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L’artista dei pixel Miguel Chevalier, “Do una luce nuova a ciascun posto”

Miguel Chevalier è un artista francese, considerato come uno dei pionieri dell’arte virtuale e digitale

MILANO – Pioniere dell’arte digitale, creativo e sensazionale, Miguel Chevalier mette in scena a Milano una mostra particolare “Onde Pixel” all’interno dell’Unicredit Pavilion. L’artista francese ci spiega come nasce e si sviluppa quest’arte 3.0, dagli anni Ottanta ad oggi, sfruttando le nuove tecnologie e gli stilemi della società dell’informazione. Lo stesso ha affermato: “Do una luce nuova a ciascun posto”.

 

Come è nata questa mostra?

L’idea era quella di creare una connessione con alcuni dei miei pezzi d’arte fissa o in movimento e una selezione della collezione UniCredit. Per quanto riguarda l’architettura del padiglione UniCredit, disegnato dall’architetto Michele De Lucchi, ho immaginato una installazione proiettata sul pavimento in legno, Onde Pixel. Il padiglione UniCredit  è perfetto per una installazione in piano in cui possiamo creare un’installazione su larga scala. Questa installazione costituisce un’esperienza completamente coinvolgente. Il visitatore è immerso in un universo virtuale in cui si mettono in moto 60 modelli diversi, che cambiano ogni minuto. I balconi sono molto interessanti, perché permettono ai visitatori di avere una veduta aerea dell’installazione. L’installazione raccoglie nuovi modelli ispirati alle opere astratte dell’UniCredit Art Collection come il pezzo di Julian Hoeber Duh, Duh, Duh, Duh … Abbiamo scelto di farlo con Serena Massimi, responsabile del padiglione UniCredit , per gli Eventi e l’Arte. Abbiamo identificato opere d’arte che potessero dialogare a lungo con il tema o su un piano formale. È per questo che la mia serie “Fractal Flowers” e “Ultra-Nature” si rapporta con  i lavori di Karen Yurkovich o Christine Streuli.

 

Come ha scelto di utilizzare negli anni 80 uno strumento all’epoca “precoce” come mezzo d’espressione artistica?

Per quanto riguarda la pittura e l’avanguardia, la mia sensazione era che l’avanguardia avesse esplorato tutte le possibili vie di rappresentazione grafica . E per un giovane artista poco più che ventenne in cerca di un nuovo approccio pittorico farlo con la pittura ad olio era un compito quasi impossibile! In ogni epoca, gli artisti hanno sempre usato i mezzi del loro tempo. Nei primi anni ’80, l’informatica stava diventando sempre più presente nei media e la gente ha cominciato a parlare della società dell’informazione. Volevo andare in profondità in questo territorio ancora vergine, inesplorato da parte degli artisti creativi contemporanei.

 

Perché scegliere un’arte virtuale?

Sì, credo di aver sviluppato una riconoscibile estetica personale. Questa estetica è allo stesso tempo molto grafica, colorata, vivace e poetica. Come possiamo vedere durante la mostra uno dei miei schemi ricorrenti nel mio lavoro nell’arte fissa come quella dinamica è il pixel. Il pixel è l’equivalente moderno della pennellata, in quanto il suo accostamento con altri pixel crea colore e forma. Ci sono diversi aspetti nelle miei installazioni digitali che rendono la mia arte unica e che possiamo vedere a Milano:

– Generatività: è possibile creare un mondo generativo che cambia ogni momento e in tempo reale senza limiti.

– Interattività: l’interattività è possibile attraverso sensori che coinvolgono fisicamente il corpo e la sua mobilità nello spazio. L’interattività permette allo spettatore di sentirsi libero di giocare spontaneamente per esplorare tutte le potenzialità del materiale illustrativo.

– Specific site: La configurazione dell’impianto è adattata e modellata per ogni diverso spazio in cui viene presentato. L’architettura può essere trasformata dalle immagini digitali. C’è per l’arte digitale una vera e propria sfida per uscire dal piccolo schermo per arrivare allo spazio pubblico e creare opere d’arte monumentali. Ho rivisitato attraverso il digitale, la storia e l’architettura del luogo. Io do una luce nuova a un posto.

– Immersione: L’immersione è un concetto centrale nel mio lavoro perché dà allo spettatore un’esperienza unica e arricchisce il mondo di emotività. Mi piace realizzare creazioni dove il pubblico può essere totalmente immerso nel mondo virtuale. Sono interessato a sviluppare creazioni multisensoriale che stimolano tutti i sensi (vista, udito, olfatto). Ho raggiunto questo obiettivo collaborando con altri artisti, come ad esempio il compositore Jacopo Baboni Schilingi che con la musica amplifica l’effetto di questi “immagini” sequenziali.

Da diversi anni ho anche sperimentato la stampa 3D, come possiamo vedere alla mostra con «Double Vortex», «Double Flux» o «Cléome Spinoza de Buñuel». La stampa 3D mi permette di materializzare i miei universi virtuali. Si tratta di un processo rivoluzionario che permette di creare oggetti e che dovrebbe alterare drasticamente il mondo della scultura. Si va dal virtuale al reale quasi direttamente e istantaneamente. Una nuova estetica virtuale, che mescola pixel con materiali e abolisce i confini tra reale e virtuale, ed è appena nata. L’artista qui è uno scultore del virtuale.

 

Cosa la ispira nel momento della creazione?

Mi ispiro alla natura, viaggiando in tutto il mondo, ispirandomi all’architettura, all’urbanistica e alla cultura delle città che visito. Sono ispirato anche dal design e dalla ricerca scientifica. Le mie fonti si trovano nella storia dell’arte. Le mie opere digitali proseguono lungo le linee della storia dell’arte del XIX e XX secolo. Molti artisti come Georges Seurat, Paul Cézanne o Claude Monet nel XIX secolo o Piet Mondrian, Victor Vasarely, Andy Warhol, Luciano Fontana, Yves Klein, o Nam June Paik nel ventesimo secolo, sono stati visionari e innovatori nel campo della pittura e non solo. Attraverso le loro varie indagini pittoriche e i loro approcci intellettuali, questi artisti, in un certo senso, per me prefigurano la Digital Art .

 

Credit copertina: Miguel Chevalier

 

Lucia Antista

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