Una frase di Ivano Fossati svela che la vera felicità è abbattere i muri

10 Ottobre 2025

Scopri la frase di Ivano Fossati dalla canzone "La musica che gira intorno" che spinge ad abbattere i muri della mente per essere migliori.

Una frase di Ivano Fossati svela che la vera felicità è abbattere i muri

C’è una frase di Ivano Fossati che spinge all’apertura, a guardare avanti, a non chiudere la propria visione della vita in un recinto privo di futuro. Una frase che invita a non lasciarsi conquistare dal conformismo e dalla superficialità condivisa da un pensiero sempre più social e privo di profondità.

Nella vita bisogna saper credere nei valori più sani dell’esistenza, come l’impegno civile, la solidarietà, l’aiuto reciproco e l’accettazione dell’altro. Serve la forza di immaginare una società più giusta, più bella, più aperta. Bisogna liberarsi dalla prigione mentale per trovare la vera felicità. Abbattere i muri dell’ovvio diventa l’unica strada per dare gioia alla vita.

E quella frase, scritta più di quarant’anni fa, continua a indicare la strada.

Sarà la musica che gira intorno
Quella che non ha futuro
Sarà la musica che gira intorno
Saremo noi che abbiamo nella testa un maledetto muro.

Tratti dalla canzone La musica che gira intorno del 1983, questi versi sono il cuore di una delle canzoni più celebri e amate di Fossati, pubblicata nell’album Le città di frontiera. Dietro una melodia ipnotica e malinconica, il cantautore ligure nasconde una riflessione civile e umana sulla chiusura mentale che impedisce all’uomo di evolvere.

Il contesto in cui nasce la canzone

All’inizio degli anni Ottanta si erano spenti i grandi slanci ideologici e le passioni collettive dei Settanta. A un decennio di speranze e movimenti sociali seguì un periodo di individualismo e disimpegno, che la sociologia definì “il decennio del riflusso”.

Fossati, in quegli anni poco più che trentenne, con le parole della sua canzone si rivolgeva alla sua stessa generazione, quella che aveva conosciuto la forza dei movimenti studenteschi e operai e che ora si trovava a fare i conti con la disillusione.
Il “maledetto muro” è il simbolo della barriera eretta da chi, deluso, si chiude in se stesso rinunciando all’impegno, alla speranza e alla capacità di pensare in modo critico e solidale.

La “musica che non ha futuro” rappresenta una cultura che gira su se stessa, priva di profondità, sempre più consumistica e autoreferenziale. La musica, l’arte e la cultura, da strumenti di trasformazione collettiva, diventano progressivamente un sottofondo innocuo, senza la forza di incidere sul reale.

Si entra così in un’epoca dominata dal narcisismo, dal culto dell’immagine e dalla frammentazione. L’individuo e il proprio ego contano più della collettività e ogni ideale sembra dissolversi nel benessere apparente.

Il significato della frase di Ivano Fossati

Nei quattro versi che compongono la frase di Ivano Fossati, l’autore costruisce un dialogo poetico tra due forze opposte. Da una parte c’è “la musica che gira intorno”, dall’altra l’uomo che ha “nella testa un maledetto muro”.

La musica, nel linguaggio di Fossati, non è soltanto arte o melodia, ma la rappresentazione simbolica della vita che si muove, del tempo che scorre, della cultura che respira e interpreta la società.
È energia, respiro, trasformazione. È l’insieme delle voci, delle idee e delle passioni di un’epoca.

In questo senso, “la musica che gira intorno” non è sterile né priva di senso. È la società stessa che, pur producendo segni, parole e suoni, non riesce più a comprenderli.

Ivano Fossati si rivolge al suo tempo, ma parla a ogni generazione. Mette in guardia da un mondo che si muove senza direzione, che continua a girare su se stesso mentre gli individui, chiusi nel proprio cerchio di convinzioni e paure, smettono di ascoltare davvero.

Per il cantautore genovese, la musica “non ha futuro” non perché sia vuota o in crisi, ma perché mancano orecchie capaci di sentirla. Non è la musica a essere sterile, ma la nostra capacità di accoglierla. Quando non c’è ascolto, anche l’arte perde la sua funzione civile e spirituale.

In questa prospettiva, la musica diventa il riflesso dell’umanità stessa: una forza che continua a vibrare intorno a chi ha smesso di vibrare con lei. Il “maledetto muro” rappresenta la distanza che l’uomo erige tra sé e la vita, tra la cultura e la coscienza, tra l’emozione e il pensiero.

Abbattere quel muro, per Ivano Fossati, non significa semplicemente aprirsi alla musica, ma riconnettersi al mondo. Significa ritrovare la capacità di partecipare, di comprendere, di essere parte viva del tempo in cui si vive.
Il ritornello diventa così un gesto poetico di verità e di speranza, un invito ad ascoltare di nuovo, dentro e fuori di sé, per tornare a essere umani.

Il muro esistenziale, la più grande prigione dell’essere

Se una certezza l’abbiamo è la grandezza e la coerenza di Ivano Fossati, un artista che ha fatto della propria vita un modello di libertà e integrità. La sua frase interpreta la sua epoca ma illumina anche il nostro presente.

Con malinconia e lucidità il cantautore genovese offre una visione della società capace di coglierne la bellezza e la fragilità, la capacità di creare e distruggere nello stesso gesto. Nel suo messaggio si nasconde una verità che oggi appare ancora più urgente. Il conformismo è la forma più sottile di chiusura, perché finge partecipazione ma cancella il pensiero.

Non importa se riguarda la politica, la cultura o perfino l’impegno civile. Quando l’uomo agisce per abitudine, per appartenenza o per consenso, smette di interrogarsi e costruisce un altro muro, invisibile ma soffocante.

Occorre tornare ai valori autentici, quelli che non nascono dal rumore collettivo ma dalla conoscenza, dalla condivisione e dall’ascolto dell’altro. Solo l’ascolto genera empatia e solo l’empatia rende libero il pensiero.
Il fine ultimo di ogni società, seguendo l’insegnamento implicito di Fossati, dovrebbe essere il bene dell’umanità intera, non l’interesse di una parte ma la crescita comune.

La musica, la cultura e l’arte restano strumenti di liberazione. Non servono per distrarre ma per risvegliare, non per uniformare ma per far emergere le differenze come ricchezza. Sono le vie attraverso cui l’uomo può ancora superare la frammentazione e ritrovare un senso collettivo e spirituale dell’esistenza.

Viviamo oggi in una società liquida, come la definiva Bauman, dove tutto scorre senza lasciare traccia, dove l’identità si dissolve e l’ascolto scompare. La chiusura ha vinto sul dialogo, la velocità sull’approfondimento, la semplificazione sull’intelligenza critica. Persino l’impegno rischia di diventare una forma di moda, un gesto ripetuto senza consapevolezza.

In un tempo in cui si delega perfino all’intelligenza artificiale la costruzione della conoscenza, la sfida più urgente non è tecnologica ma umana. Serve ritrovare la capacità di pensare, di sentire, di ascoltare.

Solo così potremo davvero abbattere il “maledetto muro che abbiamo in testa” di cui parlava Fossati. Sontanto così la musica, la cultura e la parola torneranno a essere strumenti di liberazione, capaci di restituire all’uomo la sua missione più alta, costruire un mondo aperto, solidale e capace di bene.

Il pericolo che Fossati aveva intuito nei suoi anni Ottanta, la perdita del pensiero critico e del senso collettivo, è oggi ancora più concreto. La mediazione tecnologica, pur amplificando la comunicazione, allontana il contatto umano e rende l’alienazione più evidente.

La canzone di Ivano Fossati non è quindi solo un ricordo del passato ma un monito per il presente. Il muro può crollare soltanto se torniamo a credere nell’uomo, nella sua voce, nella sua capacità di ascoltare e di costruire futuro. Solo così si può essere davvero felici.

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