Trovarsi per cinque minuti da soli con le Ninfee di Monet è un lusso mai concesso prima. In condizioni normali non sarebbe possibile vederlo in questo modo, ma con il Coronavirus inaspettatamente si è aperta per gli amanti di Monet un’occasione straordinaria. “È come averlo a casa – commenta il direttore di Palazzo Ducale di Genova Serena Bertolucci – è un rapporto con l’opera più impressionante. Noi crediamo che sia la strada riscoprire un’altra dimensione della cultura, perché affrontabile economicamente e che ci consente di mantenere i prezzi bassi”.
5 minuti “a tu per tu” con Monet
Con questa iniziativa Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, in collaborazione con il Comune di Genova, intende far diventare il distanziamento sociale l’occasione per un’esperienza estetica immersiva ed emozionante. Questa mostra è una sfida alla riscoperta della contemplazione, del contatto e della forza espressiva di un’opera.
In un tempo che ci costringe a costruire barriere per proteggerci, Palazzo Ducale invita ad un incontro diretto con un capolavoro, a metterci in ascolto di quanto l’arte, con grande capacità narrativa, riesce a dire di sé, ma anche di noi, per fare del distanziamento sociale messo in atto per proteggerci, un’autentica occasione di avvicinamento all’arte e all’esperienza estetica. Più di ogni altro è Claude Monet, che con la sua pittura fluida ed avvolgente, col suo narrare personale eppure universale, può permetterci di vincere questa sfida.
Come si svolge la visita
La visita alla mostra segue i protocolli di sicurezza anti Covid-19 che prevedono il rispetto della distanza interpersonale tra i visitatori. Il percorso espositivo inizia nel loggiato maggiore e prosegue all’interno dell’Appartamento del Doge. Nella grande sala espositiva è possibile ammirare le Ninfee in completa solitudine per cinque, magnifici, minuti.
All’interno della sala inoltre è possibile scegliere se ammirare l’opera in silenzio oppure accompagnati dalla musica di Arvo Pärt Spiegel im Spiegel. O, in alternativa, dalle parole che lo stesso Monet scrisse al critico François Thiébault-Sisson nel febbraio del 1918, lette da Luca Bizzarri.