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La lettera di André Gide a Marcel Proust

MILANO – A vent’anni Marcel Proust era entrato nel mondo dell’aristocrazia, pur non essendo nobile; corteggiava duchesse e famose cortigiane, che accettavano con simpatia i fiori e le conversazioni con il giovane studente di filosofia. Il mondo della volubile aristocrazia francese non era il suo, ma ai nobili piaceva il talento letterario di Marcel, il suo brio, la sua grazia. I suoi primi racconti furono notati e così le sue poesie, anche se a lungo gli scrittori francesi non considerarono Marcel uno di loro. Persino André Gide, che divenne, negli anni ’10, amico di Marcel, rifiutò per conto di una nota casa editrice francese il primo volume di Alla ricerca del tempo perduto, poi si pentì e scrisse all’amico un’ammirevole  lettera di scuse. Ecco la lettera completa recuperata da marcelproust.it

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Mio caro Proust,

da qualche giorno non lascio più il vostro libro; me ne sazio con diletto, mi ci sprofondo. Ahimè! perchè deve essermi così doloroso amarlo tanto?…

…Aver rifiutato questo libro rimarrà il più grave errore della N.R.F. – e (poichè ho la vergogna di esserne in gran parte responsabile) uno dei rimpianti, dei rimorsi cocenti della mia vita. Con ogni probabilità credo si debba vedere in ciò un destino implacabile, poichè è una spiegazione davvero insufficiente del mio errore dire che mi ero fatta un’immagine di voi dopo pochi incontri “in società” che risalgono a circa vent’anni fa. Per me, voi rimanevate colui che frequenta assiduamente le signore X… e Z… colui che scrive su “Le Figaro”… Vi credevo – devo confessarvelo? – “dalla parte dei Verdurin”.

Uno snob, un mondano dilettante, quanto di più modesto potesse esserci per la nostra rivista. E il gesto, che comprendo così bene oggi, di aiutarci a pubblicare questo libro, che avrei trovato affascinante se me lo fossi chiarito bene, non ha fatto, ahimé! che radicarmi in quell’errore.

Non avevo a disposizione che uno solo dei quaderni del vostro libro, che aprii con mano distratta, e la sfortuna volle che la mia attenzione cadesse subito nella tazza di camomilla di pag.62, poi inciampasse a pag.64, nella frase (la sola del libro che non so proprio spiegarmi – fino ad ora, perchè non aspetto per scrivervi di averne ultimato la lettura) in cui si parla di una fronte da cui traspaiono le vertebre.

E ora non mi basta amare questo libro, sento di provare per il libro e per voi una sorta di affetto, di ammirazione, di predilezione singolari.

Non posso continuare…Ho troppi rimpianti, troppi dolori – e soprattutto se penso che il mio assurdo rifiuto ha avuto conseguenze per voi , che vi avrà fatto soffrire, e che oggi io merito di esser giudicato da voi, ingiustamente, come io vi avevo giudicato. Non me lo perdonerò mai, – ed è soltanto per alleviare un poco il mio dolore che mi confesso a voi questa mattina – supplicandovi di essere più indulgente con me di quanto non lo sia io stesso.”

 

André Gide

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