I versi di Wislawa Szymborska ci ricordano la bellezza della vita

29 Gennaio 2025

Leggiamo questi versi in cui la poetessa Wislawa Szymborska ci ricorda di non sprecare l'irripetibile occasione dell'essere vivi su questa terra.

I versi di Wislawa Szymborska ci ricordano la bellezza della vita

Wislawa Szymborska (2 luglio 1923 – 1 febbraio 2012), Premio Nobel per la Letteratura nel 1996, ha una capacità straordinaria di trasformare la quotidianità in un campo di riflessione filosofica ed esistenziale. Nei versi tratti dalla poesia “Disattenzione” emerge la tematica dell’inerzia intellettuale e del rischio di perdere il senso del meraviglioso.

Ieri mi sono comportata male nel cosmo.
Ho passato tutto il giorno senza fare domande,
senza stupirmi di niente.
Ho svolto attività quotidiane,
come se ciò fosse tutto il dovuto.

Wislawa Szymborska e l’irripetibile fortuna di essere vivi

Questa poesia affronta, con il tono leggermente ironico e profondamente riflessivo tipico dell’autrice, un aspetto essenziale della vita umana: la necessità di meravigliarsi e interrogarsi sul mondo. L’atto di “comportarsi male nel cosmo” non si riferisce a una colpa in senso morale, ma piuttosto alla trascuratezza con cui a volte affrontiamo la realtà, vivendo come automi immersi nella routine senza lasciarci toccare dalla bellezza e dalla complessità dell’universo.

Nel primo verso, la poetessa introduce un’idea potente: l’idea di una colpa cosmica. Ma qual è questa colpa? Non aver fatto domande, non essersi stupiti. Il pensiero corre immediatamente alla curiosità, all’infanzia, quando tutto ci appare nuovo e meritevole di indagine. Crescendo, invece, spesso si perde questa capacità di guardare con stupore ciò che ci circonda, relegando la nostra attenzione esclusivamente al pratico e all’utile. Szymborska ci invita a non considerare la realtà come scontata, ma a percepirla con lo sguardo attento di chi è disposto a scoprire sempre qualcosa di nuovo.

Nei versi successivi, l’autrice sottolinea il comportamento meccanico e ripetitivo della vita quotidiana: “Ho svolto attività quotidiane, / come se ciò fosse tutto il dovuto”. La routine viene presentata come un qualcosa che ci imprigiona, impedendoci di essere presenti a noi stessi e alla realtà. Il problema non è nelle azioni di per sé, ma nell’assenza di coscienza con cui le svolgiamo. Mangiare, lavorare, interagire con gli altri sono attività fondamentali, ma se vissute in maniera automatica diventano un segnale di disattenzione verso la vita.

Questa visione rievoca pensatori del passato come Socrate, che considerava il porsi domande come la base della conoscenza, o filosofi moderni come Heidegger, che sottolineava il rischio dell’esistenza inautentica, vissuta senza consapevolezza. Anche Pascal, con il suo concetto di divertissement, individuava nel riempire le giornate di azioni ripetitive e automatiche il modo in cui l’uomo sfuggiva alla vera riflessione sulla propria condizione. Szymborska sembra riprendere queste tematiche in chiave poetica, rendendole accessibili e immediate attraverso la semplicità delle sue parole.

La responsabilità dell’individuo nel cosmo

L’uso della parola “cosmo” nel primo verso allarga il discorso a una prospettiva più ampia. Non si tratta solo di un discorso individuale, ma di una condizione universale. La poesia ci invita a considerare la nostra esistenza non come un elemento isolato, ma in relazione all’universo, ai suoi misteri e alla sua bellezza. Ogni giorno che passiamo senza riflettere è un’occasione mancata, un piccolo “torto” che facciamo all’ordine delle cose.

La riflessione di Szymborska è una potente esortazione a riappropriarci del senso del meraviglioso e a vivere con maggiore consapevolezza. La sua critica alla disattenzione non è accusatoria, ma un invito affettuoso a svegliarsi dal torpore della routine e a riscoprire la curiosità. La sua poesia ci ricorda che ogni giorno è un’opportunità per osservare il mondo con occhi nuovi, porci domande e, soprattutto, stupirci di tutto ciò che ci circonda. Una sfida semplice ma profonda: non dare mai nulla per scontato.

Ecco qua di seguito l’intera poesia, per poterla apprezzare in tutta la sua mirabile grazia:

DISATTENZIONE
Ieri mi sono comportata male nel cosmo.
Ho passato tutto il giorno senza fare domande,
senza stupirmi di niente.
Ho svolto attività quotidiane,
come se ciò fosse tutto il dovuto.

Inspirazione, espirazione, un passo dopo l’altro,
incombenze,
ma senza un pensiero che andasse più in là
dell’uscire di casa e del tornarmene a casa.
Il mondo avrebbe potuto essere preso per un mondo folle,
e io l’ho preso solo per uso ordinario.

Nessun come e perché –
e da dove è saltato fuori uno così –
e a che gli servono tanti dettagli in movimento.
Ero come un chiodo piantato troppo in superficie nel muro
oppure
(e qui un paragone che mi è mancato).
Uno dopo l’altro avvenivano cambiamenti
perfino nell’ambito ristretto d’un batter d’occhio.

Su un tavolo più giovane, da una mano d’un giorno
più giovane,
il pane di ieri era tagliato diversamente.
Le nuvole erano come non mai e la pioggia era
come non mai,
poiché dopotutto cadeva con gocce diverse.
La Terra girava intorno al proprio asse,

ma già in uno spazio lasciato per sempre.
È durato 24 ore buone.
1440 minuti di occasioni.
86.400 secondi in visione.
Il savoir-vivre cosmico,
benché taccia sul nostro conto,
tuttavia esige qualcosa da noi:
un po’ di attenzione, qualche frase di Pascal
e una partecipazione stupita a questo gioco
con regole ignote.

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