La questione della lingua italiana relativa all’uso di riciclo e reciclo, così come quella tra riciclare e reciclare, è un esempio significativo di come la lingua italiana evolva, si adatti e si confronti con le proprie origini etimologiche e con le influenze esterne. Partendo dall’analisi storica dei termini e dalla loro diffusione nell’uso comune e normativo, emerge una vicenda linguistica complessa ma istruttiva, che coinvolge fattori etimologici, normativi e socioculturali.
La lingua italiana e le forme “riciclo” e “reciclo”
Il verbo riciclare, secondo il GRADIT e altre fonti lessicografiche come il Devoto-Oli e il DELI, risale alla seconda metà del Novecento, con le prime attestazioni collocate intorno al 1959. Il termine nasce per indicare l’azione di reinserire nel ciclo produttivo materiali di scarto o di recuperare materie prime non utilizzate, evitando sprechi e riducendo l’impatto ambientale. Col passare del tempo, dagli anni Settanta in poi, il verbo ha esteso il suo significato, includendo la depurazione di aria e acqua e la riqualificazione professionale di personale tecnico, fino ad acquisire un ruolo centrale nel lessico della sostenibilità ambientale contemporanea.
Parallelamente, negli ultimi decenni si è registrata nella lingua italiana una certa oscillazione nell’uso della variante reciclare, affiancata da reciclaggio e reciclato. Questa presenza non è priva di fondamento. Infatti, l’etimologia di riciclare rimanda direttamente al francese recycler, dove il prefisso iterativo re- si associa a cycle ‘ciclo’. Nella nostra lingua convivono due prefissi iterativi: ri- e re-, entrambi produttivi, anche se con distribuzioni preferenziali differenti. Re- è più tipico in parole di registro dotto o di formazione più antica e davanti a parole che cominciano con vocale (reimmergere, reincarnare), mentre ri- è più frequente nell’italiano contemporaneo e nella formazione di neologismi e composti verbali di uso comune.
Il fatto che reciclare e derivati trovino comunque spazio, sebbene minoritario, nella stampa, su Google e persino nella “Repubblica” fin dagli anni Ottanta, è spiegabile non solo per via dell’etimologia francese, ma anche per l’influenza dell’inglese to recycle, che ha certamente contribuito a rendere percepibile e accettabile la forma con re- a livello internazionale. Tuttavia, i dizionari italiani più aggiornati privilegiano sistematicamente la forma con ri-, relegando le varianti con re- a occorrenze sporadiche o errate.
Un ulteriore elemento di interesse riguarda la distinzione tra riciclo e riciclaggio, entrambi derivati di riciclare. Riciclo è attestato fin dagli inizi del Novecento, ancor prima della diffusione del verbo riciclare, e nasce come derivato di ciclo, con il prefisso iterativo ri-, indicando ‘ritorno ciclico, ripetizione periodica di fatti’. Solo dagli anni Cinquanta, riciclo assume il significato tecnico di ‘operazione di riciclare materiali o sostanze’.
A livello di significato, riciclo e riciclaggio risultano oggi in parte sinonimi, ma con sfumature rilevanti: riciclo designa principalmente l’operazione tecnica del riutilizzare materiali di scarto, mentre riciclaggio possiede un’estensione semantica più ampia. Infatti, oltre a indicare il recupero di materiali e la depurazione di aria e acqua, riciclaggio ha assunto il significato giuridico di ‘reato consistente nell’impiego di beni o denaro di provenienza illecita in attività apparentemente legali’. È interessante notare come questa accezione derivi proprio per estensione dal significato originario di ‘nuovo impiego’ o ‘riutilizzo’ e sia entrata ufficialmente nel codice penale italiano nel 1990.
I testi normativi italiani riflettono queste dinamiche linguistiche: riciclo appare per la prima volta nel 1961 in ambito tecnico-industriale e si diffonde stabilmente dagli anni Ottanta, mentre riciclaggio compare nel 1978 e acquisisce rilevanza normativa a partire dagli anni Ottanta, fino a essere impiegato sistematicamente per designare sia il riutilizzo di materiali, sia, più tardi, il reato di riciclaggio di denaro sporco.
In conclusione un riciclaggio di parole
Oggi entrambe le parole sono usate nelle norme italiane vigenti, ma riciclaggio prevale numericamente, attestandosi su 337 atti legislativi contro i 142 di riciclo. Questa preferenza normativa è dovuta anche alla maggiore polivalenza del termine riciclaggio, capace di coprire più ambiti semantici e giuridici.
In definitiva, sebbene la variante reciclare sia etimologicamente giustificata e sporadicamente documentata, l’italiano contemporaneo, sia normativo che d’uso comune, predilige stabilmente riciclare e i suoi derivati con ri-. La lingua italiana ha dunque compiuto una scelta di stabilizzazione fonetica e morfologica, adeguandosi alla consuetudine lessicale e alla necessità di coerenza nel sistema verbale iterativo. Un esempio eloquente di come le lingue, anche sotto la spinta di influenze esterne e derivazioni etimologiche, tendano infine a trovare un equilibrio funzionale ed economico. Per saperne di più rimandiamo all’ottimo articolo di Miriam Di Carlo redatto per l’Accademia della Crusca, sull’argomento: Oggi riciclo o reciclo?