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La Venere di Milo e il mistero che si cela dietro la sua bellezza

A raccontarci una delle opere più celebri di sempre, è il noto critico d'arte Luca Nannipieri, autore dei libri "Raffaello" e "Capolavori rubati" pubblicati da Skira

Risalente al 130 a.C. circa, la Venere di Milo è una delle opere più affascinanti che l’antichità ci abbia consegnato. A raccontarci cosa si nasconde dietro la sua bellezza ambigua è il noto critico d’arte Luca Nannipieri, autore dei libri “Raffaello” e “Capolavori rubati” pubblicati da Skira.

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A raccontarci una delle opere più celebri di Mantegna, è il noto critico d’arte Luca Nannipieri, autore dei libri “Raffaello” e “Capolavori rubati” pubblicati da Skira

Perché la Venere di Milo è un’opera senza tempo

La Venere di Milo è donna o è uomo? Ha i seni prominenti di una donna, ma il volto e l’addome sembrano quelli più rigidi di un uomo. Ha la postura di una femmina ma, come diceva Pierre-Auguste Renoir, sembra “un gran gendarme”, dunque quasi un maschio. Si dice che universalmente lei rappresenti la bellezza femminile. Io non ne sarei così convinto: il suo mito si è costruito sull’ambiguità dei suoi tratti. E’ troppo maschile per essere una donna ed è troppo sinuosa per farci pensare ad un uomo. La sua indeterminatezza è il suo magnete. I Bronzi di Riace sono chiaramente, orgogliosamente virili, così come l’Ercole Farnese, il Pugile delle Terme, il Fauno Barberini. La dea Afrodite è stata rappresentata con ben altre movenze, sinuosità e morbidezze femminili in varie statue della classicità: l’Afrodite cnidia, replicata in mille varianti, potrebbe stare sulla copertina di Playboy, la dea Ebe, poi immortalata dal Canova, sembra Claudia Cardinale nel film 8 e ½ di Federico Fellini. La Venere di Milo rimane un arcano per la sua indefinibile e imprendibile identità sessuale. Ci attrae perché non sappiamo definirla e tutto ciò che non definiamo ha accesso diretto e privilegiato negli abissi reconditi e imperlustrati della nostra immaginazione.

Che cosa ci insegna la Venere di Milo

Ci insegna che l’arte è complessità, ed è complessità proprio perché possiede le chiavi per entrare nella nostra mente con una persistenza e un’incidenza che non hanno invece lo spazzolino da denti e la lavatrice. La Venere di Milo, datata 100 a.C., non “esisteva” prima dell’aprile 1820, quando fu scoperta da un contadino dell’isola di Milo mentre coltivava il suo campo, poi mercanteggiata e portata al Louvre di Parigi. Ma perché è diventata “nostra signora della bellezza” (Heinrich Heine)? Perché gli artisti, come Man Ray, Salvador Dalì, Fernandez Arman, Blu, l’hanno presa ad oggetto per le loro rivisitazioni? Perché, appunto, “la bellezza esige di essere notata” (Roger Scruton). Evidenziandosi ci evidenzia. Evidenziando se stessa, evidenzia noi stessi, mette a fuoco ciò che siamo.

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