Charles Baudelaire, poeta simbolista e maestro della malinconia, dedica ai gatti alcuni dei suoi versi più intensi e sensuali, intrisi di un fascino enigmatico e misterioso. Nei versi “Mio gatto, gatto bello, vieni qui sul mio cuore d’amante – gli artigli trattieni e lascia ch’io m’immerga dentro le tue pupille dove il metallo all’agata si mischia”, il poeta esprime un amore profondo per l’animale, attribuendogli un’aura quasi magica e ipnotica.
Mio gatto, gatto bello, vieni qui sul mio cuore
d’amante – gli artigli trattieni
e lascia ch’io m’immerga dentro le tue pupille
dove il metallo all’agata si mischia.Quando a te senza fretta lisciano le mie dita
la testa e l’elastica schiena
e la mano s’inebria di piacere palpando
il tuo elettrico corpo
Il gatto come simbolo di mistero e sensualità nella poesia di Charles Baudelaire
Baudelaire, nella sua raccolta “I Fiori del Male“, utilizza spesso il gatto come simbolo di sensualità, eleganza e mistero. In questi versi, il felino diventa l’incarnazione di un amante silenzioso e complice, una creatura enigmatica capace di evocare desiderio e contemplazione. Il poeta invita il suo gatto a posarsi sul cuore dell’amante, in un gesto che richiama sia il bisogno di conforto sia la ricerca di un contatto intimo e profondo. Il riferimento agli artigli trattenuti suggerisce una fiducia reciproca: l’animale, capace di ferire, sceglie invece di abbandonarsi al poeta, instaurando un legame basato sulla comprensione silenziosa.
L’immagine delle pupille feline, dove “il metallo all’agata si mischia”, richiama il contrasto tra lucentezza e profondità oscura, tra ipnosi e riflesso. Lo sguardo del gatto diventa uno specchio dell’anima, un abisso nel quale il poeta si immerge, cercando una verità ineffabile e imperscrutabile.
Il tatto e il piacere della carezza
Baudelaire continua poi descrivendo il piacere tattile che gli procura il contatto con il gatto: “Quando a te senza fretta lisciano le mie dita la testa e l’elastica schiena e la mano s’inebria di piacere palpando il tuo elettrico corpo”. Qui il poeta esalta il senso del tatto, esplorando la fisicità dell’animale con un approccio quasi erotico. Il movimento lento e attento delle dita sottolinea un momento di intima connessione, dove il piacere non è solo del gatto, ma anche dell’uomo.
L’uso dell’aggettivo “elettrico” per descrivere il corpo del felino aggiunge un elemento di tensione e vitalità: il gatto non è una semplice creatura domestica, ma un essere vibrante, dotato di una carica quasi sovrannaturale. Il poeta sembra suggerire che il contatto con l’animale non è solo fisico, ma anche spirituale, una sorta di trasmissione di energia e di mistero.
Baudelaire e l’amore per i gatti
Baudelaire non è stato l’unico poeta a dedicare versi ai gatti, ma il suo rapporto con questi animali appare particolarmente intenso e simbolico. Nei “Fiori del Male” i gatti ricorrono come figure di eleganza, indipendenza e sensualità. Essi incarnano una bellezza aristocratica e misteriosa, capace di attrarre e ipnotizzare l’osservatore.
Nel contesto più ampio della sua poetica, il gatto rappresenta anche il legame con l’ignoto e con il sovrannaturale. Il poeta, affascinato dall’esoterismo e dalla dimensione del sogno, vede nell’animale un tramite tra il mondo visibile e quello invisibile. Lo sguardo del gatto, enigmatico e profondo, sembra suggerire un accesso a verità nascoste, a mondi interiori che l’uomo può solo intuire.
Il gatto e la poesia: un legame indissolubile
L’attrazione di Baudelaire per i gatti riflette una più ampia tradizione letteraria in cui questi animali sono stati spesso celebrati per il loro mistero e la loro indipendenza. Dalla poesia orientale a quella occidentale, il gatto è stato simbolo di grazia, solitudine, ribellione e persino di potere magico.
In Baudelaire, tuttavia, il gatto assume una dimensione quasi amorosa, una presenza che offre conforto ma che al tempo stesso sfugge e si sottrae completamente al controllo umano. È questa duplicità – la vicinanza e l’alterità, il calore e il distacco – a rendere il gatto un soggetto poetico tanto affascinante. Nel suo rapporto con il felino, il poeta trova una metafora della condizione umana: il desiderio di possedere l’altro e, al contempo, l’accettazione della sua inafferrabilità.
I versi di Baudelaire dedicati al suo gatto sono un esempio sublime di come la poesia possa trasformare un’esperienza quotidiana in un momento di riflessione profonda. Il gatto diventa simbolo di un’attrazione che è al tempo stesso fisica e spirituale, un compagno di solitudine e un essere capace di evocare l’ignoto. Attraverso la sensualità del tatto e l’enigmaticità dello sguardo, il poeta ci regala un’immagine di bellezza e mistero, dove il rapporto tra uomo e animale si fa espressione di un legame più ampio con il mondo e con se stessi.
Lasciamoci inebriare dal sonetto completo:
Il gatto
Mio gatto, gatto bello, vieni qui sul mio cuore
d’amante – gli artigli trattieni
e lascia ch’io m’immerga dentro le tue pupille
dove il metallo all’agata si mischia.Quando a te senza fretta lisciano le mie dita
la testa e l’elastica schiena
e la mano s’inebria di piacere palpando
il tuo elettrico corpocon la mente rivedo la mia donna. Il suo sguardo
come il tuo, bestia amabile, profondo
e freddo, è un dardo che ferisce e affonda,e dai piedi alla testa un’aria fine,
un rischioso profumo
ondeggiano sulle sue membra brune.