Una frase di Zygmunt Bauman ci aiuta a riflettere su come si stia trasformando la relazione umana ormai mediata sempre più dai social network, dal web e ormai dall’intelligenza artificiale. E se si può essere felici affidando la propria vita al mondo digitale.
“Se vi state chiedendo quale sarà il futuro della felicità, è opportuno che ricordiate, fra le altre cose, la seguente, che è di straordinaria importanza: la felicità comincia a casa. Non su Internet, ma a casa, in contatto con le altre persone.”
Zygmunt Bauman
La frase è tratta dal libro Meglio essere felici di Zygmunt Bauman, edito da Castelvecchi editore nel 2017. Il sociologo che ha teorizzato gli effetti della globalizzazione sull’evoluzione della società è convinto che la felicità individuale dipenda da due fattori: dal destino e dal carattere di un individuo. Il fato distribuisce le carte, mentre il secondo decide come giocarle.
La frase di Zygmunt Bauman e l’importanza del contatto reale
La scelta se essere felici e su come vogliamo affrontare il nostro presente dipende totalmente da noi. Delegare alla tecnologia la relazione umana non è qualcosa che ci è stata imposta, ma siamo noi che ci siamo lasciati prendere da un’ansia di prestazione relazionale, in cui il numero dei contatti, degli amici, delle persone da seguire e conoscere sta diventando smisurato, rispetto alla qualità delle vere relazioni.
Non a caso Bauman dice
“è che l’abitudine di farsi degli amici contandoli, moltiplicando il loro numero, e di essere assorbiti in questo genere di attività, lascia molto poco tempo per acquisire le competenze sociali necessarie a negoziare i propri rapporti, la propria coabitazione con altri esseri umani, pieni e reali”
Nella volontà di voler moltiplicare gli amici, grazie agli strumenti che la tecnologia digitale ci offre sempre più, si finisce inesorabilmente per restare da soli dietro lo schermo. Tutti i nostri contatti sono fisicamente distanti e molte volte irraggiungibili, quindi è come se non esistessero.
Seguendo il pensiero di Bauman, possiamo affermare che la mediazione tecnologica elimina quel “con-tatto” fisico necessario per poter trovare la giusta dose di energia vitale e combattere uno dei più grandi mali che sta colpendo l’umanità la depressione.
Abbiamo dimenticato l’esperienza pandemica
Per uno strano effetto della memoria, che tende ad eliminare in modo naturale le esperienze negative dalle nostre vite, ci siamo dimenticati gli effetti che la Pandemia ha scatenato sul benessere psicologico delle persone. In molti casi, gli effetti sono stati devastanti e in tanti risentono ancora i traumi di quel periodo.
La pandemia segnò l’eliminazione del contatto tra le persone, un’intera generazione ha avuto modo0 di prendere coscienza quanto fosse importante il poter stare con gli altri fisicamente. La tecnologia che ebbe un ruolo molto importante nell’offrire un’alternativa relazionale di fatto però mostrò i propri limiti dal punto di vista emozionale.
Il periodo pandemico mise in luce l’importanza della fisicità, rispetto alla virtualità. La solitudine diventava evidente nel momento in cui non c’era la possibilità di poter incontrare realmente gli altri.
Era come se mancasse qualcosa, era evidente che lo stato emotivo generale, soprattutto in molte fasce della popolazioni più sensibili, come i giovani, gli anziani, ecc, la mancanza fisica degli altri fu causa di gravi malesseri fisici e psicologici.
La frase di Zygmunt Bauman svela l’importanza del contatto fisico
Non è da condannare la tecnologia, tantissimi benefici porta in tutti i settori del vivere, ma la trasformazione antropologica nelle relazioni tra gli esseri umani. Oggi i “neoumani“, ovvero coloro che abitano la rete, cercano di poter trovare l’alternativa al contatto fisico grazie alla mediazione elettronica. La ricerca di una vita più felice si sta spostando sempre più all’interno di un mondo che non si tocca con mano.
Ma, dove non c’è contatto fisico è difficile costruire una relazione empatica tra gli esseri umani. Le persone quando s’incontrano “accendono” tutti i sensi e in base alle loro caratteristiche possono sviluppare la sensazione di non sentirsi soli.
Quando invece siamo collegati al computer o allo smartphone il nostro dialogo finisce inevitabilmente per avvenire con un strumento, con un oggetto. Il nostro contatto con le altre persone, con amici, parenti, conoscenti è mediato da uno schermo, da un microfono, da milioni di bit invisibili che permettono lo stare insieme. Chi vive dall’altra parte anche se si può vedere o sentire non si può toccare.
In base a queste “sensazioni” le emozioni possono offrire l’energia necessaria per tenere l’individuo vivo, dare gli umani la possibilità di sentire che c’è qualcuno con cui condividere qualcosa, non si è soli. In certi casi quando le emozioni trovano riscontro positivo si avverte quel senso di gioia, di felicità, di benessere utili necessario per poter vivere in modo sano.
Facciamo attenzione che l’intelligenza artificiale, nella sua costante evoluzione, avrà un ruolo determinante nel condizionare la relazione umana e nel sostituire sempre più anche l’apparente fisicità dei social network. Degli Avatar non umani diventeranno parte della nostra relazione e in tal senso si proporranno come la soluzione alle nostre mancanze. Forse si pagherà pure per avere il loro supporto, la loro amicizia, il loro amore.
Ma, seguendo la frase di Zygmunt Bauman ci mancherà qualcosa di “magico”, ovvero la “vitalità” delle persone reali, in carne ed ossa, con i loro pregi e i loro difetti.
Ribadiamo ciò non significa abbandonare lo sviluppo tecnologico, l’utilizzo del web, dei social, dell’intelligenza artificiale, ma di agire con assoluto buonsenso, non rinunciando a quella grandissima opportunità che è il poter incontrare e vivere le persone anche e soprattutto in modo reale.