L’amore è un sentimento passionale, talmente irrazionale che spesso è difficile tramutare i propri impulsi amorosi in parole. Per fortuna, ci sono letterati che sono stai capaci di tradurre queste magiche sensazioni in parole e frasi. Uno di questi è sicuramente James Joyce, autore irlandese tra i più amati al mondo nato il 2 febbraio 1882 a Rathgar, Dublino, Irlanda e scomparso il 13 gennaio 1941 a Zurigo, Svizzera.
Leggiamo questo suo passo, tratto dal racconto “Arabia”, presente nella raccolta “Gente di Dublino”, pubblicato nel 1914 dopo diciotto rifiuti da parte di quindici case editrici diverse
“Il mio corpo era come un’arpa e le parole e gesti di lei come dita sulle sue corde”
L’amore passionale
L’amore passionale è un tipo di amore caratterizzato da intense emozioni e desideri. Spesso è associato a una forte attrazione fisica e a un coinvolgimento emotivo profondo. Questo tipo di amore può portare a momenti di grande felicità, ma anche a conflitti e tensioni, poiché le emozioni possono essere molto forti e travolgenti. Conflitti capaci di aumentare se questo amore non è corrisposto e, quindi, si riesce a dare sfogo a queste emozioni solo attraverso le parole, figure retoriche, similitudini, proprio come nel caso della frase in questione di James Joyce.
La passione in amore è un’esperienza che può farci sentire vivi e pieni di energia, ma richiede anche una certa attenzione e cura per mantenere un equilibrio sano. Quando gestita bene, la passione può portare a una connessione emotiva molto forte e duratura, oltre a contribuire ad una maggiore consapevolezza di sé e a una crescita personale.
Occorre però fare attenzione: le emozioni intense come la passione amorosa possono portare a alti e bassi, creando tensioni e conflitti nella relazione, possono rendere difficile comunicare in modo chiaro e razionale, portando a malintesi che, se non gestiti nel giusto modo, possono nuocere alla relazione. Un altro rischio è quello di avere una dipendenza emotiva, dove si fa fatica a stare bene senza il partner e di conseguenza far trascurare altri aspetti importanti della vita, come amicizie, lavoro o hobby.
E’ bello provare sensazioni intense grazie ai gesti e alle attenzioni di un’altra persona, così da essere come, usando la similitudine di Joyce, un’arpa che suona in base a come l’altra persona usa le sue dita sulle corde. Tuttavia, la passione può travolgere questa magia se non correttamente gestita, portando alla rottura delle corde anche del più bel strumento musicale.
Arabia
La frase in questione è tratta da Arabia, il terzo racconto contenuto nel volume “Gente di Dublino”. Protagonista del racconto è un ragazzo, di cui non è mai esplicitato il nome, segretamente innamorato della sorella del suo migliore amico e vicino di casa, Mangan. Egli non ha mai occasione di parlarle, nonostante continui a seguirla e a fantasticare su di lei. Così ogni mattina la osserva dalla finestra di casa. È qui che il giovane protagonista viene travolto da una sensazione di estasi mentale, così descritta: “Il mio corpo era come un’arpa e le parole e gesti di lei come dita sulle sue corde”.
Considerati tra i capolavori della letteratura del Novecento, Arabia è uno dei quindici racconti – terminati nel 1906 ma pubblicati soltanto nel 1914 perché per la loro audacia e realismo gli editori li rifiutarono – contenuti all’interno di “Gente di Dublino”, un mosaico unitario che rappresenta le tappe fondamentali della vita umana: l’infanzia, l’adolescenza, la maturità, la vecchiaia, la morte. Fa da cornice a queste vicende la magica capitale d’Irlanda, Dublino, con la sua aria vecchiotta, le birrerie fumose, il vento freddo che spazza le strade, i suoi bizzarri abitanti. Una città che, agli occhi e al cuore di Joyce, è in po’ il precipitato di tutte le città occidentali del nostro secolo.
James Joyce
James Joyce è uno degli autori più importanti del Novecento. Dopo gli studi in collegi di gesuiti, si distinse all’Università di Dublino per la sua preparazione e arguzia come linguista. Dopo essersi allontanato dalla religione cattolica, lasciò l’Irlanda alla volta di Parigi, dove studiò medicina qualche mese, prima di far ritorno a Dublino per la morte della madre. Dal 1904 si trasferì prima a Trieste, dove insegnò alla Berlitz School e dove fece amicizia con Italo Svevo; poi a Zurigo e infine a Parigi, che lasciò poco prima di morire a causa dell’invasione nazista e di una forte depressione. Fatto ritorno a Zurigo, fu operato di ulcera e morì in ospedale il giorno successivo.
Dopo un primo approccio alla scrittura, in cui segue le forme espressive tradizionali della prosa narrativa, Joyce inizia a sperimentare, ispirato dalle prime teorie sulla psicanalisi. Nel 1922 pubblica “Ulisse”, opera di straordinaria importanza per tutta la letteratura futura, nella quale inizia a utilizzare la tecnica del “flusso di coscienza”, che consiste nella libera espressione di pensieri così come si affacciano alla mente del protagonista.