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Salvatore Giannella, giornalista ”L’arte in Italia ha bisogno di protezione, divulgazione e valorizzazione”

Pasquale Rotondi nel corso della Seconda guerra mondiale riuscì a salvare 6509 capolavori italiani tra cui La tempesta del Giorgione. Rodolfo Siviero preveniva le mosse dei nazisti. Palma Bucarelli viaggiava in camion di notte...

In Italia, dopo la guerra, non sono mai tornati 1.653 pezzi d’arte sottratti dai nazisti fra i quali 800 dipinti, decine di sculture, arazzi, tappeti, mobili, strumenti musicali, tra cui violini Stradivari, e centinaia di manoscritti. C’è chi, però, ha dato la vita per salvare il nostro patrimonio artistico, i celebri ‘Monuments men’. Il giornalista Salvatore Giannella, ci racconta chi sono nel suo libro ”Operazione Salvataggio”

MILANO – Pasquale Rotondi nel corso della Seconda guerra mondiale riuscì a salvare 6509 capolavori italiani tra cui La tempesta del Giorgione. Rodolfo Siviero preveniva le mosse dei nazisti. Palma Bucarelli viaggiava in camion di notte per mettere al sicuro molte opere del nostro patrimonio artistico. Sono gli Schindler dell’arte italiani dei quali racconta le eroiche imprese, insieme a quelle di eroi del mondo, il giornalista Salvatore Giannella nel libro Operazione salvataggio.

OPERAZIONE SALVATAGGIO – Un’altra guerra, quella di eroi sconosciuti che rischiando la vita hanno salvato migliaia di opere d’arte. Le loro storie incredibili, che riguardano la Seconda guerra mondiale, la guerra civile spagnola ma anche conflitti più recenti, dall’ex Iugoslavia all’Afghanistan, sono ricostruite da Giannella in un affresco emozionante e inatteso. Eroi sconosciuti – italiani, svizzeri, inglesi, spagnoli, tedeschi – che con pochi mezzi e spesso in condizioni disperate sono riusciti a salvare un patrimonio che altrimenti non avremmo mai più rivisto (ancora oggi 1653 pezzi sottratti all’Italia dai nazisti si trovano all’estero).

SALVATORE GIANNELLA – E’ stato direttore de L’Europeo, di Genius e di Airone. Ha curato le pagine di cultura e scienze del settimanale Oggi e ha una rubrica su Sette e Corriete.it. Nel 2008 ha pubblicato con Chiarelettere “Voglia di cambiare”, sulle eccellenze in Europa, di cui si occupa anche il suo blog “Giannella Channel”.

“Fare la guerra in Italia è come combattere in un maledetto museo d’arte”. Lo diceva il generale Mark Wayne Clark, comandante delle forze alleate nel nostro paese. Non tutti sanno, infatti, che la Seconda Guerra Mondiale ha apportato numerosissimi danni al nostro patrimonio artistico. Qual è la situazione oggi?

Oggi la guerra per l’arte continua ed è una guerra spesso combattuta nel silenzio, interrotto solo di tanto in tanto da notizie che lasciano ben sperare. Come il ritrovamento, nel giugno del 2007, in una cassaforte della Zürcher Kantonalbank di Zurigo, di parte della collezione del gerarca nazista Göring, 15 dipinti fra cui opere di Dürer, Kokoschka, Monet, Renoir, Sisley. A depositarli era stato nel 1978 Bruno Lohse, un esperto d’arte che aveva fatto da consulente a Göring e ad altri gerarchi all’epoca della «grande razzia». Nel novembre del 2013 è arrivata la notizia di un nuovo ritrovamento. In un appartamento di Monaco di Baviera è stato scovato un tesoro di 1500 opere d’arte, per un valore stimato di oltre un miliardo di euro, che erano state confiscate dai nazisti durante il Terzo Reich e che si credevano ormai perdute. Fra i dipinti riportati alla luce, capolavori di Chagall, Klee e Matisse accatastati in un ripostiglio, tra cassette di frutta e barattoli di fagioli, della polverosa casa dell’ormai ottantenne Cornelius Gurlitt (l’uomo del tesoro di Hitler è morto due mesi fa, il 6 maggio 2014), figlio dello storico mercante d’arte Hildebrand Gurlitt.Nonostante i fortunati ritrovamenti di Zurigo e Monaco, e i tanti sforzi eroici di antichi e moderni Monuments men – da quelli delle forze alleate angloamericane, ai salvatori dell’arte italiani, fino agli eroi più recenti –, sono però ancora tante le opere d’arte «prigioniere di guerra» che mancano all’appello. Restando solo ai beni trafugati in Italia durante il fascismo e la Seconda guerra mondiale, l’elenco è lunghissimo. Non sono mai tornati almeno 1.653 pezzi: 800 dipinti, decine di sculture, arazzi, tappeti, mobili, strumenti musicali, tra cui violini Stradivari, e centinaia di manoscritti. Le opere trafugate si trovano ancora in Germania e Austria e, in parte, nella ex Unione Sovietica, dove furono portate dall’Armata rossa dopo il crollo del Terzo Reich e l’invasione dei suoi ex territori. Tra queste, capolavori di Michelangelo (tra i quali la sua Testa di fauno, scultura simbolo delle opere scomparse), del Perugino, di Marco Ricci, di Tiziano e Raffaello, Canaletto e Stradivari, oltre a sculture greche e romane e a tavole di primitivi di ottima fattura.

Spesso i monumenti e le opere d’arte non sono trattate con il dovuto rispetto. Il suo libro riporta in auge l’importanza di salvaguardare il nostro patrimonio artistico, unico al mondo. Anche il cinema, quest’anno, ha proposto il film Monuments Men per trattare l’argomento. E’ sufficiente? Quali sono secondo lei i metodi migliori per proporre l’arte?

Un patrimonio da prima potenza culturale del pianeta dovrebbe avere un’attenzione speciale affinché gli italiani siano all’altezza educativa del compito assegnato loro dalla Storia. E invece abbiamo sentito in un recente passato alcuni ministri,  i quali indicano che “di cultura non si mangia” e altri che aboliscono l’insegnamento della storia dell’arte in molte scuole, inclusi gli istituti turistici. Ci vorrebbero decine di altri film come Monuments men e molti buoni maestri per colmare il divario educativo che c’è tra il nostro patrimonio e la nostra gestione e valorizzazione dei beni culturali. Alle due figlie del salvatore dell’arte per eccellenza durante la Seconda guerra mondiale, Pasquale Rotondi, nel novembre del 2005, il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha consegnato una medaglia d’oro al merito culturale in memoria del loro grande padre, accompagnandola con queste parole preziose attuali: «Investire nella cultura, credere nella cultura, è una necessità per noi italiani. Se funzionano i nostri musei, se funziona il nostro cinema, il nostro teatro, la nostra musica, allora funziona meglio tutta la società italiana, e con essa l’economia».

I salvatori dell’arte italiana. Chi sono? E perché di loro si è sempre parlato poco?

Sono tanti e io li nomino nel mio libro, da Pasquale Rotondi a Emilio Lavagnino, da Rodolfo Siviero e Palma Bucarelli e così via. Il miglior encomio che si potrebbe rivolgere loro è quello riassunto nelle parole scritte da Charles Rufus Morey, addetto culturale dell’ambasciata degli Stati Uniti a Roma, il 24 agosto 1946: «Con il Rinascimento italiano ebbe inizio l’evo moderno. Il vocabolario dello stile ideale nell’arte moderna fu inventato ed elaborato dai pittori, scultori e architetti del Quattrocento e Cinquecento italiano. La documentazione di questo grandioso contributo alla cultura moderna esiste ancora nelle chiese e nei palazzi, nei musei e nelle gallerie italiane. E se esiste, rovinata dalla guerra ma non distrutta, si deve in gran parte all’abnegazione del personale addetto ai musei, che nascose in luogo sicuro i suoi tesori, e alle misure protettive eccezionalmente abili prese dalla direzione generale delle Antichità e Belle arti per proteggere quei monumenti che non potevano essere rimossi». Un’ideale medaglia al valore culturale appuntata sul petto di chi ha servito la cultura, invece che servirsene.

Il suo libro ‘Operazione Salvataggio’, prende il nome proprio dalla storia di uno di questi salvatori d’arte. Qual è stato il percorso fatto per ricostruire la storia?

Il percorso di un cronista curioso. Un giorno di settembre di fine anni Novanta capitai in una magnifica fortezza a forma di tartaruga in compagnia del poeta e sceneggiatore Tonino Guerra, che aveva scelto di trascorrere in quella zona del Montefeltro, tra Pesaro e Urbino, l’ultima fase della sua vita. Dopo aver esplorato i vari meandri della rocca, arrivammo in una stanza che s’affaccia sul cortile, dove notai in un angolo, per terra, un tassello di legno avvolto da una ragnatela. Ripulito il tassello, vidi spuntare una scritta tutta incisa in maiuscolo: IN QUESTE STANZE, DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE, EBBERO RICOVERO E SALVEZZA QUASI DIECIMILA OPERE D’ARTE PROVENIENTI DA TUTTA ITALIA. Quel giorno, uscendo dalla Rocca di Sassocorvaro, decisi di voler approfondire l’Operazione Salvataggio e ricostruirla proprio a partire dalla figura e dall’operato di colui che la coordinò. La guida mi indicò il nome di Pasquale Rotondi. Quanti oggi si incantano davanti alla Tempesta del Giorgione o al Tesoro di San Marco, o ai dipinti di Tiziano e Tintoretto, Piero della Francesca, Raffaello e tanti altri geni dell’arte, sappiano che devono principalmente a lui questo privilegio. Fu Rotondi, nel corso della Seconda guerra mondiale, a salvare ben 6.509 capolavori italiani dalla barbarie del conflitto e dalle mire di Hitler, che non vedeva l’ora di raccogliere il prezioso patrimonio nel Führermuseum, un ideale museo universale con sede a Linz, città austriaca prossima al suo paese natale.

La storia ci insegna che bisogna proteggere ciò che è più prezioso nel nostro paese. In questo caso l’arte. Facendo un salto nel futuro, come vede l’Italia artistica?

Segnata da più protezione (da parte delle autorità pubbliche), più divulgazione (da parte di scuole e giornali), più valorizzazione (con il contributo dei privati, e in questo saluto come positivo l’Art Bonus varato dal ministro Dario Franceschini che permette vantaggi fiscali per i mecenati, privati e aziende).

10 luglio 2014

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