Caro,
Ti scrivo questa lettera come fossimo lontani, come se appartenessimo a due regioni diverse della terra. Ti scrivo in uno dei miei malinconici pomeriggi. Ti sarai già allarmato nel leggere quest’aggettivazione e mi precipito a tranquillizzarti. Sii tranquillo, oggi è in me quella malinconia positiva, che dolcemente attraversa i pensieri e fa scorrere nelle vene un antidoto contro la frivolezza. Sai bene come sono fatta- i chilometri di distanza li creiamo quando non v’è compatibilità tra le nostre parole- ed ora puoi dipingere nella mente il quadro di me, su questo divano, mentre guardo fuori dalla finestra gli alberi nel loro passo a due col vento. Vorrei che respirassi tu, quest’aria stessa. Sento l’autunno attraversarmi le narici. “Andiamo a Parigi!”
Quante volte devo avertelo ripetuto, probabilmente fino allo sfinimento; ci vedo, insieme, passeggiare come fossimo i protagonisti di un fotoromanzo vintage. Chissà quanto riderai, leggendo queste parole. Sono sicura che non ne sarai annoiato; ti piace sempre dimostrarmi quanto tu abbia capito del mio amore per le parole.
Adesso si è appena posato un pettirosso sul ramo di quel salice. Non so bene cosa mi porti alla mente, sai perfettamente quanto è capace il mio pensiero di digredire, divagare, posarsi ora su un ramo, ed ora su un altro, volare in alto, verso il cielo ed un attimo dopo, cadere precipitosamente, schiantandosi sulla terra. Se non ci fossi tu, tante volte, a risollevarmi sul filo dell’equilibrio. A volte penso che tu abbia fatto il funambolo in una vita precedente; tu sai camminare bene nei viottoli pietrosi, ti mantieni in equilibrio mentre il mondo sta crollando. La tua pacatezza ha, per me, qualcosa di eroico, qualcosa di artistico. Oh, com’è facile adesso per me individuare l’ambiguità che potrebbe derivare da una di queste parole. Adesso sono uscita; ho preso un barattolo ed una fogliolina; è ancora in buona vita. Nel barattolo ci metterò il vento e la fogliolina. Bada bene a quale momento scegliere per aprirlo; il vento è ribelle e presto ne uscirà fuori, fuggendo da te. Conserva, invece, la foglia. Quella è la consistenza rigogliosa delle mie parole e quando sarà seccata, non vorrà dire altro che dovrai aspettare la nuova stagione; quando finirai di leggere questa lettera, sarà come rincontrarsi dopo una lunga attesa.
A te, all’autunno, a noi, al potere potere grazioso delle parole.