Caro,
ti scrivo perché, quando un giorno ti siederai a riposare dalle fatiche che il perno della tua esistenza ha dettato, confido ti fermerai a leggere tutte le parole che ti ho dedicato. Quelle scritte da me e quelle che ho preso in prestito.
Forse mi rimpiangerai, più probabilmente mi ricorderai malinconicamente.
Non so se riuscirai a comprendere a fondo il mio messaggio, scritto in questo presente che è già passato.
Chi ama vive felice per il breve o lungo periodo in cui viene amato o crede d’essere amato. Ma chi non ama, chi non conosce l’entità di questo sentimento, andrà a domandare affamato, in ogni contrada, d’essere amato. Non c’è amore per chi non sa amare.
E Amore è come me, non ammette d’essere uno tra tanti, vuol essere l’unico. Se a volte si accontenta, è solo perché, mosso da carità, dona un po’ di cibo agli affamati. A quelli che si accontentano delle briciole. A quelli che chiedono di sentire un “ti amo” da una bocca che mente, perché è l’unico “ti amo” che conoscono. O l’unico che possono permettersi.
Non più tua.
C.