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Artemisia Gentileschi e l’opera d’arte simbolo della rivincita femminile

Scopri "Giuditta decapita Oloferne", quadro in cui Artemisia Gentileschi ben rappresenta l'epoca in cui donne forti cercavano di sottrarsi all'ottuso dominio degli uomini.

Giuditta decapita Oloferne” รจ uno dei quadri di Artemisia Gentileschi , artista simbolo dell’emancipazione femminile nell’arte e nella societร  che nelle sue opere ha voluto sempre celebrare l’indipendenza e la forza delle donne in un’epoca (sia quella rappresentata nel quadro, sia quella in cui visse l’artista) dominata da uomini.

Nel dipinto oggi esposto al Museo degli Uffizi (1620 circa), Artemisia Gentileschi affronta il momento dellโ€™uccisione di Oloferne per mano di una determinata e vigorosa Giuditta che, con astuzia, riesce a farsi ricevere nell’accampamento di Oloferne, farlo ubriacare fino a tenerlo in sua completa balรฌa. Ma vediamo meglio di cosa si tratta.

Giuditta decapita Oloferne

Giuditta, una giovane ebrea di Betulia, commenta con queste parole il suo coraggioso gesto narrato nella Bibbia, che portรฒ alla liberazione di Israele dallโ€™assedio dellโ€™esercito di Nabucodonosor: “Dio lo ha colpito per mano di donna”. Giuditta si presentรฒ al campo del crudele Oloferne, comandante dell’esercito nemico, vestita con i suoi abiti migliori e fingendo di volersi alleare con lui. Oloferne, affascinato dalla bellezza di Giuditta, la invitรฒ a un sontuoso banchetto nella sua tenda. Dopo aver mangiato e bevuto, il generale assiro, ubriaco, si addormentรฒ nel suo letto, offrendo cosรฌ a Giuditta l’opportunitร  di prendere la sua scimitarra e infliggergli un colpo mortale.

Nell’imponente dipinto degli Uffizi (circa 1620), Artemisia Gentileschi raffigura il momento in cui Giuditta uccide Oloferne con determinazione e forza. L’effetto complessivo del quadro รจ impressionante e terrificante: il corpulento generale, ubriaco e sdraiato sul letto, viene afferrato per i capelli mentre la spada di Giuditta penetra nel suo collo. Artemisia non esita a mostrare dettagli cruenti come il sangue che schizza copiosamente fino a macchiare il petto della stessa Giuditta.

Artemisia Gentileschi e la sua Giuditta

Il dipinto fu completato a Roma, dove Artemisia era tornata dopo sette anni a Firenze. A Roma, potรฉ riprendere contatto con le opere di Caravaggio. La rappresentazione, con la sua cruda e naturalistica “virilitร ”, suscitรฒ reazioni severe quando fu inviata a Firenze, impedendo al dipinto di ottenere una collocazione di rilievo nella Galleria. La pittrice riuscรฌ a ottenere con grande difficoltร  il compenso precedentemente concordato dal Granduca Cosimo II de’ Medici, morto nel 1621 subito dopo il completamento della grande tela, grazie all’intervento dell’amico Galileo Galilei.

Il dipinto fu controverso per la sua rappresentazione realistica e cruda della violenza. La difficoltร  di ottenere il compenso e la mancanza di una collocazione di rilievo nella Galleria riflettono le difficoltร  che le artiste donne affrontavano in un mondo dominato dagli uomini, ma al contempo, pur vivendo in un’epoca cosรฌ proibitiva, riflettono una realtร  che pure esistette, ovvero quella in cui donne forti cercavano di sottrarsi all’ottuso dominio degli uomini.

Artemisia Gentileschi

Artemisia Gentileschi (Roma, 8 luglio 1593 โ€“ Napoli, 1653 circa) รจ stata una delle pittrici piรน notevoli e influenti del Barocco italiano. Nata in una famiglia di artisti, era la figlia di Orazio Gentileschi, un pittore affermato che la introdusse all’arte e le trasmise la tecnica della pittura.

Artemisia Gentileschi mostrรฒ presto un talento straordinario e iniziรฒ a lavorare nel laboratorio del padre, imparando i segreti della pittura a olio e della prospettiva. La sua formazione fu influenzata dall’incontro con Caravaggio e dallo studio del suo stile drammatico e realistico. A soli 17 anni, dipinse “Susanna e i vecchioni” (1610), un’opera che giร  mostrava la sua abilitร  nel rappresentare la figura umana e nel trasmettere emozioni intense.

Nel 1612, Artemisia fu vittima di uno scandalo quando fu violentata dal pittore Agostino Tassi, amico e collaboratore del padre. Nonostante la brutalitร  dell’esperienza e il processo pubblico che ne seguรฌ, durante il quale Artemisia fu sottoposta a torture per verificare la sua testimonianza, riuscรฌ a emergere come una figura resiliente e determinata.

Dopo il processo, Artemisia si trasferรฌ a Firenze, dove continuรฒ la sua carriera artistica e ottenne il supporto di importanti mecenati, tra cui Cosimo II de’ Medici. Fu la prima donna a essere ammessa all’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze. Durante questo periodo, realizzรฒ opere significative come “Giuditta che decapita Oloferne” (circa 1620), un potente quadro che riflette il suo vissuto personale e la sua capacitร  di esplorare temi di violenza e vendetta con profonditร  emotiva.

Artemisia Gentileschi tornata a Roma nel 1620, continuรฒ a dipingere opere commissionate e a mantenere contatti con figure influenti come Galileo Galilei. Successivamente, si trasferรฌ a Napoli, dove la sua carriera prosperรฒ ulteriormente e divenne una delle pittrici piรน richieste. In questo periodo realizzรฒ molte delle sue opere piรน celebri, continuando a esplorare temi mitologici e biblici con uno sguardo unico e una tecnica impeccabile.

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