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Lettera di Annamaria Elia alla figlia

Cara,
da dove cominciare?

Da quando sei cominciata tu.
Da quando eri piccola quasi quanto un pugno.
Da quando eri nulla.

Cosa guardi, piccina, con quegli occhi spalancati e famelici del mondo.
Piccola, piccola mia, ingenua bambina.

Piccola, piccola ingenua esploratrice di terre sconosciute, di storie nascoste.
Scavavi tra scapole della gente, tu, con quegli occhi da bambina. Ti tenevo stretta tra le mie braccia, attenta a renderti solo mia ovunque ti portassi. Gli sguardi della gente per strada a passeggio, i sorrisi che ti rivolgevano in coda al supermercato… ero gelosa di tutte quelle piccole attenzioni da parte di estranei al nostro me e te, non capivo ch’erano normali inclinazioni di umanitร  alle prese con della vita appena sbocciata.

Io tentavo di farti mia sola. Invece tu ti sbilanciavi a guardarli tutti, i passanti.
Questa cosa dell’osservare la gente te la sei cucita addosso sin da allora, piccola mia, perchรฉ sรฌ, scavi ancora tra quelle scapole. Lo fai ancora, con quelle tue dita forti e fragili.

Piccola mia, eri vetro tra le grinfie dโ€™un uragano. Ora sei tu il vento che smuove il mondo. Tu, tu che lo guardi, il mondo, con occhi da cerbiatto. Tu che guardi frammenti di foglie, minuscole, meravigliose istantanee di paesaggi e briciole dโ€™esistenze altrui, ingorda. Sei sempre stata assetata di vita, non vedevi l’ora di costruire la tua propria esistenza. Allora ti intromettevi cauta in quella di altri. Inconsapevole, un tempo, che avresti scordato tutto dellโ€™ora, di ciรฒ che guardavi a tre anni, a due, a cinque, ad otto. Avresti scordato anche lo sguardo stanco di questa tua madre che ti stringeva e ti proteggeva dai passanti quando ancora eri la mia piccolina.

La gente fa cosรฌ, quando nasce.
Ingurgita tutto quello che puรฒ, manda giรน enormi bocconi di mondo, bocconi di vuoto. Poi li lascia lรฌ, ragnatele nella propria mente, li dimentica.
Dimentica lo stupore ingenuo del bambino ch’erano stati, della lingua che assaggia la pioggia per la prima volta, del profumo di latte appena svegli. Lo scorda perchรฉ poi, crescendo, ci sono cose piรน importanti a cui badare nella turbolenza di ciรฒ che diventa il quotidiano. Poi, crescendo, ci sono le bollette da pagare sul tavolo in cucina.

Eppure a volte me lo dici che hai ancora il ricordo, lontano, vago, dโ€™una immagine che talvolta ti prende ed annebbia il resto, annebbia quelle cose importanti.
Hai questo primo, fragile frammento dei tuoi piedi che si muovono verso ciรฒ che, lo senti, lo percepisci ancora, ciรฒ che allora pensavi fosse oro.
Le braccia di tuo padre.
Hai questo frammento che cattura la tua instabilitร  bambina, unโ€™instabilitร  che corre incauta verso le mani di papร . Tuo padre che tโ€™afferra lโ€™orecchio con la propria voce, che ti sussurra โ€œtranquilla, bimba, ci son ioโ€. Tuo padre non lasciava che mai tu cadessi, che ti facessi male esplorando questa meraviglia ch’era, per te, il camminare.

Ed ora? Ora, donna mia, ora riascolti nel silenzio della tua mente quelle parole, ancora ed ancora. รˆ lo stesso sussurro che cerchi nelle bocche di mille altri uomini, sui loro visi. Le cerchi in loro perchรฉ papร  รจ troppo stanco per curarsi ancora della tua fragile potenza distruttrice dโ€™essere viva. Dice che hai la forza di vivere da sola, ormai. Dice che sei cresciuta. Allora cerchi un’altra voce, cerchi la stessa insicura sicurezza che possedevi mentre muovevi quei piccoli, primi passi, perchรฉ la tua infantile, insicura sicurezza, piccina mia, ti ha lasciata. Perchรฉ tuo padre ha i capelli bianchi, le mani stanche di chi, in quei palmi lรฌ, sorregge tanti anni di fatica ed amore. E rimane seduto sulla poltrona di casa vecchia e consunta, quella che odio tenere al centro del salotto perchรฉ non riesco a passarci bene lโ€™aspirapolvere sotto, quella della bisnonna che โ€œsรฌ, il prossimo mese la cambiamoโ€; solo che piange il cuore a buttarla, รจ comoda, ha preso la forma degli anni che le si sono appoggiati sopra.
Papร  รจ diventato un poโ€™ come quella poltrona, consunto dal proprio amore per te, dal proprio amore per me. Lo bacio ancora ogni notte, prima d’addormentarmi.

Talvolta ci pensi, a tutto questo. Quando capita a me, perรฒ, scaccio via con la mano lโ€™indecenza di certe consapevolezze, dei giorni che passano. Perchรฉ il tempo che scorre urta come il ricordo dโ€™una vergogna lontana, dโ€™un determinato attimo che si รจ cercato mille volte di cancellare, perรฒ ci si rende conto che il tempo non lo si puรฒ cancellare. Quella distinzione tra passato, presente, futuro รจ nulla; il tutto รจ confuso in un unico amalgamato di immobilitร  in cui ogni momento รจ per sempre, ogni attimo si ripete all’infinito, sempre, per sempre, eternamente. Amore, nulla veramente finisce e nulla ha per davvero un inizio.

Tu stessa non hai inizio, piccina mia, tu per prima non finirai. Tu, che sei amore, sei eterna. Sei qui, in questa cosa che si chiama respiro, questa cosa che lรฌ rimarrร  sospesa, al di lร  di tutto ciรฒ che vedi, piccolina mia.

Amore mio, sei donna e non voglio che tu lo sia. Eppure so che devi esserlo.
Ci sei tu bambina, nella mia testa, col tuo viso spaventato. Tu, lรฌ, a fissarmi. Il dito in bocca, le guance un pasticcio di muco e lacrime fredde. Tโ€™abbraccio, tโ€™asciugo le lacrime, amore mio.
Sorrido ebete al pensiero di certe improvvise dolcezze.

Amore mio, ti sto scrivendo e non capisco neanche perchรฉ lo faccio… solo, avevo voglia di starti un po’ a pensare. La gente non pensa piรน e tu continui ad essere protagonista della tua vita e corri ovunque e non ti pensi mai. Ci sono io, allora, a dedicarti il mio pensiero, ci sono io che porto la mente al mio amore.
Vivi al meglio, amore mio.

Tua,
mamma

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