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La lettera di Francis Scott Fitzgerald a sua figlia

MILANO –  Francis Scott Fitzgerald, autore del celebre “Il Grande Gatsby” intrattenne una fitta corrispondenza con la figlia adolescente. Le sue lettere sono l’occasione per darle consigli sulle letture e sulla scuola e per parlare di argomenti di vita quotidiana. Una lettera profondamente attuale e che può essere presa come punto di riferimento per tutti i genitori che vogliono invogliare i propri figli a conoscere il mondo e a farsi conoscere. Di seguito, una delle lettere inviata dall’autore alla figlia tratta da “Lettere d’autore“.

 

Carissima Scottie,

Mi spiace che tu abbia la depressione di febbraio. Certi insegnanti mi hanno detto che nelle piccole scuole temono febbraio come un periodo orribile. Capisco per la festa studentesca. Sarà questione di pagare il prezzo della tua popolarità. La maggioranza dei ragazzi pensa che una ragazza in vista sia stata sicuramente invitata e hanno timore di provarci. A quest’ora o ci sarai andata o no e non ci starai più perdendo il sonno. L’«Alumni Weekly» fornisce un’eco degli editoriali di Prin­ceton. Ciò mi interessa molto.

Con la mia carriera in ribasso ho esitato a scriverti, perché chi perlomeno prima sosteneva il peso finanziario non lo fa più, meno ancora conserva una qualsiasi traccia d’autorità. Però c’è un paio di cose che mi sono diventate chiare dopo un po’, cioè che la ragione per cui non sei entrata nella redazione della «Miscellany» è che ti sei comportata un po’ tipo Walker School nella faccenda. «Non sapevo abbastanza di politica» ecc. Quel che significa in effetti è che a Vassar sei in mezzo a un movimento studentesco in preponderanza comunista senza reagire in alcun modo. Nei prossimi anni questo movimento avrà alti e bassi. Puoi diventarne parte o lasciarlo a cuocere in un canto, ma non l’hai mai nemmeno preso in considerazione al di là del lavoro di studio, se non per dire, forse, che tuo padre è abbastanza a sinistra. Sarebbe sciocco inimicarsi quelle ragazze. Per quanto sventate e fanatiche possano sembrare ora, alcune di loro diverranno forze importanti nel futuro di quella sezione. Devi avere un po’ di cortesia nei confronti delle idee. Non puoi né ignorare né dubitare né soffocare la realtà che nel mondo c’è un movimento organizzato davanti al quale tu e io in quanto individui siamo men che polvere. Se un giorno ti capita di sentirti coraggiosa e ardita e di non essere stata invitata a qualche particolare festa di college, leggi in Das Kapital il capitolo terribile sulla «Giornata lavorativa», e vedrai se sarai mai più del tutto la stessa. Non voglio che tu perda mai la tua gaiezza, né la tua serietà.

Conosci qualche avvocato? Domanda a qualcuno al prossimo incontro Yale-Harvard-Princeton chi a Harvard ha proseguito con studi di legge. Poi chiedi a uno studente di giurisprudenza chi è in lizza per la direzione della «Harvard Law Review». Perché non frequentare gli avvocati? Ma perdio frequenta la gente, frequenta le comuniste a Vassar e perlomeno sii abbastanza politica da essere assolutamente stupida in politica e se […] la loro parte.

P.S. Non sottolineerò mai abbastanza tutto questo poiché ti muo­vi in mondi così diversi, perciò a rischio di annoiarti ti prego ancora una volta di considerare la politica come fosse una religione, qualcosa che puoi discutere liberamente solo fra quelli che hanno la tua stessa posizione generale. Con gli altri ti troverai coinvolta in discussioni intollerabili, ci sono amicizie fatte e disfatte per questioni politiche, uno stato di cose che è probabile diventi più comune di mese in mese. È tutto scottante e le pinze lunghe del tatto possono essere molto utili.

Scott 

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