Il Canto XXVIII del Purgatorio della Divina Commedia di Dante Alighieri segna l’ingresso del poeta nel Paradiso Terrestre, luogo di transizione tra il mondo purgatoriale e la visione celeste. Qui Dante Alighieri incontra Matelda, una figura enigmatica e simbolica, che rappresenta la felicità terrena e la beatitudine naturale, elementi fondamentali nel percorso spirituale dell’autore.
Tu mi fai rimembrar dove e qual era
Proserpina nel tempo che perdette
la madre lei, ed ella primavera».Come si volge, con le piante strette
a terra e intra sé, donna che balli,
e piede innanzi piede a pena mette,volsesi in su i vermigli e in su i gialli
fioretti verso me, non altrimenti
che vergine che li occhi onesti avvalli;
Il Paradiso Terrestre: il luogo di transizione in cui Dante Alighieri conosce Matelda
Il Paradiso Terrestre, descritto nel canto, si distingue da tutti gli altri luoghi dell’oltremondo dantesco per il suo carattere unico e incantevole. La sua natura idilliaca, caratterizzata da un’aria dolce, fiori profumati e un vento soave, richiama l’Eden biblico, ma con una funzione narrativa e simbolica che supera la mera descrizione di un luogo felice. Questo giardino non è semplicemente un posto di piacere e riposo, come accade nei vari giardini della tradizione letteraria, ma è un punto di arrivo e contemporaneamente di ripartenza.
Dante Alighieri giunge qui dopo il lungo viaggio attraverso Inferno e Purgatorio, carico delle esperienze e delle purificazioni che lo hanno reso degno di proseguire il cammino verso la visione divina. Il giardino non è un semplice luogo di ristoro: è un passaggio necessario prima di poter incontrare Beatrice e ascendere al Paradiso. La sua bellezza straordinaria è tale proprio perché si colloca tra due mondi: quello della sofferenza e della purificazione e quello della beatitudine celeste.
Matelda: simbolo di felicità e innocenza primigenia
Nel cuore di questo scenario incantato appare Matelda, una figura che incarna la ridente bellezza della natura incontaminata. La sua immagine è fortemente evocativa: una giovane donna che canta e coglie fiori, simbolo della felicità terrena e della beatitudine naturale che l’umanità ha perduto con il peccato originale.
Matelda rappresenta una presenza misteriosa, che ha suscitato nei secoli molteplici interpretazioni. Il suo nome compare solo più avanti nel poema (XXXIII, 119), ma il suo significato è chiaro fin dall’inizio. Il suo comportamento e la sua figura richiamano Lia, protagonista del sogno di Dante Alighieri nel canto precedente, che rappresenta la vita attiva e l’operosità felice. Inoltre, Matelda è stata spesso associata alla figura mitologica di Proserpina, simbolo dell’innocenza rapita e dell’età dell’oro ormai perduta.
Uno degli aspetti più affascinanti di Matelda è la sua funzione didattica. Dopo il primo incontro poetico e lirico, ella assume il ruolo di guida e spiegatrice, illustrando a Dante le caratteristiche del luogo in cui si trova. In particolare, spiega il mistero del fiume Lete, che cancella il ricordo del peccato, e dell’Eunoè, che potenzia la memoria del bene compiuto. Il suo discorso, apparentemente scientifico e razionale, non spegne la magia del luogo, ma anzi la rende più reale e credibile.
L’Eden dantesco tra geografia e teologia
Dante Alighieri colloca il Paradiso Terrestre sulla sommità del Monte del Purgatorio, all’estremo opposto di Gerusalemme. Questa scelta non è casuale, ma riflette una visione del mondo strutturata secondo principi teologici e cosmologici precisi. L’Eden è il punto in cui la storia umana si è spezzata con il peccato originale e, al tempo stesso, il luogo che prefigura il ritorno alla beatitudine.
Il fiume Lete, che Matelda aiuta Dante Alighieri ad attraversare, segna il passaggio definitivo dal peccato alla grazia. Qui si compie il distacco dalla condizione umana decaduta per avviarsi verso una dimensione superiore. Virgilio, che ha accompagnato Dante fino a questo punto, deve fermarsi: il suo sapere razionale non può oltrepassare il confine tra il mondo naturale e quello divino. Sarà Beatrice a prendere il suo posto, guidando Dante verso il Paradiso.
Matelda: mito, filosofia e felicità naturale
L’identità storica di Matelda è stata oggetto di molte discussioni. Alcuni studiosi l’hanno identificata con Matilde di Canossa, figura di grande rilievo nel Medioevo, mentre altri hanno proposto un legame con le mistiche tedesche Matilde di Magdeburgo e Matilde di Hackeborn. Tuttavia, la Matelda dantesca sembra andare oltre qualsiasi riferimento biografico specifico, assumendo un valore più ampio e universale.
Matelda incarna la beatitudo huius vitae, ovvero la felicità terrena che l’uomo può raggiungere attraverso la virtù e la filosofia. Essa rappresenta il massimo grado di felicità accessibile all’umanità prima della visione divina, il culmine della vita morale e intellettuale. Questo spiega perché Dante ne subisca il fascino, avvertendo nei suoi gesti e nel suo canto un’eco della perfezione perduta.
Ma Matelda non è la meta finale. Quando appare Beatrice, la sua figura si dissolve, così come la felicità terrena si dissolve di fronte alla promessa della beatitudine eterna. In questo senso, il passaggio da Matelda a Beatrice segna il definitivo superamento del mondo terreno in favore di quello celeste.
Il Canto XXVIII del Purgatorio è una delle tappe più suggestive e significative della Divina Commedia. L’incontro con Matelda in un ambiente di straordinaria bellezza simboleggia il compimento di un percorso di purificazione e il preludio alla visione divina. Matelda rappresenta la felicità terrena, l’innocenza primigenia, ma anche il limite di questa condizione: un passaggio necessario, ma non definitivo, verso il compimento ultimo del viaggio spirituale di Dante Alighieri.
Attraverso la sua figura, Dante Alighieri sintetizza miti, filosofia e teologia in un quadro armonioso che rende il Paradiso Terrestre non solo un luogo fisico, ma un simbolo della condizione umana redenta. La sua presenza luminosa e gioiosa è il riflesso di un’umanità che, pur avendo perso l’Eden, può ancora aspirare a una felicità superiore, guidata dalla grazia e dalla conoscenza divina.