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Hilde Lotz-Bauer, la mostra fotografica sull’Italia degli anni ’30

In programma presso il Museo di Roma in Trastevere, la mostra “HILDE IN ITALIA Arte e vita nelle fotografie di Hilde Lotz-Bauer” propone circa 100 immagini poetiche della fotografa Hilde Lotz-Bauer scattate in Italia negli anni Trenta ed esposte insieme per la prima volta.

Fino al 5 maggio prossimo al Museo di Roma in Trastevere è in programma la mostra “HILDE IN ITALIA Arte e vita nelle fotografie di Hilde Lotz-Bauer”: visibili al pubblico circa 100 immagini poetiche della fotografa Hilde Lotz-Bauer scattate in Italia negli anni Trenta ed esposte insieme per la prima volta.

Arte e vita nelle fotografie di Hilde Lotz-Bauer

Il fotografo Gianni Berengo Gardin ha affermato che “Con la sua Leica al collo, Hilde Lotz-Bauer è stata una delle pioniere della fotografia di reportage: non solo le foto di Scanno ma le molte altre scattate in Italia rivelano uno sguardo personale, che ritrae il quotidiano con occhio attento e sensibile”.

Hilde Bauer (1907-1999), è stata anticipatrice della street photography ovvero la fotografia di strada. Sposata prima Degenhart e poi Lotz, sviluppò un personale e originale sguardo artistico durante il suo primo soggiorno in Italia avvenuto tra il 1934 e il 1943, in cui rimase immediatamente affascinata della penisola.

Formata come fotografa alla scuola di Monaco, ha conseguito un Dottorato in Storia dell’Arte e successivamente aver vinto una borsa di viaggio presso la Biblioteca Hertziana, mentre il nazionalsocialismo acquisiva potere, lascia la sua terra d’origine, trasferendosi a Roma nel 1934.

Roma, Scalinata T dei Monti, c. 1935
Roma, Scalinata T dei Monti, c. 1935

 

Come fotografa ha debuttato fotografando disegni per il suo primo marito, Bernhard Degenhart, celebre studioso di disegno italiano. In seguito con la sua fotografia accompagnò le ricerche di numerosi storici dell’arte.

Hilde fu l’unica fotografa professionista operante presso gli Istituti Storici di Roma e Firenze, capace di produrre immagini impeccabili di scultura, disegno, architettura e urbanistica.

Parallelamente, sia in occasione di progetti su commissione sia per il puro piacere della scoperta, la fotografa percorse quasi tutta l’Italia, muovendosi in compagnia della sua fedele Leica portatile, catturando nella quotidianità, la vita delle città e delle zone rurali più isolate, cogliendo con discrezione, tutta l’umanità che abitava quei territori durante gli del Ventennio fascista.

Difatti, molto del lavoro artistico della Lotz-Bauer è fortemente incentrato sulle occasioni quotidiane e festive, soprattutto in Abruzzo. Le donne ritratte nella serie su Scanno, immortalate nei loro costumi realizzati a mano, appaiono come opere d’arte viventi.
La Lotz-Bauer curava con attenzione la composizione estetica e i dettagli trasformando i reportage in un’opera artistica unica.

Alla fine degli anni Settanta, grazie a Tamara Hufschmidt, le fotografie di Hilde furono presentate per la prima volta in mostre a Firenze, Bonn e Londra, raggiungendo un buon successo da parte della critica. Nel 1993 collaborò con il fotografo Franz Schlechter, il quale restaurò e stampò 80 immagini scattate con la Leica raffiguranti persone, paesaggi e città italiane per una personale al Museo Reiss di Mannheim.

Firenze, S Maria del Fiore, 1939-43
Firenze, S Maria del Fiore, 1939-43

 

La mostra “HILDE IN ITALIA”

Fino al prossimo 5 maggio, saranno esposte alla Mostra allestita presso il Museo di Roma in Trastevere, le stampe create dal sapiente e attento sguardo della fotografa Hilde Lotz-Bauer.

L’esposizione fotografica è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Organizzazione Archivio Hilde Lotz-Bauer. Servizi museali di Zètema Progetto Cultura. Comunicazione con il supporto di OFFICINE FOTOGRAFICHE ROMA e Goethe-Institut. Media Partner Panzoo, Viviroma.it, Terza Pagina Magazine. Con il sostegno dell’Ambasciata delle Repubblica Federale di Germania, di Firecom automotive srl, Fredriksson arkitektkontor AB, di Marie-Thérèse Ficnar-Usteri e di Frances Aviva Blane

Il catalogo della mostra è edito da Gangemi Editore grazie al sostegno di Bibliotheca Hertziana – Max-Planck-Institut für Kunstgeschichte e Kunsthistorisches Institut in Florenz – Max-Planck-Institut.

L’esposizione fotografica “Hilde in Italia. Arte e vita nelle fotografie di Hilde Lotz-Bauer” è stata curata da Federica Kappler, in stretta collaborazione con la figlia dell’artista, Corinna Lotz.

Ne abbiamo parlato insieme a Federica Kappler:

Con quale fotografia ritiene che Hilde sia entrata nella storia dell’arte o meglio nella storia della fotografia?

È difficile selezionare un’unica fotografia. Per questa ragione la scrupolosa e minuziosa ricerca di selezione si è mossa su più fotografie attraverso le quali Hilde è entrata sia nella storia dell’arte che in quella della fotografia. Con gli scatti realizzati al Narciso di Benvenuto Cellini si è guadagnata l’ingresso nella storia dell’arte.

Sono le foto attraverso e grazie alle quali Friedrich Kriegbaum riesce ad attribuire a Cellini queste due sculture posizionate ai Giardini di Boboli a Firenze. Questo ci accompagna a comprendere quanto la visione dal vero delle sculture e dell’opera d’arte, e quindi il lavoro del fotografo d’arte, sia essenziale per la parte attribuzionistica. – Kappler aggiunge – Tutte le foto esposte in mostra e raggruppabili in reportage hanno contribuito, di fatto, a farla entrata nella storia della fotografia.

Come spiego anche all’interno del catalogo, Hilde è riuscita a restituirci una visione antitetica dell’Italia degli anni Trenta grazie al taglio della sua fotografia, fino a quel momento esclusivamente propagandistica. Ha saputo abilmente cogliere il volto più remoto dell’Italia, pur non essendo una reporter.

Per esempio, con le fotografie che ha realizzato a corredo di un articolo sull’Abruzzo e sull’entroterra italiano, a distanza di anni ci ha restituito, lasciandoci in eredità, uno spaccato di un’Italia che non veniva vista con quel dato di esattezza.

I cataloghi sono una memoria delle opere. Cosa l’ha portata a selezionare un’opera fotografica rispetto a un’altra e com’è avvenuta quindi la selezione delle opere?

La selezione delle opere è avvenuta attraverso il prezioso scambio e collaborazione con la co-curatrice Corinna Lotz unitamente all’intervento della curatrice della Biblioteca Hertziana di Roma. Per me era di fondamentale importanza raccontare tutti gli aspetti del lavoro italiano e del fruttuoso decennio 34/43 della sua attività di fotografa.

È stato quindi fondamentale trovare fotografie rappresentative, destinate poi alla prima sezione, tra le varie fotografie d’arte che potessero unire alla sua abilità tecnica anche la sua collaborazione con particolari storici dell’arte. Per questo, in mostra, sono esposte fotografie dal progetto sui Castelli di Federico II nell’Italia meridionale diretto dallo storico dell’arte Leo Bruhns insieme a una selezione di fotografie per lo storico dell’arte Whilelm Valentiner.

Sono dunque state selezionate in questa prospettiva in quanto volevamo far capire come Hilde riuscisse a interpretare i pensieri e le teorie degli storici dell’arte. Con questa selezione, per esempio dei dettagli dell’affresco del Trionfo della morte, che poi sono stati pubblicati nell’articolo di Valentiner, si vede proprio attraverso il contatto di stampe, come lei segua l’ordine mentale successivamente la pubblicazione all’interno di uno spazio editoriale.

Questa lettura ci restituisce come una fotografia d’arte rientri in un progetto editoriale. Per quanto riguarda invece la seconda sezione, la selezione è avvenuta cercando di far dialogare i vuoti e i pieni, valorizzando l’oggetto fotografia e non soltanto il valore del soggetto.

Abbiamo voluto dare spazio alle fotografie che provengono dall’archivio Hilde. Foto originali che a oggi non hanno presumibilmente negativi, quindi una selezione che ha seguito l’oggetto, ovvero selezionate e stampate dalla stessa Hilde, seguendo poi il criterio tematico vuoti e pieni ossia Hilde in rapporto alla città e al quotidiano e Hilde in rapporto al viaggio e alla scoperta di un territorio rispetto alle sue persone.

Non solo Roma e Firenze ma anche Scanno, in Abruzzo, hanno rappresentato i luoghi sui quali si è posata la sua piccola Leica portatile. Quali sono le rilevanze storiche che permangono attualmente nei suoi scatti?

L’aspetto interessante e che permane si riferisce a qualcosa che resiste ed esiste nel tempo. Molto forte è il folklore e la tradizione della maggior parte del territorio nazionale. Non posso non pensare al costume inteso come abito e immortalato in quegli anni come elemento della cultura di specifiche città e paesi. È un riflesso dell’Italia di oggi e di alcune realtà professionali ormai estinte. L’obbiettivo di Hilde catturava spesso i lavoratori e le attività a loro legate.

In questa esposizione si fanno dialogare tra loro le commissioni per gli storici dell’arte con la fotografia di reportage. Ritiene essere stata una plusvalenza scattare la quotidiana umanità rurale con l’esperienza di storica dell’arte? È una plusvalenza soprattutto nel risultato.

Ci siamo resi conto, guardando anche ai provini a contatto esaminati finora, che in quasi nessuna delle fotografie è colta in maniera casuale. È possibile cogliere una ricercatezza data da una profonda conoscenza della composizione del rapporto luci-ombre e questo è fortemente maturato nella sua esperienza di fotografa d’arte.

Inevitabilmente diventa una plusvalenza quando abbiamo questi nuclei; come possono essere le donne di Scanno, messe in posa o sorprese nella loro gestualità, restituendoci quasi delle sculture, come aveva anticipatamente detto Tamara Hufshimdt.

Roma, Campo de_ Fiori, 1935-38
Roma, Campo de_ Fiori, 1935-38

 

Dove l’occhio del visitatore è opportuno che colga i legami tra l’arte e la vita di Hilde?

In tutta la visione del lavoro di Hilde, che è poi la sua arte, si riflette la sua vita basata sul senso di emancipazione e di libertà di approcciarsi alla vita con curiosità.

Negli scatti del reportage è assolutamente libera di far prevalere l’aspetto della sua vita. Dalla sua biografia sappiamo che ha avuto un training con il primo marito e nel momento in cui visitano le città italiane nel poter fermare con uno scatto, quello che cattura il suo sguardo, lì si intravede tutta la sua vita.

Perché oggi Roma ospita questa esposizione, ovvero, dove va cercata l’attualità degli scatti di Hilde? Gli scatti sono attuali per la ricerca di una realtà che deve essere ancora scoperta. Roma è il luogo in cui decolla la sua professione di fotografa d’arte. La Città Eterna, fu un luogo fondamentale per Hilde, vissuto e sentito fino alla fine come la sua vera casa. Città che conserva le memorie della fotografa presso il Cimitero Acattolico.

In una foto di copertina del catalogo della mostra di Mannheim del 1993 Hilde rappresenta una piazza della mia città, Rieti, durante i festeggiamenti di Sant’Antonio, sono rimasta sbalordita. Come ha potuto una giovane donna di neanche trent’anni conoscere e cogliere gli aspetti più particolari e perciò più intimi di una così vasta parte delle comunità d’Italia? Guardando i suoi scatti nel complesso ne emerge la qualità intrinseca.

Le ricerche che sono stata fatte ci aiutano a comprendere, da un punto di vista relativo alla cultura visiva, come la scuola di Monaco fosse inevitabilmente accomunata dalla ricerca negli aspetti più caratteristici del centro Italia. Non è un elemento del tutto casuale ma è mutuato da una ricerca visiva, che trova un sottofondo anche nella letteratura.

Tamara Hufschimdt fu tra i primi a cogliere il valore dell’opera di Hilde, sostenendo in un suo commento a una mostra che le sue foto si fanno arte e critica sociale. Come possiamo cogliere questo momento in uno scatto, al di là del valore di testimonianza?

La Hufschimdt faceva riferimento alla serie su Scanno. Da una parte troviamo l’esaltazione della bellezza ed estetica di queste donne non soltanto da rintracciare nella tradizione dei loro costumi ma perché per esempio, nel periodo della transumanza, reggono una comunità. Sono rese protagoniste del e nel loro luogo. Mi torna alla mente l’immagine della donna al mercato, colta di spalle con l’anfora poggiata sulla testa, in una silhouette che unisce questo aspetto. Riesce a sublimare qualsiasi momento anche con uno sfondo di critica, perfino quando immortala i bambini o i lavoratori. L’immagine di una donna con un bambino nel carretto è il ritratto di una fortissima povertà ma elevata nella bellezza allo stesso modo delle Madonne con bambini alle quali la storia dell’arte ci ha abituati.

È d’accordo sull’affermazione che nell’opera e vita di Hilde possiamo cogliere alcuni aspetti dell’emancipazione femminile?

L’emancipazione femminile parte dal presupposto che Hilde sia per formazione personale sia familiare è sin da subito destinata a trovare una sua indipendenza.

Nel momento in cui consegue il Dottorato di Ricerca in Storia dell’Arte è già pronta a partire, spinta dal padre affinché acquisisse un titolo che la portasse ad avere una professione. È venuta in Italia, incoraggiata dal suo primo marito, con l’obbiettivo di trovare un personale spazio e ruolo all’interno degli istituti e degli storici dell’arte. Inevitabilmente in questo scenario possiamo parlare di emancipazione includendone il suo senso di libertà, di viaggiatrice e anche di esploratrice. Un desiderio di libertà e curiosità che emerge anche dai dialoghi con sua figlia, Corinna Lotz.

Maria Laura Chiaretti

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