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Lettera di R. D. T.

Caro, ti scrivo perché sei un cretino. E questo prima o poi, in un modo o nell’altro dovevo proprio dirtelo.

Sei un cretino che non sa cogliere quanto di bello la vita gli dà l’opportunità di vivere. E sei un cretino perché non mi hai lasciato spazio. E anche perché non hai la forza di dire quello che pensi.

Avrei voluto dirti queste cose occhi negli occhi, senza paure. E mettendoti con le spalle al muro gridarti che non è giusto scomparire così, che la vita va affrontata anche se ti mette sulla strada persone rompiscatole come me. Perché è questo il motivo, vero? È perché ti ho messo alle strette che sei andato avanti lasciandomi sul ciglio della strada a cercarti tra le rime di una poesia?

Vedi? In realtà la cretina sono io: io che credevo che questa volta ci saremmo incontrati veramente, tra i versi di una poesia, tra le note di una canzone, tra le parole di un libro, tra le labbra dischiuse in un sorriso, tra le labbra dischiuse in un bacio. Un bacio che mi ha illuso mi portasse dentro la tua bocca, dentro la tua testa, dentro di te. Un bacio che mi scandalizza per la bellezza, l’ardore e la naturalezza, nonostante naturale non fosse per niente!

Come hai potuto dimenticare la bellezza?
Ed io, come ho potuto illudermi che fossimo anime affini e che questo sarebbe bastato? A me bastava semplicemente parlare con te, semplicemente stare pochi attimi con te: questo sarebbe bastato a riempirmi l’anima.

Ma ecco, ora lo capisco, la cretina sono io: che mi illudo che mi sarebbe bastato, che non avrei voluto di più, che non mi sarei distrutta la vita. Perché io, di sicuro, la bellezza non avrei lasciato che mi sfuggisse, avrei voluto goderla fino in fondo, viverla fino in fondo come l’unica vera realtà.
E quindi, caro mio, ti faccio i miei complimenti: sei stato bravo a prevenire tutto ciò mettendo fine a qualcosa che avrebbe portato dolore alle persone che ci sono vicine. E così ora il dolore è tutto mio.

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