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Lettera di Rosalba Butera

Cara

mentre ti scrivo, ripenso alla giornata di oggi.

In piedi, mi tengo alla sbarra, guardandomi nel vetro.

Tutto è nuovo, guardo fuori il paesaggio non molto diverso da Buenos Aires, il mio viso è cosi serio, guardo il mio sguardo immobile e i miei occhi neri, troppo neri, impenetrabile forse anche a me stesso.

Ad ogni fermata le persone si muovono per scendere, spingendomi, non mi vedono, sono troppo attente al tempo che perderebbero.
Continuo a guardare la mia immagine nel vetro, che si sovrappone alla città che scorre lenta al contrario, come in un film.

Sono alto, troppo alto, il mio collo è lungo, troppo lungo, il mio cappello vivacemente colorato mi distingue dal grigiore di tutti gli altri passeggeri.
Vorrei sorridere, vorrei che qualcuno mi sorridesse, sono cosi solo.

Città straniera, autobus straniero, persone sconosciute, eppure è tutto cosi simile alla mia città.
Vedo un posto a sedere libero, un buco bianco che spicca nella densità umana che racchiude questo bus.

Mi siedo, mi guardo le mani , il cappotto, mi manca un bottone.
In piedi al freddo di questa città autunnale per natura, abbraccio Miguel, è sera.

Sorride Miguel” ti manca un bottone” mi dice.

E io vedo te, cucirmelo.

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