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Al via ”Percorsi di luce”, rassegna dedicata alle tendenze della fotografia contemporanea

''Dependency'' di Giovanni Presutti, ''Il gene rosso'' di Annamaria Belloni, ''Stessa spiaggia, stesso mare'' di Marco Rigamonti e ''Black Water'' di Anna Laviosa: questi i titoli delle esposizioni in programma all’interno della rassegna ''PERCORSI DI LUCE – Tendenze della fotografia contemporanea'', che inaugurerà domani alle 18 presso la storica villa Pomini a Castellanza (Va)...
Fanno parte della rassegna quattro esposizioni di quattro autori italiani contemporanei, allestite a cura di Claudio Argentiero presso Villa Pomini, a Castellanza (Va), fino al 3 marzo. Domani alle 18 l’inaugurazione

MILANO – “Dependency” di Giovanni Presutti, “Il gene rosso” di Annamaria Belloni, “Stessa spiaggia, stesso mare” di Marco Rigamonti e “Black Water” di Anna Laviosa: questi i titoli delle esposizioni in programma all’interno della rassegna “PERCORSI DI LUCE – Tendenze della fotografia contemporanea”, che inaugurerà domani alle 18 presso la storica villa Pomini a Castellanza (Va). La rassegna, con il patrocinio dell’assessorato alla Cultura del Comune, è organizzata dall’A.F.I.-Archivio Fotografico Italiano, che ha come finalità quella di promuovere la fotografia in tutti i suoi aspetti, valorizzare e far conoscere i giovani autori, diffondere la cultura della preservazione di immagini storiche, moderne e contemporanee, incoraggiando il collezionismo.

GIOVANNI PRESUTTI
– Fotografo apprezzato a livello internazionale, Giovanni Presutti ha frequentato nel 2004 il Master di reportage alla scuola John Kaverdash di Milano e ha partecipato dal 2003 al 2005  al progetto Reflexions Masterclass, sotto la supervisione di Giorgia Fiorio e Gabriel Bauret. Successivamente ha avuto un’intensa attività espositiva in Italia e all’estero (ha esposto a Parigi, Londra, Madrid, San Pietroburgo, Roma, Milano, Torino, Firenze, Venezia, Napoli) presso gallerie, musei e centri culturali sia pubblici sia privati, partecipando alla edizione 2011 della Biennale di Venezia e alla edizione 2012 del festival di fotografia Rencontres D’Arles. Pluripremiato con riconoscimenti internazionali, pubblica su varie riviste tra cui Vanity Fair e Sette magazine. Nel 2008 è uscito il suo primo libro, “Mirror”.

“DEPENDENCY”, LA FRAGILITÀ DELL’UOMO CONTEMPORANEO – “[…] Ironia e spiazzamento”, scrive il critico Luca Panaro a proposito del suo lavoro, “strategie di comunicazione sempre più diffuse nella cultura attuale, sono quelle scelte da Giovanni Presutti in ‘Dependency’, opere fotografiche che riflettono sulla dipendenza come strumento di sopravvivenza alla vita contemporanea. Con grande capacità di sintesi l’autore restituisce un ritratto veritiero della nostra società, […] favorendo un’accurata riflessione d’insieme sull’uomo che, attraverso un eccesso di comportamenti e la conseguente assuefazione, mette a nudo le proprie debolezze […]. Presutti però non sceglie l’approccio drammatico, […] il suo sguardo è ironico ma profondo, divertito ma critico, le immagini sono impaginate con grande rigore e pulizia, i colori, dove presenti, sono accesi e calibrati in modo da guidare lo sguardo del fruitore sugli aspetti più significativi. […].”

ANNA BELLONI – Anna Belloni si occupa prevalentemente di ritratto e paesaggio urbano, indagando sulla figura e sulla condizione dell’uomo contemporaneo. Utilizza soprattutto la pellicola a colori in medio formato. Ha esposto in numerose mostre personali e collettive sia in Italia sia all’estero e si occupa inoltre della promozione di mostre e di autori che lavorano nell’ambito della ricerca fotografica. E’ co-ideatore e direttore artistico di “Fotosintesi”, festival internazionale di fotografia giunto alla quinta edizione.

“IL GENE ROSSO”: RITRATTO DI UNA POPOLAZIONE RARA
– Alcuni scienziati hanno calcolato che gli individui con i capelli rossi rappresentano solo il 2% della popolazione mondiale e che entro la fine del secolo potrebbero scomparire del tutto, nonostante in passato si siano dimostrati più forti degli altri: nel nord Europa infatti i rossi sono prosperati in condizione di scarsa luce solare, mentre il resto della popolazione soffriva di rachitismo. Il gene responsabile di questo carattere, il gene MC R1, lo stesso presente nei setter irlandesi e negli scoiattoli rossi, è infatti recessivo. La maggior parte del popolo “rosso” vive in Scozia ed in Irlanda, mentre in Italia se ne incontrano relativamente pochi. Sono loro i soggetti dei ritratti di Anna Belloni, i rossi, conoscenti della fotografa o, molto più spesso, persone fermate per strada: una sorta di catalogazione non schematica delle chiome rosse e dei loro “portatori”, accomunati da sguardi attenti, quasi consapevoli (anche in tenera età) del fatto di essere sempre più rari, e dunque sempre più speciali.

MARCO RIGAMONTI
– Marco Rigamonti esercita la professione di fotografo dal 1995 ed è stato direttore del Festival Internazionale di Fotografia “Fotosintesi”. Ha esposto in importanti spazi in Italia e all’estero e in festival ed eventi di rilievo in Francia e Spagna, ha vinto rilevanti premi a livello internazionale e pubblicato due libri: “Promenade” nel 2010 e “Stessa spiaggia, stesso mare”, dal progetto fotografico esposto qui, nel 2012.

LE LUCI DELL’ESTATE E DELL’INVERNO A CONFRONTO
– “Le foto sono state scattate sul litorale tra Nizza e Cannes”, spiega Rigamonti a proposito degli scatti esposti. “Il lavoro è basato sul raffronto di due immagini che rappresentano lo stesso luogo. La fotografia a sinistra nel dittico è stata scattata in inverno, la seconda nell’estate seguente. Per anni ho vissuto la Costa Azzurra esclusivamente d’inverno e naturalmente l’ho fotografata. Vuota, senza persone ma con le nuvole e quelle evanescenti tonalità pastello che caratterizzano questo litorale. Poi un anno, solo un anno, ho deciso di tornare anche d’estate. Ho fotografato gli stessi luoghi che avevo ripreso l’inverno precedente. Un lasso di tempo di soli otto mesi ma una sensazione completamente diversa. La luce così chiara e netta ha cambiato i colori, le cose e gli oggetti che prima svanivano nell’abbraccio del mare e che ora hanno cambiato identità. […] Mi accorgo che l’atto del fotografare si è trasformato da momento contemplativo ed estatico a testimonianza di un altro modo di essere dello stesso spazio. I luoghi sono gli stessi ma la loro anima è cambiata, il tempo e l’uomo con i suoi interventi e con la sua presenza, li hanno mutati, forse violati per sempre nella mia memoria.”

ANNA LAVIOSA – Nata il 10 maggio 1985, amante del teatro e attrice amatoriale, Anna Laviosa è selezionata nel 2009 come allieva del corso di Fotografia di scena presso l’Accademia del Teatro alla Scala. Un anno dopo, grazie all’incontro con il regista Peter Stein durante la messa in scena de “ I Demoni ”, ottiene una pubblicazione sul New York Times. Ha esposto i suoi lavori in diversi spazi in Italia e il progetto “Black Water”, qui esposto, è stato presentato a Photissima Art Fair – Torino 2012.

“BLACK WATER”: FOTOGRAFIE VIVIDAMENTE DRAMMATICHE
– “Nel maggio del 2012 ho avuto l’occasione di frequentare un workshop di stampa Fine Art tenuto da Antonio Manta e organizzato dall’ Archivio Fotografico Italiano. Dall’ urgenza di volermi mettere subito alla prova nel dimostrare di essere riuscita ad assimilare almeno parte degli insegnamenti ricevuti, sono nati questi autoscatti digitali convertiti in bianco e nero”: così, spiega la giovane fotografa, è nato il progetto “Black Water”. “Nero come il carbone e bianco come la pelle.  E il modo più immediato di visualizzare i contrasti che avevo in mente è stato proprio sfruttare la tonalità diafana della mia pelle. […] La sequenza di autoscatti ha una sua struttura narrativa portante. Ad eccezione della fotografia che si ispira anche e dichiaratamente al celebre dipinto dell’ Ophelia di John Millais, le immagini prendono spunto dal finale di ‘Martin Eden’, romanzo di Jack London. Il protagonista decide di buttarsi in mare per togliersi la vita. Si tuffa una prima volta, ma l’ istinto di sopravvivenza lo riporta a galla. Riprova, poi,  con maggiore convinzione immergendosi a capofitto fino a sprofondare nel buio. ‘Solo questo seppe. Sprofondava nel buio. E nel momento stesso in cui lo seppe cessò di saperlo’. Un finale che, come il mio progetto, non vuole essere né inquietante né luttuoso, ma solo vividamente drammatico.”

9 febbraio 2013

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