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La storia del più grande furto che il mondo dell’arte abbia mai subito

Qual è il più grande furto che il mondo dell'arte abbia mai subito? Chi sono gli investigatori che ogni giorno lavorano per combattere il traffico illecito di opere d'arte? Noi lo abbiamo chiesto al critico d'arte Luca Nannipieri, autore di "Capolavori rubati"

Intorno all’arte, c’è sempre stato mistero, ma anche lotta, razzie, roghi, devastazioni e furti. A trasportarci nella storia dei capolavori rubati è la voce di Luca Nannipieri, storico dell’arte, che col suo ultimo libro Capolavori rubati racconta la spirale vorticosa di criminalità e illegalità che avvolge il mondo dell’arte. 

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L’intervista 

Nel suo volume “Capolavori rubati” avviene un inedito ribaltamento di prospettiva rispetto alle narrazioni tradizionali. Com’è nata l’idea di raccontare l’arte a partire dalle opere che non possediamo? 

La tua vita è fatta non solo dalle persone che hai accanto, oggi, in casa o al lavoro, ma anche dal padre e dalla madre, dai nonni, che magari non hai più perché sono morti, dagli amici che hai perduto, dagli amori che non sono durati. Essi sono presenti in te tanto quanto coloro che condividono la tua vita. Così nella storia dell’arte: può essere raccontata dalle opere che vediamo nei musei, nelle chiese, nelle abbazie, nella case dei collezionisti, ma anche dalle migliaia di opere che non ci sono più perché sono state rubate, sequestrate, razziate o distrutte. L’assenza spesso è una forma diversa di presenza.  

Ci racconta il più grande furto che il mondo dell’arte abbia subito nella storia?

 Non possono esserci classifiche perché, nei secoli passati, ciò che oggi chiamiamo furti erano appropriazioni lecite del vincitore sul vinto: quando Napoleone razziò un numero sterminato di capolavori dai paesi conquistati per portarli a Parigi, non li stava rubando: faceva ciò che, nella storia, ha sempre fatto il  trionfatore sullo sconfitto o sull’egemonizzato. Nei tempi attuali, forse, il furto più clamoroso è quello avvenuto all’Isabel Stewart Garden di Boston nella notte del 18 marzo 1990: in 81 minuti rubano 13 opere, tra cui lavori di indiscussa importanza di Vermeer, Rembrandt, Manet, Degas. Valore delle opere stimato in 500 milioni di dollari: “Il più grande furto d’arte nella storia del mondo”, “Il più grave reato contro la proprietà negli Stati Uniti” hanno titolato il giorno dopo i quotidiani americani. Ad oggi c’è una taglia da 10 milioni di dollari per avere notizie sulle opere scomparse.

A suo avviso, qual è stato l’attentato più grave che sia mai stato arrecato a un museo?

 Nel 2003 uno dei musei più importanti al mondo, l’Iraq Museum, che contiene la più vasta produzione delle civiltà antiche del Medio Oriente, è oggetto di un pesantissimo e violento saccheggio: 15mila pezzi sono stati rubati, distrutti o portati nella linfa vitale del contrabbando mondiale. Durante le guerre, i disordini civili, le sommosse, i musei sono luoghi periodicamente oggetto di sciacallaggio e distruzione per il valore simbolico, identitario, ma anche economico che possiedono. 

 Chi si occupa di recuperare i capolavori rubati?

 In Italia, dal 1969, abbiamo il Nucleo dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, un comando operativo di non più di 300 ufficiali che in Italia, contrasta il traffico illecito di opere d’arte, in sinergia investigativa con il Ministero dei Beni Culturali, l’Interpol, la Polizia Postale, l’Ufficio Frodi, la Guardia di Finanza, il Nucleo di Polizia Tributaria, i controlli alle frontiere, lo stretto rapporto con l’Organizzazione mondiale delle dogane, o l’Organizzazione delle Nazioni Unite per la droga e per il crimine. Negli Stati Uniti vi è l’agenzia Homeland Security Investigations – Immigration and Customs Enforcement; in Francia vi è un comando nella Police nationale; in Spagna nella Guardia civil; in Germania il Bundeskriminalamt Wiesbaden (BKA) e il database Die Lost Art-Datenbank; in Austria il Bundeskriminalamt; in Svizzera la Swisspolice e le varie polizie cantonali.

La storia dei musei è costellata di opere depredate e appropriazioni indebite. Ancora si discute sulla possibilità di riportare in Italia opere che oggi si trovano in centinaia di musei sparsi per il mondo. Lei è d’accordo?

Dipende quando sono state depredate. L’ambasciatore britannico Lord Elgin, nei primi decenni dell’Ottocento, asportò 75 metri di bassorilievi e sculture dal Partenone di Atene, per consegnarli nel 1816 al governo britannico, attualmente visibili al British Museum di Londra. Non ha senso riportarli ad Atene, perché la storia va compresa nelle sue metamorfosi, non nei suoi diritti d’origine. Mentre le due opere di Vincent Van Gogh, rubate il 7 dicembre 2002, al più importante museo al mondo dedicato al pittore olandese, appunto al Van Gogh Museum di Amsterdam, ovvero la “La spiaggia di Scheveningen durante un temporale” (1882) e “Una congregazione lascia la chiesa riformata di Nuenen” (1884-1885), sono state giustamente restituite al museo che le possedeva dopo essere state ritrovate nel settembre 2016 nella casa del narcotrafficante Raffaele Imperiale, a Castellammare di Stabbia. E’ stato un furto che documenta come il legame tra criminalità organizzata, traffico di cocaina e contrabbando di opere d’arte non sia fiction: è oramai evidenza giudiziaria, investigativa e giornalistica.

 

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