno stato di povertà culturale e precarietà che spesso sfocia in episodi di violenza e bullismo dovuti a questo status di incertezza. Una sua frase ben sintetizza la causa che ha portato al’escalation del fenomeno del bullismo nelle scuole e in generale nella società di oggi:

Il fenomeno crescente del bullismo dimostra infatti la carenza dell’educazione emotiva

Bullismo: perché i ragazzi si rifugiano nella banda

Secondo Galimberti, con la fine del Sessantotto, i giovani hanno smesso di dire “noi” e si sono rifugiati in sé stessi, ripetendo ossessivamente “io”. E di quella dimensione sociale (scuola, partito, oratorio, eccetera) che non ha più trovato dove esprimersi, è rimasto solo quel tratto primitivo che è la “banda”.

Solo con gli amici della banda oggi molti ragazzi hanno l’impressione di poter dire davvero “noi” – commenta Galimberti – e di riconfermarlo in quelle pratiche di bullismo che sempre più caratterizzano i loro comportamenti nella scuola, negli stadi, all’uscita delle discoteche. Lo sfondo è quello della violenza sui più deboli e la pratica della sessualità precoce ed esibita sui telefonini e su internet dove, compiaciuti, fanno circolare le immagini delle loro imprese.

Il ruolo delle famiglie e le responsabilità della scuola

I giovani si ribellano alle istituzioni perché non hanno “ucciso” il mondo degli adulti. Sono “amici” dei genitori, quando dovrebbero essere soltanto “figli”. D’altra parte, senza un pieno superamento del complesso di Edipo, l’uccisione si trasferisce dalla figura genitoriale al mondo che li circonda.

Dunque, di fronte ai ragazzi, occorre essere fermi e stabili, senza interrompere mai la comunicazione con loro. Galimberti suggerisce di ascoltare i giovani e dare loro le risposte adeguate. L’assenza dei genitori e della scuola negli adolescenti sarebbero, infatti, una delle concause delle baby gang. Dietro i bulli, ci sono spesso famiglie disagiate, ma Galimberti denuncia anche la “frigidità” delle famiglie borghesi: nuclei dove il dialogo è assente e addirittura i genitori sono assenti.

Nell’adolescente, secondo Galimberti, non si verifica più quel passaggio naturale dalla “libido narcisistica” (che investe sull’amore di sé) alla “libido oggettuale” (che investe sugli altri e sul mondo). In mancanza di questo passaggio, accade che si inducano gli adolescenti a studiare con motivazioni “utilitaristiche”, impostando un’educazione finalizzata alla sopravvivenza, dove è implicito che “ci si salva da soli”, con conseguente affievolimento dei legami emotivi, sentimentali e sociali.

Educare ai sentimenti attraverso la letteratura

L’educazione ai sentimenti, una volta, avveniva attraverso le fiabe, che ci insegnavano a distinguere il bene e il male, permettendoci di acquisire quella che Umberto Galimberti definisce la “risonanza emotiva”. Il sentimento, infatti, non è un dato naturale, bensì culturale e, come tale, deve essere insegnato.

In questo senso, la scuola ha un ruolo fondamentale e, al posto di limitarsi a istruire i suoi studenti, dovrebbe educarli, ovvero portarli dallo stadio pulsionale a quello emotivo, fare in modo che imparino a distinguere il bene e il male, che capiscano la differenza fra corteggiare e stuprare, fra scherzare e bullizzare. Per farlo, occorre prima conoscere la persona dietro lo studente, incoraggiandola a trovare la propria soggettività e a esprimerla nel modo più appropriato.

Ritorno all’educazione emotiva

Ecco quindi che ritorna uno dei capisaldi del pensiero di Umberto Galimberti, l’importanza dell’educazione emotiva nelle scuole; qualcosa che oggi più di ogni altra cosa scarseggia nel sistema scolastico italiano, dove si opta maggiormente per un’ “istruzione” intesa come semplice trasmissione, piuttosto che preferire l’ “educazione”, che è quella che consente ai più piccoli di sviluppare la loro identità personale.

Senza l’educazione emotiva, secondo Galimberti, c’è il rischio che un ragazzo rimanga impantanato nello stadio pulsionale, sviluppando di conseguenza forme di violenza e bullismo. La pulsione non si esprime in parole, ma solo in gesti e azioni.

“Eppure tutti sappiamo che il sentimento – a differenza dell’impulso (stadio a cui si arresta la psiche dei bulli) e dell’emozione – non ci è dato per natura, ma si acquisisce per cultura, come ci insegna la storia: dai primitivi che raccontavano miti, ai giorni nostri dove la letteratura narra storie per farci conoscere cos’è l’amore, il dolore, la noia, la disperazione, la speranza, la tragedia, il suicidio, il senso della vita e l’ineluttabilità della morte. E, quando non si conoscono i sentimenti, il terribile è già accaduto.”

Il fenomeno del bullismo oggi

Negli ultimi anni, il fenomeno del bullismo e del cyberbullismo ha registrato un preoccupante aumento: secondo l’indagine Edit, dell’Agenzia regionale di sanità Toscana (Ars), questo fenomeno sta colpendo in particolare le ragazze (44,6%) rispetto ai ragazzi (36,5%). Secondo i dati dell’Osservatorio Indifesa 2024, il 63% degli adolescenti ha subito episodi di bullismo, che avvengono a scuola nel 66% dei casi. Il cyberbullismo, invece, si manifesta principalmente online (39%).

Le conseguenze sono spesso gravi: il 75% delle vittime perde autostima e fiducia negli altri, il 47% sviluppa ansia sociale e il 45% tende all’isolamento. Mentre tra i ragazzi il bullismo si manifesta più frequentemente con aggressioni fisiche, tra le ragazze è più diffuso nella forma di cyberbullismo. Per questo è essenziale adottare strategie mirate che promuovano sicurezza digitale ed empatia, strumenti fondamentali per contrastare efficacemente il problema.

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