Lettera di Denise Pellacani

16 Gennaio 2020

Caro Chiunque Tu Sia, che importanza ha il tuo nome? Questa lettera non racchiude segreti irrivelabili che nessuno deve sapere. Anzi, è rivolta a chiunque abbia voglia di utilizzare qualche minuto del proprio tempo a leggerla. Se tu lo farai, sarai sicuramente un amico perché avrai condiviso con me alcuni

Lettera di Denise Pellacani

Caro Chiunque Tu Sia,

che importanza ha il tuo nome? Questa lettera non racchiude segreti irrivelabili che nessuno deve sapere. Anzi, è rivolta a chiunque abbia voglia di utilizzare qualche minuto del proprio tempo a leggerla. Se tu lo farai, sarai sicuramente un amico perché avrai condiviso con me alcuni miei pensieri, seppur senza conoscermi.

Di cosa vorrei parlare in una lettera? Proprio non lo so, è da anni che non ne scrivo una. L’ultima volta avevo sedici anni e il destinatario era un mio caro amico che vive in Romania. Oggi mi tengo in contatto con quella stessa persona grazie a Facebook. Come tutti gli altri, anche io ora mi affido volentieri all’immediatezza della tecnologia. Ecco, l’ho detto! Non sono un supereroe, anche se esserlo sembra andare così tanto di moda. Devo dire che, proprio a causa dell’immediatezza e della visibilità dei social network, questo fenomeno ha trovato parecchie strade per espandersi. Forse sbaglio a dilungarmi troppo su questo fatto, anche se è una dei tratti più fastidiosi che caratterizzano la mia generazione di ventenni aspiranti pop star.

Sai, credo che il desiderio si costruirsi un corretto status sociale sia uno dei motivi per cui le persone non riescono ad instaurare un vero dialogo. Inevitabilmente, questo incide anche sul fatto che lettere non vengono più scritte. Tu cosa racconteresti ad un tuo caro in una lettera? Ci hai mai pensato? Siamo sempre tutti impegnati a cercare la cosa giusta da dire per apparire persone ammirevoli, desiderabili, addirittura invidiabili. E se dovessimo parlare davvero di noi, piuttosto che delle cose che ci rendono socialmente apprezzabili? Dovremmo raccontare anche i nostri sbagli e le nostre paure, cosa che potrebbe renderci vulnerabili davanti a qualcuno che vuole approfittarsi di noi. Personalmente, io mi aspetto che ogni individuo decida da un momento all’altro di mettermi in ombra per apparire migliore, vincitore. Ti rendi conto di che cosa abbiamo creato? Non c’è da stupirsi se nessuno si sente sereno.

Proviamo per un momento a fingere che tutto ciò non ci sia, cerchiamo di sentirci liberi almeno in questo piccolo spazio creato appositamente per ritrovare un qualche volto di un’ormai antica bellezza. Visto che tu stai ancora leggendo, forse ti interessa, forse sei mio amico, quindi proverò a renderti partecipe di qualcosa che mi riguarda. La domanda è sempre la stessa: cosa scriverei in una lettere ad una persona cara? Beh, probabilmente cercherei di renderla partecipe di quello che suscita emozioni dentro di me. Non è semplice, non sono più abituata a farlo, ma ci proverò.

In questo preciso istante è ciò che mi circonda a muovere le mie emozioni e le mie idee. Prova ad immaginare quel che ti descrivo, così forse sarà più facile essere empatici. Mi trovo in biblioteca ed è il primo pomeriggio, l’orario in cui il silenzio sembra essere il migliore amico di tutti. A mio parere, questo è un momento della giornata molto particolare perché c’è un’atmosfera strana, riflessiva, sospesa come la polvere che danza nell’aria illuminata da un raggio di luce. Quando ero piccola, questo era il momento della giornata in cui schiacciavo il pisolino insieme alla nonna. Era l’ora delle vecchie favole, del caldo delle coperte, della flebile luce che filtrava attraverso i buchi della saracinesca, delle fantasie che pian piano sfociavano nei sogni. Questo era il momento in cui nella mia mente si svolgevano le avventure più strane e misteriose. Se avessi scoperto un passaggio segreto o un oggetto misterioso nascosto in un angolo della casa, sicuramente sarebbe accaduto sotto alla magica luce e al silenzio del primo pomeriggio!

Quando sono cresciuta e, ahimè, ho cominciato la scuola, la situazione è cambiata completamente. Questa era l’ora della ricreazione, l’unico momento di svago in giornate in cui mi sentivo continuamente in tensione, esaminata e giudicata. Ricordo le grida dei miei compagni, le corse sfrenate e l’erba fredda che mi bagnava i pantaloni quando mi inginocchiavo. Tutto quel che prendevo in mano, che fossero bastoni, sassi o foglie, diventava un altro oggetto come una spada, una bacchetta o semplicemente un piatto. La mia voglia di costruire aumentava a dismisura. Che angoscia quando arrivava il momento di vedere tutte queste cose attraverso il vetro della finestra di un’aula! La scuola non è stata una bella esperienza e questo è un peccato. Quanto potrebbe essere bello un luogo in cui si può apprendere, se solo i bambini potessero viverlo in maniera libera e genuina?

Durante il lungo e tempestoso periodo dell’adolescenza, nonostante passassi gran parte del pomeriggio su un autobus per tornare a casa, la magia di questo momento riusciva a non scomparire in qualche modo. Di solito intorno a me c’era un gran chiasso. I miei vicini urlavano e chiacchieravano, il motore del veicolo ruggiva, fuori le macchine sfrecciavano veloci… Eppure, dall’altra parte della strada c’era un albero le cui foglie erano di un verde vivo e brillante che mi ricordava quello della campagna dietro a casa mia. Questo bastava a rievocare nella mia mente le lunghe passeggiate degli anni passati insieme al mio cane, l’aria fredda e pungente di fine autunno e le ultime giornate di sole. Allo stesso modo, se dal finestrino dell’autobus intravedevo una vecchia abitazione abbandonata e diroccata, davanti a me compariva immediatamente l’immagine dell’edificio abbandonata in fondo alla strada di casa mia, quello in cui m’intrufolavo alla ricerca di chissà quale avventura, sussultando ad ogni piccolo rumore. Nonostante il chiasso della corriera, mi tornavano in mente le favole di mia nonna ed il silenzio di quello strano momento della giornata. Viveva ancora, nonostante la spensieratezza dell’infanzia mi avesse abbandonata da un po’.

Oggi ho ventitré anni e abito in una piccola casa in montagna. Da quando ho finito di studiare e ho più tempo da dedicare a me stessa, passo molti pomeriggi a pensare. I ricordi del mio passato tornano sempre più vividi e io sento sempre di più l’impulso di raccontarli in un libro per condividerli con qualcuno. È per questo che, dopo pranzo, esco nella veranda. Oggi è un classico pomeriggio d’autunno. Gli alberi sono ormai tutti dorati e in lontananza vedo alcune grosse nuvole grigie che mi comunicano l’arrivo di qualche goccia di pioggia prima che cali la sera. Qui in montagna c’è sempre il vento e il suo soffio incessante che fa frusciare le foglie rimaste sugli alberi fa nascere dentro di me una dolcissima e serena malinconia. Solo l’autunno sa regalare questa atmosfera meravigliosa. È proprio nelle giornate come questa che, dopo essermi seduta nella veranda con una tazza di tisana, comincio a scrivere. Se nessuno mi ferma, sono capace di andare avanti finché non cala drasticamente la temperatura e non mi sento più le dita.

Ho sempre amato scrivere, ma ho accantonato il sogno di farlo diventare una professione molti anni fa, quando ho capito che sarebbe stato improbabile riuscirci, che queste occasioni capitano solo a chi ha la faccia tosta e l’intraprendenza giusta.
‘È vero, avrei tante cose da dire’ pensavo spesso: ‘Ma non ho conoscenze nel mondo dell’editoria e non sono una persona particolarmente loquace. Magari a scrivere non sono male, ma a parole faccio molta fatica ad esprimermi. Questa cosa non può capitare a me’.
Oggi non ho la certezza che le cose vadano diversamente, anzi! In fin dei conti, le mie storie sono riflessive, mentre oggi la gente non ha voglia di pensare. Ogni individuo cerca di svagarsi come può, qualsiasi modo per evitare di affrontare sé stessi è ben accetto. Per questo è difficile dare ascolto ad una persona che cerca di esprimere ciò che sente attraverso le parole, che si racconta e proprio per questo ti racconta. Invece io credo che i libri, quelli scritti con coinvolgimento, siano tra gli strumenti più efficaci per confrontarsi con i propri problemi e per imparare tante cose su sé stessi e sul mondo.

Chiunque Tu Sia, è per questo che stai ancora leggendo? Ho scelto una cosa semplice come il primo pomeriggio per parlarti di me stessa e guarda quante cose sono riuscita a dire! Non deve per forza interessarti tutto, no. Quello che davvero m’importa è che sono riuscita a mettere da parte per un momento il desiderio di apparire ammirevole e nascondere i miei punti deboli. Ti ho parlato davvero di me stessa e questo mi fa capire che niente è perduto. Se ci impegnassimo davvero, se fossimo un po’ più umili ed onesti, sarebbe possibile recuperare il vero piacere nella comunicazione e non solo questo! Forse un giorno qualcuno riuscirà a rivolgersi a me con spontaneità e mi racconterà dei suoi primi pomeriggi, delle sue paure, delle sue aspirazioni e dei suoi ricordi più belli, di tutto ciò che ha contribuito a farlo diventare la persona che è. Il mio augurio non è quello di diventare una persona ammirevole, non è quello di diventare un grande scrittore. Spero che tu, Chiunque Tu Sia, possa riuscire a parlarmi dei tuoi primi pomeriggi. È la cosa che ti porterà più lontano.

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