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Perché Raffaello può essere considerato un rivoluzionario

Luca Nannipieri, autore del libro "Raffaello. Il trionfo della ragione", ci spiega perché Raffaello fu un artista rivoluzionario

Abbiamo chiesto al noto critico d’arte Luca Nannipieri, autore del libro “Raffaello. Il trionfo della ragione“, pubblicato da Skira Editore, di raccontarci la grandezza del pittore urbinate, di cui oggi si celebra il cinquecentenario. Nel suo libro, Luca Nannipieri si sofferma sulla modernità di Raffaello, che pone l’uomo al centro del mondo, aprendosi a una prospettiva laica. 

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Raffaello, un maestro assoluto del Rinascimento

“Non esistono gli artisti assoluti, perché nulla è assoluto nell’arte. Ogni artista ha un valore storico. Ma certamente la mitologia del Rinascimento si è costruita, nei secoli, essenzialmente su tre nomi: Raffaello, Michelangelo e Leonardo. Non a caso noi comuni mortali veniamo seppelliti nei cimiteri. Raffaello è stato messo nel Pantheon a Roma. E già Pietro Bembo, nello scrivere l’epitaffio della tomba, intuì l’impronta secolare, forse millenaria, che Raffaello ha lasciato nell’arte: “Quando lui era in vita, la natura temette di essere vinta. Ma ora che è morta, lei teme di morire”. Raffaello è quell’artista la cui mano poteva superare la mano della natura, la mano di Dio. E ora che è morto, lei stessa, la mano della natura e di Dio, teme in sua assenza di morire a sua volta. Questo dice Bembo su Raffaello. Chapeau.”

Che cosa ci ha insegnato Raffaello

“L’uomo è più importante di Dio. Se guardiamo l’opera che ritengo più importante di Raffaello, lo Sposalizio della Vergine (1504), conservata alla Pinacoteca di Brera, ma anche altri lavori, guardando le loro scene sacre, ci rendiamo conto che, paradossalmente, centrale non è Dio, non è il suo racconto, ma è l’opera dell’uomo. Il protagonista assoluto è lo spazio umano, terreno, perfettamente e armonicamente razionalizzato. Il racconto cristiano diventa, forse per la prima volta nella storia, assolutamente comprimario, ausiliario. Silenziosamente si fa strada quel laicismo – quella fiducia cioè nella potenza dell’uomo, prima che in Dio, quella crisi e quel conflitto tra uomo e Dio che l’arte moderna e contemporanea porterà ai suoi estremi.”

Perché la “Scuola di Atene” fu una rivoluzione

“Nella Scuola di Atene (1509-1511), noi vediamo le figure dei filosofi, con al centro Platone con il dito rivolto al cielo e Aristotele con la mano promessa verso terra, vediamo presumibilmente Eraclito, Euclide, Pitagora, Epicuro, Diogene, Socrate, Senofonte, Zenone, Averroè. Ma mentre li osserviamo, siamo catturati nello sguardo dalla profondità e dalla spazialità degli edifici. La potenza delle due figure, Platone e Aristotele, poli della visione rinascimentale, è data non da loro stessi, ma dal magnetismo prospettico degli scalini, del pavimento e delle architetture sovrastanti. Elementi che non svolgono una funzione ancillare di sfondo, di ambientazione passiva, ma, come nello Sposalizio di Brera, raddoppiano il piano di lettura. La lettura iconografica dei pensatori è la più evidente ed epidermica, ma l’impatto della composizione sembra spingerci, anche qui come nello Sposalizio, a un pensiero più maturo. L’uomo acquisisce identità e solennità nell’atto della sfida a Dio con la ragione, sia essa una ragione speculativa, quella dei filosofi, o una ragione architettonica e urbanistica di dominio dell’ambiente, di antropizzazione dello spazio naturale. L’uomo compete con Dio nell’atto del dominio dell’esistente.”

Come Raffaello ha influenzato il mondo dell’arte

“Gli artisti più grandi hanno avuti seguaci, allievi, epigoni, copisti. Parliamo di scuola giottesca, d’influenza leonardesca, michelangiolesca, caravaggesca. Ma nessun artista ha avuto, come ha avuto Raffaello, non solo dei continuatori, dei discepoli, dei fedeli imitatori del suo stile, ma anche dei movimenti che, nel nome stesso, si sono contrapposti nettamente, categoricamente, alla sua figura. I Preraffaeliti furono un movimento di metà Ottocento che, rifiutando la centralità di Raffaello nella storia dell’arte, intendevano rifarsi alla pittura avvenuta prima di Raffaello. Ma i vari componenti della Confraternita, come John Everett Millais, William Holman Hunt, Dante Gabriel Rossetti, respingendo il dettato del pittore d’Urbino, hanno sostanzialmente confermato la sua ineliminabile importanza. Quando riapriranno, andate a vedere le Stanze della Segnatura in Vaticano e ne riparliamo.”

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