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La lettera di un giovane studente ebreo deportato ad Auschwitz

MILANO – Questa รจ una lettera che il giovane ebreo italiano Guido Bergamasco, 21, scrisse, con la speranza che un giorno arrivasse al fratello dal campo di concentramento diย Auschwitz nel quale era rinchiuso. La lettera, tratta da Bookblog, รจ una cruda testimonianza della realtร  dei campi di concentramento. Una testimonianza unica che si trasforma in uno sguardo sulla vita, sempre che si possa chiamare tale, vissuta nei campi di lavoro e di sterminio. Visita la sezione aforismi del nostro sito completamente dedicata alla Giornata della Memoria.

 

“Caro fratello, quanto vorrei spedirti questa lettera, ma purtroppo non mi รจ possibile. Posso solo scriverti, sperando che un giorno, in qualche modo, questo pezzo di carta straccia arrivi in mano tua e tu possa sapere che io sto bene.ย Quando arrivi qui, come prima cosa, ti spogliano. Ti portano via i vestiti, lโ€™orologio, i documenti, le foto. Poi ti rasano i capelli, a zero. Li ammassano in grandi mucchi, cosรฌ fanno anche per le scarpe, i giocattoli dei bambini.ย Ti privano di ogni cosa, ogni oggetto, seppur di poco valore, che abbia impresso qualcosa di quello che sei tu, o della persona che eri prima di entrare qui. Lo fanno perchรฉ chi รจ deportato in un campo di concentramento non puรฒ avere ricordi, anche il ricordo dei familiari viene schiacciato dallโ€™esigenza di sopravvivere.ย Poi consegnano ad ognuno una specie di pigiama, una tuta a righe bianche e blu, che diventerร  il tuo unico abito, e infine ti assegnano un numero. 16924, questo รจ il mio. Sembra impossibile quanta gente sia rinchiusa qua dentro.

Ci tengono stipati in molti nelle nostre celle, prigionieri. Usciamo solo per lavorare, lavoriamo fino a quando le gambe ci cedono e le braccia non si sollevano piรน. Stiamo in fila per delle ore solo per ricevere un poโ€™ di brodo insipido con del pane vecchio ammollato, solo questo, una volta al giorno.ย Questo รจ il posto in cui quando conosci una persona non sai se il giorno dopo la rivedrai.ย Fiamme escono dai forni crematori. Fumo giorno e notte. Lโ€™odore รจ terribile, insopportabile. Le file di uomini che vi si dirigono interminabili.ย Bambini, giovani, anziani, tutti vanno a morire nello stesso posto, nello stesso modo. Milioni di storie di persone diverse diventano cenere, insieme ai loro corpi.

Ieri camminavo per strada, stavamo andando a lavorare e cโ€™era un vecchio che spazzava il cortile. Un ragazzo del mio gruppo gli rivolse un saluto chiaramente nostalgico con gli occhi pieni dโ€™amore, โ€œdoveva essere suo padreโ€, pensai. Il giorno dopo non cโ€™era piรน, il ragazzo mi spiegรฒ in lacrime che non aveva messo lโ€™immondizia nel punto esatto ordinatogli da una SS. Per questo era stato massacrato, pestato a sangue, ucciso.ย Ora io mi chiedo: รจ questa umanitร ? รˆ per questo che Dio ci ha messi al mondo? Per uccidere? Sterminare le genti che secondo alcuni sono diverse o considerate un โ€œpeso socialeโ€? No.ย O per lo meno voglio sperare che non sia cosรฌ, fratello mio. Se questo รจ il vero disegno che Dio ha per noi, desidero morire subito, piuttosto che vivere in un mondo disumano.ย Sono ormai 4 mesi e 13 giorni che mi trovo ad Auschwitz, e sono vivo. Forse รจ solo fortuna oppure qualcuno lassรน crede che io sia destinato a sopravvivere e a raccontare questo ai miei figli.

Qui, dove mi trovo, allโ€™entrata cโ€™รจ una scritta: โ€œArbeit macht freiโ€ che in tedesco vuol dire โ€œil lavoro rende liberiโ€. Eโ€™ la prima cosa che ho visto quando sono entrato qui e non mi rimane che aggrapparmi a questo, sperare di guadagnarmi la libertร , in qualche modo, lavorando sodo. A volte preferisco pensare che le persone che sono andate a morire รจ perchรฉ non si sono impegnate abbastanza, non hanno lavorato al massimo delle loro capacitร . A volte raccontarsi delle piccole bugie aiuta ad andare avanti.
Non voglio lasciare che le fiamme brucino anche la mia Fede, voglio credere, e sperare, perchรฉ รจ tutto quello che mi rimane.

Spero che dovunque ti trovi, tu stia bene.
Ci rivedremo presto, ne sono sicuro.
Ti voglio bene.”

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