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Le “Ninfee” di Monet, i misteri che si celano dietro l’apparenza delle cose

Oggi scopriamo insieme una delle serie più celebri del mondo dell'arte, le "Ninfee" di Claude Monet, che rappresentano non solo l'eredità dell'artista impressionista, ma anche la sua idea della realtà e della vita.

Ci sono opere che trasmettono subito un’emozione, uno stato d’animo che pervade lo spettatore sin dal primo sguardo, come accade contemplando la serie delle “Ninfee” di Claude Monet, esposte al Musée dell’Orangerie di Parigi.

Delicate, dall’aspetto quasi etereo, le “Ninfee” mostrano la tappa conclusiva del percorso artistico di Claude Monet, uno dei fondatori dell’impressionismo francese, nato il 14 novembre 1840 e scomparso il 5 dicembre 1926.

L’artista in questa serie di dipinti ha riversato la sua idea di pittura, il suo amore per la natura ed anche la sua eredità.

Le “Ninfee”, 250 studi che raccontano l’ultimo Monet

Quando ammiriamo le “Ninfee“, dobbiamo tenere a mente che Monet ha lavorato moltissimo su questo soggetto, producendo circa 250 dipinti, in cui il pittore sperimenta con la luce e i cambiamenti atmosferici che modificano la visione della realtà. Immortalate alla luce del giorno, queste delicate piante acquatiche rimandano alla bellezza della natura, alla rinascita della primavera e del cuore, alla serenità che pervade il cuore di chi vive immerso in un giardino fiorito.

Quando ci troviamo dinanzi allo stesso soggetto dipinto di notte, sentiamo che la serenità e la delicatezza pura della rinascita lasciano spazio al fascino della notte, ai giochi di luci ed ombre che ci fanno dubitare della nostra fermezza, al mistero che si cela dietro ogni cosa, perfino elementi naturali in apparenza semplici come le ninfee.

Il ciclo delle “Nymphéas” ci racconta l’anima di Claude Monet, la sua idea di vita e di pittura, inscindibile dal progetto di Giverny.

Il giardino di Giverny

Negli anni ’80 del XIX secolo, Monet riesce a trasferirsi, accompagnato dalla compagna Alice, i sei figli di lei e i suoi tre figli, nella cittadina normanna di Giverny, un luogo abitato da poche anime ed immerso nella natura, perfetto per condurre una vita ritirata all’insegna della riflessione e della pittura en plein air.

Proprio qui, Claude Monet dà inizio alla serie delle “Ninfee”, traendo ispirazione dal meraviglioso giardino sognato per tutta la vita dal pittore e finalmente realizzato in questo luogo idilliaco. Il giardino di Giverny, così come la casa attorno cui esso si sviluppa, è ancora visitabile. Nel luogo si respira l’anima dell’artista impressionista, che qui ha vissuto gli ultimi anni della vita e si è dedicato alla creazione del ciclo per oltre trent’anni.

Le “Ninfee” di Monet ritraggono in enormi arazzi la straordinaria e multiforme bellezza della natura, che si condensa nel soggetto delle piante acquatiche, raffigurate talvolta in primo piano, staccate dal resto del giardino e dello stagno, a contatto con un’acqua densa di sfumature come a volere sottolineare una certa natura eterea e quasi trascendente del soggetto, e talvolta in composizioni di più ampio respiro, che mostrano anche il resto dello stagno, frondoso, profondo, in netto contrasto con la natura delle diafane piante acquatiche.

La pittura e la vita

Contemplando le “Ninfee” abbiamo insomma la sensazione di trovarci non solo dinanzi ad un capolavoro che esprime l’eredità artistica di Claude Monet, ma anche ad un concetto, ad un ideale di vita a cui il pittore francese vuole iniziarci.

Questi dipinti così destrutturati, così multiformi ed incuranti della nettezza del disegno o del colore, Monet sembra voler gridare che nulla nella vita è definitivo, che è lo sguardo con cui osserviamo il reale a rendere il nostro tempo speciale, perché dietro la pura e distaccata apparenza delle cose si cela l’anima di un mondo dai mille volti, strabordante di sfaccettature e di misteri, che solo un occhio privo di pregiudizi è capace di svelare.

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