Una frase di Guy de Maupassant sul senso della vita

22 Gennaio 2025

Leggiamo assieme questa frase di Guy de Maupassant tratta dalla sua opera Bel-Amì, in cui con una splendida metafora ci illustra cosa è la vita.

Una frase di Guy de Maupassant sul senso della vita

Questa citazione, tratta da Bel-Ami di Guy de Maupassant, racchiude un’immagine potente e universale: la vita come una montagna, dove il movimento ascensionale simboleggia la crescita e la scoperta, e la discesa richiama il rapido avvicinarsi alla fine dell’esistenza. Con questa riflessione, Maupassant ci offre una delle sue consuete e acute esplorazioni delle fragilità umane, intrecciando osservazioni filosofiche ed esistenziali.

«La vita è un monte. Finché si sale, si guarda la vetta, e ci si sente felici; ma quando s’arriva lassù, si scorge d’un tratto la china, e giù in fondo la fine, che è la morte. L’ascesa è lenta, ma la discesa è un ruzzolone.»

La vetta come simbolo delle ambizioni umane nell’opera di Guy de Maupassant

Nel descrivere l’ascesa della vita come il cammino verso la vetta, Maupassant evoca il desiderio umano di realizzazione. La vetta è il simbolo del successo, degli obiettivi raggiunti, delle conquiste personali e professionali. Questo percorso ascendente è spesso lento e faticoso, proprio come scalare un monte, ma durante il tragitto domina un senso di speranza e gioia. L’idea di “guardare la vetta” implica la capacità di proiettarsi nel futuro, immaginando una condizione migliore, un traguardo che sembra capace di giustificare ogni sforzo.

Questa fase è tipica dei giovani e di coloro che sono in cammino verso i propri obiettivi: studenti che sognano il proprio mestiere, professionisti che puntano a scalare posizioni, artisti e pensatori in cerca di riconoscimento. L’ascesa, però, non è solo professionale o materiale; può essere anche spirituale, morale o intellettuale. Salire implica un progresso, un miglioramento, una costante tensione verso il massimo delle proprie possibilità.

Maupassant introduce però un’amara realtà: una volta raggiunta la vetta, l’orizzonte cambia. Lontano dall’essere una conquista definitiva, arrivare in cima si rivela un momento di profonda consapevolezza, poiché da quella posizione privilegiata non si può far altro che vedere la discesa, ossia il percorso inevitabile verso la fine. È qui che la metafora di Maupassant diventa universale, unendo ambizione e mortalità in un unico sguardo. La vetta, raggiunta con tanto sforzo, si trasforma in una soglia oltre la quale l’entusiasmo lascia spazio al disincanto.

Questo mutamento di prospettiva riflette il passaggio dall’età adulta alla maturità avanzata. La vita, che sembrava un’opportunità infinita, inizia a rivelare i suoi limiti: la salute vacilla, i sogni irrealizzati pesano, e il tempo inizia a sfuggire. La “china” verso la morte diventa visibile e ineludibile, una condizione che può generare angoscia o rassegnazione.

«L’ascesa è lenta, ma la discesa è un ruzzolone.» Con questa osservazione, Maupassant coglie l’accelerazione del tempo percepito man mano che si invecchia. L’infanzia e la giovinezza sembrano fasi dilatate, ricche di eventi significativi, mentre gli anni successivi scorrono più rapidamente, con una velocità vertiginosa che lascia poco spazio a nuovi inizi. Il termine “ruzzolone” suggerisce un senso di perdita di controllo, un movimento repentino e violento verso l’inevitabile. La discesa non è un processo graduale o accettabile, ma qualcosa che può travolgere.

Questo sentimento risuona profondamente nella società contemporanea, dove la consapevolezza dell’invecchiamento spesso conduce a una ricerca di rimedi: dalla scienza e la medicina che allungano la vita, ai tentativi di mantenere viva una gioventù estetica e psicologica. Tuttavia, il messaggio di Maupassant va oltre queste riflessioni: non si può fermare la discesa, ma si può affrontarla con dignità.

L’inquietudine dell’uomo di fronte alla mortalità

Alla base di questa metafora esistenziale troviamo il grande tema della mortalità, che permea gran parte della letteratura di Maupassant. L’autore, colpito da una vita breve e segnata da malattie fisiche e mentali, proietta nel protagonista di Bel-Ami – Georges Duroy – molte delle proprie angosce. La parabola di vita di Duroy, un uomo che scala rapidamente le vette del successo per poi confrontarsi con il vuoto morale e la caducità delle sue conquiste, rispecchia questa riflessione sulla fragilità della vita e sull’inevitabile condizione umana.

Nonostante la sua visione apparentemente pessimistica, Maupassant suggerisce indirettamente un insegnamento prezioso: godere del presente, vivere ogni momento come unico, e accettare il ciclo della vita come un’esperienza inevitabile ma non priva di significato. La vetta, intesa non come un punto di arrivo ma come un processo continuo, può rappresentare la serenità di un’esistenza vissuta pienamente, senza rimpianti.

Per Maupassant, la vera felicità non risiede tanto nella vetta o nella paura della discesa, quanto nella capacità di affrontare il viaggio con consapevolezza. Come direbbe un altro grande scrittore, Kahlil Gibran, “La vita e la morte sono una cosa sola, come il fiume e il mare.”

Guy de Maupassant, attraverso la potente metafora del monte, ci invita a riflettere sulla condizione umana con uno sguardo lucido e onesto. La vita, lenta nella sua ascesa e rapida nella sua discesa, è un viaggio pieno di scoperte, traguardi e consapevolezze. Sta a noi trasformare il percorso in un’esperienza autentica, senza lasciarci travolgere dall’angoscia della vetta o dal ruzzolone della discesa, vivendo ogni passo con gratitudine e significato.

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