La primavera prende forma attraverso i quadri di parole degli haiku giapponesi. Immagini in versi che lasciano senza fiato, per la capacità di far percepire, di far respirare l’aria primaverile e di tuffare il lettore in un paesaggio che svela il risveglio della natura e della vita.
Abbiamo voluto creare un’antologia di alcuni degli haiku dedicati alla primavera dei più grandi maestri giapponesi dei poemi in 17 sillabe. Autori del calibro di Matsuo Bashō, il primo grande Maestro, Kobayashi Issa, fino a Masaoka Shiki, ci condividono una lunga e preziosa tradizione che celebra la semplicità e la bellezza del vivere e dell’essere.
Leggiamo questi brevi ma meravigliosi haiku giapponesi, per coglierne l’assoluta poesia e apprezzarne la musicalità.
Gli haiku dedicati alla primavera dei grandi maestri giapponesi
1.
A ogni porta, a ogni angolo
segnati dal fango attaccato ai geta,
là è primavera
Kobayashi Issa (1763-1827)
2.
Più numerose le primavere,
più i lunghi dì
recano lacrime e lamenti
Kobayashi Issa
3.
Mi recherà qui una pesca
il fluire del ruscello?
Brume di primavera
Kobayashi Issa
4.
Pioggerella primaverile
lecca, un topolino,
il fiume Sumida
Kobayashi Issa
5.
Una giornata di primavera
Dolce far niente
degli abitanti,
nel piccolo villaggio
Masaoka Shiki (1867 – 1902)
6.
È primavera!
Sottili veli di nebbia
celano anche la montagna senza nome
Matsuo Bashō (1644 – 1694)
7.
Profumo di fiori di pruno:
sorge improvviso il sole
sul sentiero di montagna
Matsuo Bashō
8.
Nella pioggerella primaverile
di certo, è uscito
lo spiritello della pietra
Murakami Kijō (1865 – 1938)
9.
Poter rinascere!
Piccolo…
Pari a violetta!
Natsume Sōseki (1867-1916)
10.
Per chi se ne va,
per chi rimane…
ecco, le oche selvatiche!
Natsume Sōseki
11.
Un canto d’uccello
s’innalza svanisce
silenzio
Takahama Kyôshi (1874-1959)
12.
Il sole all’occaso
se ne sarà andato a rigonfiare
le acque di primavera?
Takai Kitō (1741 – 1707)
13.
Alba novella
Sull’apice delle verdi foglie d’orzo,
brina di primavera
Uejima Onitsura (1661-1738)
14.
Un bel dì di primavera
In giardino, alcuni passeri
s’immergono nella sabbia
Uejima Onitsura
15.
Lago e fiume
divengono una sola cosa
nella pioggia di primavera
Yosa Buson (1715-1783)
16.
Primavera
indugia ancora
negli ultimi fior di ciliegio
Yosa Buson
17.
Camminando
rimugino sulle cose –
e la primavera?
Yosa Buson
18.
Mare di primavera,
sale… scende…
per tutto il giorno
Yosa Buson
19.
Primavera
nella mia capanna
non c’è nulla e c’è tutto
Yamaguchi Sodō (1642-1716)
20.
Sembrava un petalo caduto
tornato sul ramo:
una farfalla
Arakida Moritake (1473-1549)
L’origine degli Haiku giapponesi
Gli haiku nascono in Giappone nel XVI secolo, come apertura di una forma poetica collettiva chiamata haikai no renga. Un poema formato da 36, 50 o 100 versi, composto a più mani da poeti riuniti in ambienti tradizionali giapponesi.
Le stanze, coperte di tatami e delimitate da porte scorrevoli in legno, erano spoglie di mobili come le intendiamo in Occidente: spazi vuoti, silenziosi, perfetti per l’ascolto e la contemplazione.
Il poeta «maestro» apriva la composizione con un hokku, una strofa breve in tre versi da 5, 7 e 5 sillabe. Questo primo verso, pur essendo parte di una catena, aveva un’importanza autonoma, e spesso stabiliva il tema dell’intera poesia.
Dopo l’hokku, altri poeti si alternavano con versi da 7-7 sillabe, componendo insieme una sorta di mosaico poetico. I componimenti, inizialmente anonimi, venivano letti ad alta voce e poi commentati.
Il primo grande maestro degli Haiku
Fu Matsuo Bashō (1644–1694) a trasformare l’hokku in un’opera d’arte indipendente, capace di contenere in poche parole sentimenti profondi e visioni essenziali del mondo. Poeta, viaggiatore e contemplativo, Bashō rese l’haiku, come sarà poi chiamato, un linguaggio per cogliere l’invisibile nell’infinitamente piccolo.
Haiku o Hokku
Il termine haiku si afferma solo nel XIX secolo grazie al poeta Masaoka Shiki, che distinguerà l’hokku come genere a sé stante e lo rinominerà formalmente.
Per essere autentico, un haiku deve contenere un kigo, ovvero una parola stagionale che leghi il verso alla natura e al tempo ciclico. Rispettare la forma di 17 sillabe, suddivise in 5-7-5.
L’importanza della stagione
Il kigo è molto più di un riferimento naturalistico: è un ponte con la realtà vissuta. Ciliegi in fiore, neve sui rami, il canto del cuculo, il suono delle cicale, ecc. Ogni elemento stagionale parla di tempo, memoria, emozione. Persino cibi, feste, odori e danze possono essere kigo, se evocano una stagione con precisione sensoriale.
Haijin il poeta degli haiku
Chi scrive haiku non è un poeta come gli altri. È un haijin, un osservatore del mondo che cerca l’essenziale. Che si ferma. Che guarda un fiore e lo lascia parlare.