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Margaret Bourke-White, la mostra sulla prima donna fotografa per il settimanale Life

Da non perdere a Torino, presso CAMERA - Centro italiano per la fotografia, la mostra dedicata a Margaret Bourke-White, la prima fotografa della leggendaria rivista LIFE.

Dal 14 giugno 2024 al 6 ottobre 2024, da non perdere la mostra a Torino dedicata a una delle più importanti fotografe del Novecento: Margaret Bourke-White, prima fotografa della leggendaria rivista LIFE.

La mostra

Dopo il successo della mostra “Robert Capa e Gerda Taro: la fotografia, l’amore, la guerra” (46.000 visitatori), le sale di CAMERA – Centro italiano per la fotografia di Torino ospiteranno circa 150 fotografie in una mostra curata da Monica Poggi che racconterà il lavoro e la vita straordinaria di una delle protagoniste della fotografia del XX secolo, e l’importanza dei suoi scatti, come gli iconici ritratti a Stalin e a Gandhi, i famosi reportage sull’industria americana, i servizi realizzati durante la Seconda guerra mondiale in Unione Sovietica, Nord Africa, Italia e Germania, dove documenta l’entrata delle truppe statunitensi a Berlino e gli orrori dei campi di concentramento.

Accanto a questo importante progetto espositivo, nella Project Room, fino al 21 luglio, il Centro ospiterà anche Il giorno dopo la notte, mostra personale di Paolo Novelli, a cura del direttore artistico Walter Guadagnini, che riunisce due cicli di lavoro realizzati fra 2011 e 2018, centrali nell’evoluzione del suo linguaggio.

Chi era Margaret Bourke-White

Margaret Bourke White nacque il 14 giugno 1904 a New York, nel sobborgo del Bronx. “Bourke” è il cognome di sua madre che aggiunse nel 1927.

Si iscrisse alla Columbia University nel 1921 per studiare biologia, ma rimase affascinata dalla fotografia mentre frequentava un corso alla stessa università. Con la morte del padre nel 1922, si trasferì all’Università del Michigan servendosi della fotografia per contribuire ai suoi studi. In quell’occasione incontrò Everett Chapman giovane studente di ingegneria elettrica con il quale si sposò.  Divorziarono due anni più tardi.

Si iscrisse poi alla Cornell University e si laureò nel 1927 con un Bachelor in Biologia. Dopo la laurea, Margarite tornò in Ohio per vivere con sua madre e intraprese la carriera di fotografa free lance.

Tra i suoi clienti la Otis Steel Company. Le sue fotografie degli altiforni, incluse le astrazioni geometriche che le permettono le architetture industriali, ne fanno una delle fotografe più apprezzate e tra i primi fotografi a dare rilievo artistico alla fotografia industriale.

Nel 1929 arriva la svolta professionale quando le fotografie industriali di Margaret Bourke White richiamano l’attenzione di Henry Luce, caporedattore di Time, che la invita a trasferirsi a New York per collaborare alla fondazione di una nuova rivista illustrata, Fortune.

La fotogiornalista inizia a viaggiare in Germania nel 1930 e fotografa la Krupp Iron Works per Fortune. Nel 1930 è la prima tra i fotografi occidentali a recarsi in URSS, realizzando reportage sull’industria sovietica.

Henry Luce assunse Margaret nel 1936 per un’altra nuova rivista: Life. La prima copertina della rivista riportava la diga di Fort Peck, simbolo del New Deal di Roosevelt. Sempre per Life è inviata in Europa per documentare l’avanzata del nazismo e la guerra incombente.

L’esperienza vissuta in URSS la porta a maturare la volontà professionale di diventare reporter di guerra sulla prima linea del fronte. Mai nessuna donna, prima di lei, era stata accreditata dall’esercito americano sui teatri di guerra.

Per lei viene realizzata un’uniforme che ha sulle mostrine la sigla WC: War Correspondant ovvero corrispondente di guerra,

Il suo obiettivo fotografico si posa sui campi di battaglia, gli ospedali da campo, i bombardamenti. Fotografa il nord Africa, la lenta risalita dell’Italia diventata un fronte secondario dopo lo sbarco in Normandia. Immortala i volti e i corpi dei sopravvissuti, oltre il filo spinato, dei forni crematori, i lager.

Nel 1947 è in Pakistan e in India dove intervista e fotografa il Mahatma Ghandi solo poche ore prima che venga ucciso. Nel 1950 è in Sud Africa dove descrive l’apartheid e scende più di 2000 metri sottoterra per ritrarre il lavoro dei minatori d’oro.

Nel 1952 è in Corea dove immortala quello che ritiene essere il suo scatto preferito, ovvero il ritorno a casa di un dissidente sud coreano al quale la madre corre incontro per abbracciarlo. Morirà il 27 agosto 1971.

ph. Antonio Jordan

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