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Una frase di Giuseppe Ungaretti su cos’è il vero amore

La frase del giorno è tratta dalla poesia “Silenzio in Liguria”, scritta nel 1922 e contenuta nella raccolta “Sentimento del Tempo” pubblicata da Giuseppe Ungaretti nel 1933, e riassume il significato del vero amore secondo il poeta italiano.

La citazione con cui vi proponiamo di iniziare la giornata è di Giuseppe Ungaretti, poeta italiano nato ad Alessandria d’Egitto l’ 8 febbraio 1888 e scomparso a Milano, 1º giugno 1970, tratta dalla sua celebre poesia “Silenzio in Liguria”.

“Il vero amore è come una finestra illuminata in una notte buia. Il vero amore è una quiete accesa”

Cos’è il vero amore

Pensare all’amore come una quiete accesa restituisce tutta la forza e la bellezza del sentimento amoroso, un sentimento intimo e profondo che è come una luce per colui che ha la fortuna e il coraggio di provarlo. Grazie all’amore possiamo recuperare la luce e con essa i colori della vita, possiamo osservare le forme del mondo per coglierle senza lasciarci spaventare, possiamo guardare fiduciosi anche verso la notte buia perché sappiamo, con la testa e con il cuore, che presto finirà per lasciare il posto a una nuova alba, al sorgere di un sole nuovo.

In questi termini, nelle parole di Ungaretti l’amore diventa concreto e tangibile, proprio come una finestra che da lontano ci guida nel nostro rientro a casa, proprio come la stella polare che illumina il cammino dei viandanti e la rotta dei naviganti. Ecco il testo completo della celebre poesia da cui è tratta la citazione del giorno.

La poetica di Ungaretti

Ci sono due costanti nella visione di Giuseppe Ungaretti: la parola poetica è in grado di evocare il mistero dell’esistenza e c’è un legame indissolubile tra poesia e vita, tanto da far diventare i suoi testi una sorta di biografia. La relazione vita-poesia, però, non ha un valore estetico come per D’Annunzio, ma la poesia è lo strumento che permette di indagare la propria vita e di far emergere l’autentico e il valore etico.

Per Giuseppe Ungaretti la poesia non è ricerca formale o sperimentazione allo stato puro e neanche una bolla in cui ripiegarsi per trovare un contatto con la propria intimità; per Ungaretti la poesia è il barlume che resta di un segreto inesauribile. 

Il Sentimento del Tempo

Il Sentimento del tempo” è la seconda raccolta poetica di Giuseppe Ungaretti, che raccoglie poesie scritte dal 1919 fino al 1936. Inizialmente composta da 62 poesie, la raccolta si ampliò fino a raggiungerne 70 nell’arco delle due edizioni successive, la prima del 1936 e la seconda del 1942. Nel 1943 l’edizione completa confluì nella raccolta “Vita di un uomo”, pubblicata da Arnoldo Mondadori Editore e nel 1968 nel Meridiano dedicato al grande poeta, dal titolo “Vita di un uomo. Tutte le poesie”.

Sulla citazione di oggi va fatta una precisazione doverosa: la prima parte è un falso, ovvero è una frase inventata di sana pianta ed erroneamente attribuita a Giuseppe Ungaretti, forse per una consonanza di significato con il verso della poesia “Silenzio in Liguria” che recita: “il vero amore è una quiete accesa”. Abbiamo provato a fare una ricerca per capire come mai molto spesso vengono attribuite a dei poeti delle parole che non appartengono alla loro produzione ma anche in questo caso non siamo riusciti a risalire alla fonte della prima falsa attribuzione né a risalire al perché.

Silenzio in Liguria di Giuseppe Ungaretti

Scade flessuosa la pianura d’acqua.

Nelle sue urne il sole
Ancora segreto si bagna.

Una carnagione lieve trascorre.

Ed ella apre improvvisa ai seni
La grande mitezza degli occhi.

L’ombra sommersa delle rocce muore.

Dolce sbocciata dalle anche ilari,
Il vero amore è una quiete accesa,

E la godo diffusa
Dall’ala alabastrina
D’una mattina immobile.

Giuseppe Ungaretti

«Era un bel ragazzo biondo, qualche pelo alla nazarena sul mento gli faceva negli ultimi tempi il viso un po’ lungo. Le labbra grosse e la bocca larga e sensuale e i capelli tanti e arruffati sulla fronte spaziosa. Gli occhi celesti e mansueti tradivano la bontà del suo animo anche nell’impeto dell’ira e la poesia prendeva sempre il sopravvento sulle mosse sbagliate»

Sono le parole che nel 1906 Enrico Pea, poeta e drammaturgo italiano emigrato ad Alessandria d’Egitto, usa per raccontare del giovane Giuseppe Ungaretti appena conosciuto,  riportate nel saggio di Leone Piccioni “Ungaretti e il Porto Sepolto”.

Giuseppe Ungaretti nacque ad Alessandria d’Egitto nel 1888 da una famiglia di contadini toscani. Il padre lavorava come sterratore presso il cantiere che si occupava della costruzione del canale di Suez ma venne a mancare nel 1890 e la madre fu costretta a prendere in gestione un forno per mantenere la famiglia. 

La vita ad Alessandria d’Egitto prende forma e si fissa nell’immaginario del poeta, legandosi al deserto, al mare e al porto, che ricorreranno spesso nella sua poesia. Ma anche l’Italia ha un ruolo centrale, sempre presente nei racconti di famiglia, sarà il paese che lo farà sentire esule, che gli farà provare nostalgia e desiderio del ritorno alla terra promessa. 

Nel 1912 si trasferì a Parigi, per iscriversi alla facoltà di Lettere alla Sorbona. Durante gli anni parigini conobbe i simbolisti e frequentò gli ambienti delle avanguardie artistiche. Nel 1914 partecipò alla guerra come soldato semplice volontario, esperienza che lo devasterà intimamente, e dopo la quale decise di trasferirsi a Roma, città in cui visse fino alla fine dei suoi giorni, tranne per una breve parentesi a San Paolo del Brasile dal 1936 al 1942. Morì a Milano il 1º giugno 1970. 

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