Gaetano Tranchino, classe 1938, nasce a Siracusa. Fatta eccezione per le fughe piรน o meno lunghe per studio, vacanza, mostre sue e di altri artisti, ritorna sempre nella sua cittร dโorigine. Ad Ortigia per lโesattezza, lโisola nellโisola.
Io e Tranchino siamo due dilettanti. E forse appunto da ciรฒ nasce lโattenzione, il sodalizio, lโamicizia che ci lega: dal reciproco riconoscerci dilettanti, proprio nel senso di chi si diletta. E non che il dilettarsi escluda la ricerca, lโinquietudine, il travaglio, il guardarsi dentro a volte con sgomento e il guardar fuori con prensile attenzione e a volte avidamente: ma in una sfera sempre di divertimento, di gioco esistenziale.
Un gioco in cui ha gran parte la memoria, il suo trasmutarsi o mutarsi in mito, favola, ad avvertimento del presente.(L.Sciascia)
Ed รจ proprio lo stendhaliano rifiutare la noia, la banalitร e dilettarsi della vita a cui faceva riferimento Leonardo Sciascia che segnerร tutto il percorso lavorativo ed esistenziale del pittore Tranchino.
Vi abita serenamente, ma rivive i suoi miti lontani e quelli dell’infanzia: tra mare e campagna, nei dissepolti splendori di una civiltร incomparabile. Senza inquietudini che non siano quelle della ricerca, dell’approfondimento e perfezionamento dell’arte sua: sereno, appagato, senza nessuna ansietร ed affanno ad inseguire la notorietร , il successo. (L. Sciascia)
Gaetano Tranchino, il pittore letterario
La sua produzione pittorica puรฒ richiamare lo stile naif di Rousseau, la metafisica di De Chirico e Savinio, il surrealismo di Magritte, o ancora i temi realisti di Hopper. Tutti artisti che ha senzโaltro studiato ed amato molto. Tuttavia la sua idea di pittura si รจ nutrita soprattutto di riferimenti letterari, Borges e Conrad in testa. Arte e lettura danno quindi luogo ad un personalissimo racconto di vita: immagini che coniugano l’essere e l’apparire.
Tranchino avrร fatto i suoi “latinucci”, le sue prove, i suoi sperimentalismi; avrร cercato, rifiutato, scelto, ma รจ infine approdato a una pittura sua, originale, coerente, sicura. Unaโ rechercheโ siciliana. Una pittura europea. (L.Sciascia)
Ed ancora Franco Russoli, critico d’arte, nel 1964 scrisse che Tranchino non รจ un ennesimo caso di pittore naif ma un vero artista che entra nel panorama delle nuove ricerche di figurazione.
L’incontro con Gaetano Tranchino
Un artista a tutto tondo, un purista. Mi riceve nel suo studio: maglietta blu semplicissima, chioma bianca un poโ arruffata, colori, tele e pennelli disseminati qua e lร in un ordinatissimo disordine. Lรฌ si lavora, ogni giorno, ci si sporca le mani, ma solo quelle: l’anima resta candida come quella di un bimbo.
Trovo che Tranchino sia capace, come pochi oggigiorno, di trasportarci in luoghi dโincanto e meraviglia. Luoghi che ignorano il dio Crono e che vengono espressi come in un racconto non scritto, narrato, bensรฌ egregiamente dipinto. Scorrendo le opere presenti nei suoi cataloghi si susseguono scene legate le une alle altre in un ininterrotto filo dello sguardo. Uno sguardo il suo sempre pronto a catturare i sogni, perchรฉ i sogni non finiscono mai.
Incontrandolo di persona, avendolo ascoltato, scrutato, ho avuto la netta sensazione che quando lui entra nel suo studio (che pur avendo accesso direttamente dalla strada tiene chiuso) pare si voglia lasciare alle spalle lโordinarietร del quotidiano. Lui lรฌ con la sua arte, le sue tele, i suoi pennelli e il mondo fuori.
Nei suoi dipinti troviamo un mondo semplificato, dai colori accesi e decisi, nel quale ad esempio gli aerei e le macchine sembrano giocattoli. Non importa si riconosca il modello di automobile raffigurata ma รจ il concetto che conta, il mezzo che porta dove deve portare, sia esso di lusso o no.
Una certa leggerezza, se vogliamo, nel vedere la vita che non รจ superficialitร ma, come diceva Italo Calvino รจ planare sulle cose dallโalto. La realtร che si fonde egregiamente con la fiaba in una dimensione trasognata, in cui vengono sovvertite le regole dello spazio e del tempo. Memorie infantili, ironia a tratti malinconica, il tempo percepito da chi osserva come una sorta di personalissimo flusso di coscienza, misurabile in senso soggettivo. Potrebbe infatti espandersi e contrarsi in base alle esperienze individuali. Non sense, elementi incongrui tra loro nella tela, difficilmente coniugabili nella realtร , ma che lรฌ si fondono e convivono come lambiti da un incantesimo. Un mundus imaginalis in cui tutti vorremmo perderci.
Si ha come la sensazione che l’artista voglia abbandonare lโapparenza esterna o naturale che racchiude le realtร interiori o nascoste, come la mandorla รจ nascosta nel guscio. Il dove si trova al suo interno, un luogo al di fuori dello spazio, in un non luogo.
Questa รจ a mio avviso la ricerca dellโessenza di Tranchino, il saper togliere elementi superflui e donarci vibranti emozioni.
In dipinti come Quasi Niente (2004), ad esempio, troviamo un uomo che studia, riflette, che tenta di dare risposte.
Molto ricorrente nella sua produzione. Figure umane senza occhi-bocca-orecchie che non possono interagire col mondo. Una sintesi drammatica della difficoltร che spesso tutti noi proviamo nel comunicare col prossimo. Rimandi celati ad un passato intriso di una raffinata gentilezza che vorrebbe insegnarci qualcosa incurante del fatto che potrebbe non riuscirci.
Sul libro poiโฆanche il libro รจ una cosa, ma se lo apri e leggi diventa un mondo (L. Sciascia)
L’intervista a Gaetano Tranchino
Ultimamente alla mostra di Ferdinando Scianna a Milano, a Palazzo Reale, in una sezione dedicata a Leonardo Sciascia ho scorto tra i vari scatti alcuni con lei presente. Si percepivano una certa familiaritร e complicitร . Ma come nasce lโamicizia con Sciascia?
Siamo nella metร degli anni sessanta e lui era giร uno scrittore famoso, grazie a Il giorno della civetta, A ciascuno il suo ed altri, pubblicati tra il โ61 e il โ66. In casa avevamo tutte le prime edizioni dei suoi scritti. Peccato siano poi andate perdute.
Leonardo vide un giornale con la foto di un mio quadro riguardante una mostra che facevo in quel periodo e volle conoscermi. Un giorno infatti, tramite lo scrittore comune amico Natale Tedesco, vennero a trovarmi con Dominique Fernandez, uno scrittore francese che passava le estati nella sua villa a Pachino, e alcuni ragazzi della Rai.
Il mio primo studio era allโinterno della villa di mio nonno che era stata trasformata e ampliata per poterci vivere e lavorare. Lui non era uno che parlasse tanto, io nella mia emozione parlavo ancora meno, perรฒ la cosa bella era che non cโera bisogno di tante chiacchiere; si creรฒ da subito una certa intesa. Lo spessore di Leonardo, la qualitร della persona, la sensibilitร erano particolari. Andavo a trovarlo spesso a Palermo, oppure in campagna alla Noce, dove lui passava lโestate.
Il nostro รจ sempre stato un rapporto di stima reciproca, ma soprattutto per me era un riferimento. Eโ sempre stato unโindicazione in tante cose, intanto nella scelta delle letture, anche se lui non era il tipo che ti diceva โโleggi questo libroโโ. Le sue conversazioni, le sue disquisizioni, avevano sempre dei riferimenti che citavano un certo testo e a quel punto a me veniva poi naturale andarmelo a cercare. Quello รจ stato il modo in cui veramente io mi sono arricchito.
Cโรจ la famosa frase di Sciascia โโ io non leggo, rileggoโโ
Verissimo, e questo รจ stato un grande insegnamento perchรฉ devo dire che non per mera imitazione ma per constatazione di cosโรจ la lettura e la grandezza della letteratura, mi sono col tempo reso conto che รจ proprio la rilettura quella che ci dร la misura vera.
Eโ facile che un artista si ritrovi nella letteratura. Vive certe emozioni e vibrazioni continue che non riesce a chiarire nemmeno a se stesso. Solo con la ricostruzione di certe immagini si riconosce.
Da poco ad esempio ho finito di rileggere un testo che avevo letto dieci anni fa, ebbene lโho scoperto e rivalutato totalmente. Di certo in virtรน del fatto che in questi dieci anni io abbia aggiunto delle conoscenze e sensibilitร varie, tali da farmelo apprezzare ancor piรน di allora.
Quando nomina Leonardo Sciascia le brillano gli occhi, cosa ha amato di questโuomo?
Io mi ritengo un privilegiato. Aver conosciuto e frequentato per circa ventโanni una persona della levatura di Leonardo non puรฒ non esser stata una grande fortuna. Ritengo sia stato uno degli scrittori piรน grandi del โ900, e per molti di noi che ne abbiamo letto ogni rigo, una guida in mezzo a un labirinto, un diletto per la mente.
Comunque, potrร sembrare strano, ma lui cโรจ sempre, รจ come se fosse vivo perchรฉ รจ nei suoi scritti, soprattutto nei saggi. Io infatti, quando gli amici mi chiedono cosa leggere di Sciascia dico loro di soffermarsi a leggere e rileggere i saggi. Lui รจ piรน noto per i romanzi, ma Cruciverba, Nero su nero, La corda pazza, Fatti diversi di storia letteraria e civile, etc. sono lโesatta essenza di quello che lui realmente pensava e diceva nella vita di tutti i giorni; lรฌ cโรจ tutto il suo spessore intellettuale. Chi vuole conoscerlo a fondo, a mio modesto parere, deve quindi analizzare i suoi saggi.
Avendolo conosciuto bene, quando legge un suo libro sa cosa avrebbe detto e cosa avrebbe pensato in determinate situazioni. Sente echeggiare nella mente le diverse intonazioni della voce o ne immagina le espressioni del volto.
Sรฌ certo, ma non sempre, non per tutto, perchรฉ lui era capace di sorprendere sempre. Aveva la grande facoltร di intelligere, di leggere dentro lโapparenza delle righe del discorso che stava dietro, cosa stava nascondendo, e trovava la veritร quella vera, al di lร di quella apparente. Oggi, o forse รจ sempre stato cosรฌ, viviamo a contatto di veritร apparenti mentre la veritร vera ci spaventa e forse siamo noi i primi a far finta di non vederla.
Certo il dolore รจ nel non potere chiedergli piรน niente, non potere sentire una sua opinione sulle cose che sono venute dopo e che lui forse ha intuito prima. Manca tantissimo. Ma io lo tengo sempre vicino, ho sempre un suo libro sul comodino, praticamente come il breviario per il prete.
Mi accennava a questi incontri dโestate nella sua casa di campagna alla Noce, vicino Racalmuto: chi eravate di solito?
Allora, tengo a precisare che il gruppo era molto ristretto, in quanto lui amava circondarsi di amici sinceri e disinteressati coi quali disquisire, ovviamente, di libri. Quando cโero io di solito cโerano anche Gesualdo Bufalino e Ferdinando Scianna, tutti con le rispettive signore.
Oggi vedo in televisione gente che vanta grandi frequentazioni con Leonardo, ma non credo siano reali.
Si รจ sempre parlato delle sue doti culinarie, lui infatti diceva sorridendo โโnon faccio niente senza gioiaโโ. Ho letto che le pietanze che preparava spesso erano le uova con il pomodoro, il rognone al Cointreau e un sugo particolare allโaragosta. Di fondamentale importanza era non ritrovarsi in 13 a tavola. Ricorda un suo piatto in particolare?
Del tredici sรฌ, eccome. Ci raccontรฒ di un suo amico morto a Roma dopo aver cenato la sera prima in tredici. Noi infatti non superavamo mai la decina di persone. Una volta ci preparรฒ una pasta squisita al sugo di asparagi selvatici, raccolti da lui in campagna. Ricordo come fosse ieri che mia moglie gli chiese come avesse preparato quel sugo e lui, con il suo sorriso sornione le disse: โโlโho sorvegliatoโโ.
Cโรจ una sua frase che le รจ rimasta scolpita nella mente?
Un pomeriggio, eravamo seduti nel suo studio, a Palermo, lui al solito non รจ che parlasse tanto, fumava. Ad un certo punto, tra una lenta boccata e lโaltra, spezzรฒ il silenzio con un โโmah!โโ(lui era quello di grandi mah), โโpensa Gaetano: fra cinquantโanni sarร come se non fossimo mai esistiti!โโ
Io gli risposi che forse tutti noi correvamo il rischio della polverizzazione, ma non lui!
Di Bufalino invece che ricordo ha?
Di una persona deliziosa, estremamente colta e sensibile.
Grande amico di Leonardo, si confrontavano su mille argomenti, dalla politica ai temi esistenziali; ma i libri erano sempre al centro dei loro discorsi. So che ne parlavano anche in interminabili telefonate.
Credo avessero letto tutto, o ci mancava poco. Ed io non potevo non venir totalmente rapito da tanto sapere.
Apprendere della sua morte in un incidente stradale mi colpรฌ molto. Allo stesso tempo perรฒ, per la nettezza e la rapiditร del modo, mi son detto che รจ stato meglio cosรฌ rispetto ad altre morti lunghe e dolorose.
Lei รจ stato spesso definito naif, con riferimenti a Henri Rousseau, ma io vedo anche molto altro. Nei suoi quadri oltre a quel quid di fiabesco e onirico, si evince tanta riflessione dietro, una vera indagine introspettiva.
Sรฌ senzโaltro, ma vede, Rousseau รจ molto piรน interessante e profondo di come appare a prima lettura. Mi piace molto e magari cโรจ davvero una certa assonanza tra noi.
Io alle catalogazioni credo poco, la pittura รจ una cosa molto intima, difficile, molto egoistica, privata, personale, quindi alla fine ogni cosa che si fa รจ una sorta di autoritratto. Questo lo diceva anche Guttuso, โโanche se disegno una mela รจ un autoritratto, ci sono dietro io e la mia Siciliaโโ. La pittura รจ un mezzo molto strano e complesso. Amo follemente Francis Bacon, come anche Pollock, Hopper, Paolo Uccello, Botticelli, De Chirico, Rembrant, ma poi alla fine dipingo a modo mio. Ad ognuno il suo stile.
Cerca qualcosa in particolare nel dipingere?
Per me il mezzo di espressione รจ la pittura, alla fine quello che cerco รจ che sia identica a me stesso, valuto le scelte e le varie soluzioni affinchรฉ sia il piรน possibile simile a me stesso. Lungi da me lanciare messaggi o dare indicazioni. Cosa significa questo non lo so nemmeno io e non voglio saperlo. Devo essere soddisfatto io in primis.
Io credo che lโespressione piรน importante di quella che รจ la nostra cultura, le nostre idee, le possiamo ritrovare nella letteratura perchรฉ lรฌ lโidea viene messa perfettamente in chiaro, scritta nero su bianco.
Nella pittura invece cโรจ un accenno, cโรจ una indicazione, ma sempre molto vaga; cโรจ molto del non detto.
Incredibile come la sua curiositร e la voglia di sperimentare sempre cose nuove, per diletto appunto, lโabbiano portata a Parigi per imparare la tecnica dellโacquaforte, a Venezia per lavorare il vetro, per poi continuare con la pittura, lโincisione e persino la fotografia. Tutto come se fosse un gioco nuovo da imparare. Il pascoliano fanciullino รจ in lei anche oggi. Vero?
Sรฌ, verissimo, io spero sempre che da grande farรฒ qualcosa di buono!
Forse perchรฉ il mio รจ un lavoro che si fa con le mani e allora รจ estremamente gratificante, non so.
Il lavoro frutto delle proprie mani รจ per lโuomo una grande gratificazione. Adesso per esempio mi piace anche incidere, ultimamente sto realizzando delle xilografie, sul legno, ed รจ davvero entusiasmante.
In quel frangente le mani lavorano e la mente inventa dei mondi che cercano di passare attraverso le mani in una maniera assolutamente non programmata, e non cโรจ un meccanismo, uno schema, cโรจ un susseguirsi di sensazioni. Quelle piccole scelte che si fanno in corso dโopera (mai niente รจ casuale) sono volute, anche se apparentemente casuali vengono comunque vagliate. Alla fine tutto ha il suo piccolo significato.
Una cosa che mi manca รจ un corso di grafia giapponese, se trovassi dove farloโฆ
La nave sta a Tranchino come la ballerina sta a Degas o l’orologio molle a Dalรฌ…
Le sue opere sono immediatamente riconducibili allโautore, sia per la tecnica che per i colori, ma la nave, leit motiv nei suoi quadri, รจ davvero ciรฒ che piรน la rappresenta.
Come mai proprio la nave?
Innanzitutto perchรฉ amo molto il mare. Vivo in una cittร circondata dal mare e fino a qualche anno fa ho anche avuto una barca a vela. Uscire da solo e ascoltare il silenzio in mare aperto รจ meraviglioso.
Le navi invece hanno iniziato ad interessarmi negli anni โ70, le vedevo ormeggiate alla marina, enormi, gigantesche, e fantasticavo. Mi affascinavano. Non saprei neanche spiegare il perchรฉ di tanto interesse, รจ un mezzo che ti contiene, ti porta e ti riporta. Ma anche gli aerei, le automobili. Eโ sempre un viaggio, che sia di andata o di ritorno, di evasione o no, poco importa.
Riflettendo sullโamicizia tra lei, Bufalino, Scianna e Sciascia, verrebbe da pensare che tutti e quattro avete avuto una cosa in comune: raccontare storie. Chi con le parole, chi con le immagini, siano esse congelate da un obbiettivo fotografico o da pennelli, il fine ultimo era il medesimo. Cosa ne pensa?
Forse รจ davvero cosรฌ, nel senso che ho sempre pensato di voler fare letteratura con la mia pittura, raccontare storie. Progetto molto ambizioso, lo ammetto, ma molti mi dicono che ci riesco, io non lo so per certo. Comunque ci provo e mi diverto.
In un film ad esempio cerco sempre le scene con poco dialogo, mi piace che siano le immagini a parlare.
A degli studenti che studiano arte cosa consiglierebbe?
Gli direi una cosa soltanto: leggete e rileggete!
Tornando a Sciascia, e allโepitaffio che scelse per la sua tomba โโCe ne ricorderemo, di questo pianetaโโ. Disse di aver cosรฌ partecipato alla scommessa di Pascal, cioรจ che se Dio esiste, si ottiene la salvezza, se invece non esiste, si รจ vissuto un’esistenza lieta pur nella consapevolezza di finire in polvere.
E lei maestro, crede in Dio e in una vita oltre la vita?
No, io penso che quando si spengono le luci finisca tutto e Dioโฆ
Dio brilla per la sua assenza!
Questa rubrica darร occasione a quei siciliani che si muovono nellโambito culturale, vivendo nella loro terra o altrove, di raccontarsi e mostrare quella sfera privata fatta di incontri, ricordi, famiglia, letture, viaggi, riflessioni. Delle chiacchierate con scrittori, musicisti, giornalisti, pittori, fotografi, che hanno dato e hanno voglia di continuare a dare ancora tanto alla loro Sicilia, se pur tra mille ostacoliโฆ
E se Elio Vittorini in Conversazione in Sicilia con la sua โquiete della non speranzaโ scriveva:
โโEro in preda ad astratti furori. Ero come se non avessi mai saputo che cosa significa esser felici, come se non avessi nulla da dire, da affermare, negare, nulla di mio da mettere in gioco, e nulla da ascoltare, da dare …” a me piace ribaltare quella visione. Darรฒ a quei furori unโaccezione squisitamente positiva, tramutando quel concetto negativo in un acceso impalpabile fermento, intangibile ma vivissimo in molti di noi e intorno a noi.
La Sicilia รจ stata per molti secoli uno dei luoghi di nascita del pensiero, della scienza e dell’arte, in una parola: della cultura dell’occidente. Ma anche luogo di incontro e di scambio di questa cultura con quella di civiltร diverse. Alla corte del re Federico II di Svevia, a Palermo, si ebbe una fioritura culturale mai vista prima.
Lโelenco di coloro che dallโinizio del novecento in poi hanno portato la Sicilia nel mondo, da Pirandello a Guttuso, da Tomasi di Lampedusa a Zichichi, sarebbe lunghissimo e pleonastico.
Bertolt Brecht asseriva che Tutte le arti contribuiscono all’arte piรน grande di tutte: quella di vivere. Ed io aggiungerei e quella di raccontare ciรฒ che si รจ vissutoโฆ
Tiziana Blanco รจ nata a Siracusa nel 1968. Ha studiato fotografia allo IED di Roma e da un trentennio si occupa di fotografia a trecentosessanta gradi. Ha iniziato come fotoreporter per il Giornale di Sicilia, ha insegnato sei anni teoria e tecnica della fotografia all’Accademia di Belle Arti “M.Minniti” di Siracusa e realizzato delle mostre tra Ragusa, Siracusa, Venezia ed Emirati Arabi.
Una fotografa con la passione della scrittura e la letteratura noir d’oltralpe.
La curiositร รจ il focus del suo mondo, osservare quanto la circonda e raccontarlo con le immagini o con le parole, anzi le ‘conversazioni’.