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Lettera di Valentina Palma

Piove da così tanti giorni che, stamattina, ho addirittura pensato che forse non smetterà più. Quando sembra aver smesso, passano una manciata di minuti e ricomincia. Senza tuoni, senza lampi, solo pioggia. A me non piace la pioggia, mi fa venire sonno. Mi fa venire fame. Mi fa ricordare. Credo che la pioggia abbia un dono: ritrova perfino i ricordi archiviati. Quelli che accantoni sperando di non rivedere più.

Io, stamattina, credo di aver spostato tutto. Credo di aver aperto la porta col divieto e sono andata a prendermi perfino quelli che mi hanno ferita. Che mi hanno illusa. Che mi hanno fatto male.
Ti ho visto. Seduto sul muretto del liceo, ad aspettare il pullman.
Con lo zaino blu, la cartelletta di disegno tecnico.

Non sono venuta a salutarti, perché quando ricordi entri in un mondo che non si ricorda di te. In cui non puoi interagire. Non puoi chiedere. Non puoi sapere.
Vicino a te, un gruppetto di principianti fumatori. Qualche ragazzina intenta a copiare i compiti per casa. Ti è squillato il cellulare. Un messaggio. Sicuramente il mio. Anch’io ero all’uscita di scuola. Qualche chilometro più a sud della tua.
Poi è caduto tutto a cascata.
Ci ho visti parlare, ridere, piangere, progettare.
Ci ho visti crescere. Scegliere l’università. Andarsene via.

Ti ho visto tornare. Al paese. Dove c’ero io. Con occhi nuovi. Diversi. Sapevo che qualcosa era cambiato, ma non sapevo cosa fosse. Ci siamo mandati al diavolo. Nel modo peggiore. Solo che l’ho scoperto da altri, non da te.
E forse, questo è il motivo per cui abbiamo smesso perfino di salutarci o riconoscerci per strada.
Io lo sapevo che sarebbe andata così. Te lo dicevo che ti saresti innamorato di un’altra. Me lo sentivo,vedila così. Eppure non ti porto rancore per questo. Non ce l’ho con te.

E’ passata la rabbia. Certo,ti sei comportato da schifo, ma è passato.
Sono passati anni,mesi,stagioni.
E sai, è vero che chi ama una seconda volta, ama davvero.
Perché a diciotto anni, noi non sapevamo cosa volesse dire.
E’ normale,suppongo. E’ la vita. E’ la prassi.
Volevo solo sapere come stai, come va, com’è andata la tua vita.

Perché anche se non ci siamo più nella vita dell’altro, anche se ci rinneghiamo come se avessimo commesso chissà quale crimine, io non penso che le esperienze si cancellino.
Noi eravamo due bambini, due adolescenti, e siamo diventati grandi. Abbiamo fatto l’amore per la prima volta. Impacciati, inesperti e timidi. Sei stato il mio primo “ti amo”. Le mie prime promozioni sul cellulare verso il numero preferito. Il mio primo e unico graffito sul muro. Le mie prime lacrime e la mia prima grande delusione.

Eppure non ti odio. Forse non ti odierò mai. Non avrebbe senso, non servirebbe. Sarebbe come odiare la mia prima Barbie, il mio primo secchiello di Lego, il mio primo peluche.Non si odiano i pezzettini della nostra vita.
Anche perché penso che se non ci fossi stato tu, io adesso non avrei imparato determinate cose. Non saprei distinguere un uomo che mente da uno che dice la verità. Non sarei andata in fissa con Ligabue! Che me l’hai fatto conoscere tu,ti ricordi?
Se t’incontrassi un giorno, ti direi soltanto che avresti potuto dirmelo tu. Ch’era normale che t’innamorassi di un’altra. Che sono contenta che sia per te quella giusta, quella che volevi, in sostanza.

E che forse stare insieme ci è servito. Perché abbiamo capito come siamo e cosa vogliamo. Con chi possiamo stare e con chi no.
Non ti porto rancore, te lo giuro. Anche se tu ne porti a me. Ed anche se non ti ricordo sempre, e invece ti dicevo che non t’avrei scordato mai, è solo perché le vite vanno avanti sempre, non si fermano.
Non si può. Sei in una di quelle scatole dove metti le cose che non si buttano, perché ti spiace, perché non è il caso. Ti fanno compagnia i giocattoli di quand’ero bambina, il primo paio di tacchi, il primo rossetto di cui è rimasto solo l’astuccio. Non ti butto via. Perché butterei via un pezzo di me. E se lo facessi, non sarei più la persona che sono oggi.

Certo, sono molto diversa dalla ragazzina che conoscevi. Non lo so se sono migliore, sono più grande. Vivo da sola. Ho mille progetti e tanti tanti piani. La testa ancora dura e l’infantile mania di piagnucolare coi film.
Non lo so come sei tu. Ma se dentro di te è rimasto un pezzetto di quel ragazzino che eri, allora dagli un abbraccio da parte mia. E auguragli tutto il meglio. Sempre.

Forse un giorno ci incontreremo. Forse avremo costruito una famiglia. Forse avremo dei bambini. Forse ti dirò che quella che gioca sullo scivolo è mia figlia. Magari la tua sarà sulle altalene. Forse ci scambieremo un sorriso imbarazzato. Tu abbraccerai tua moglie, io mio marito. E magari non diremo niente.
Però, chissà se a uno di noi due, per un microscopico secondo, verrà in mente il pensiero che, forse, se ci fossimo tenuti, una famiglia ce la saremmo costruita insieme.

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