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Il labirinto più grande al mondo è in Italia e si ispira a Borges

Tra i parchi più belli d'Italia, siamo entrati nel labirinto più grande del mondo con il suo ideatore Franco Maria Ricci, che ci ha raccontato la storia e le curiosità legate al "Labirinto della Masone"

Il più grande labirinto esistente si chiama Labirinto della Masone. Si trova a Fontanellato, nel cuore della campagna parmense, ed è composto interamente di piante di bambù. Nato dall’incontro fra l’editore e collezionista d’arte Franco Maria Ricci e lo scrittore argentino Jorge Luis Borges, il labirinto della Masone è un dedalo affascinante, in cui perdersi, per fantasticare e riflettere.

Il labirinto è un percorso dell’anima, un perdersi per ritrovarsi. Oggi l’idea di smarrirci genera timore e angoscia. Il percorso all’interno del mio labirinto dovrebbe invece servire a ritrovare la serenità, il silenzio, se stessi

Franco Maria Ricci

Sospeso fra arte, libri, piatti stellati e musica, il Labirinto si estende per oltre otto ettari terreno e ospita al suo interno un ristorante stellato, a cura dello Chef Massimo Spigaroli, e una ricchissima biblioteca dedicata ai più illustri esempi di tipografia e grafica.

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L’intervista al creatore del Labirinto della Masone

Ma a condurci nel dedalo più grande del mondo è la voce di Franco Maria Ricci, il Minosse che ha ideato questo luogo affascinante, incantando migliaia di visitatori da tutto il mondo.

Come è avvenuto il suo primo incontro con il labirinto?

Sono approdato al Labirinto seguendo un cammino – come i labirinti – imprevedibile e tortuoso, dettato dalle circostanze, da certi incontri, da certe fantasticherie. Due esperienze, una nell’infanzia e una nella giovinezza, hanno segnato i miei primi incontri con i labirinti. Quando ero un bambino, di tanto in tanto zingari e zingare dalle lunghe gonne colorate arrivavano a Parma con i loro baracconi (li chiamavano così) e installavano un labirinto di specchi contrapposti, che mi colmava di meraviglia.

E, crescendo, come esso tornava nella sua immaginazione?

Al secondo anno di università, mentre frequentavo la Facoltà di Geologia, nei weekend e nelle vacanze estive mi avventuravo nelle buie viscere della terra, scoprendo labirinti sotterranei. Quando fui cresciuto un po’, i labirinti uscirono dalla mia vita. Se a un certo punto, molto tempo più tardi, quei percorsi laboriosi riemersero come da una sorta di oblio e cominciarono ad attirare la mia attenzione fu, prima per la lettura, poi per l’incontro e l’amicizia con Borges.

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Il labirinto è una struttura, solitamente di vaste dimensioni, costruita in modo tale che risulti difficile per chi vi entra trovare l’uscita. Simbolo indiscusso della mitologia greca, in epoca moderna si è ripreso il simbolo del labirinto con nuovo interesse…

Come l’incontro con Borges ha cambiato la sua vita?

A più riprese Borges fu mio ospite a Fontanellato e a Milano. Gli dissi, uno di quei giorni, che mi sarebbe piaciuto, prima o poi, costruire un labirinto; aggiunsi, peccando un po’ di superbia, che sarebbe stato il più grande del mondo. Borges obiettò che il più grande labirinto del mondo esisteva già, ed era il deserto. Una cosa mi sembrava sin da allora certa: non avrei mai potuto costruire uno di quei labirinti infiniti, o pressoché infiniti, che Borges aveva descritto in certi racconti di Finzioni o de L’Aleph.

Al centro del suo labirinto, c’è una cucina, ma ci sono anche i libri, la musica e l’arte. Sono passati grandi scrittori e artisti. Chi sogna di ospitare al centro del suo parco?

Mi sarebbe piaciuto, da sempre, ospitare al mio labirinto un caro amico, con il quale tante volte abbiamo parlato di labirinti e che oggi non c’è più; non ha fatto in tempo, quindi, a vedere il mio labirinto terminato. Si tratta di Umberto Eco, con il quale ho condiviso alcuni bei progetti del passato. Entrambi siamo sempre stati affascinati dalla Storia e dai Simboli, così nel 2020, che sarà per Parma l’anno di Capitale della Cultura, vorrei dedicare molte attività, alla sua persona, ai suoi “labirinti”, al suo talento.

Perché ha scelto di utilizzare la pianta di bambù nella costruzione del parco?

In Italia il bambù è poco conosciuto e poco usato ed è un peccato perché si tratta di una pianta fantastica, che non ha malattie, non si spoglia d’inverno, purifica l’aria dall’anidride carbonica e non provoca disastri in caso di tifoni o trombe d’aria; per di più, la sua eleganza non è meno classica e impeccabile di quella dei caratteri di Bodoni.

Tra i vantaggi ce n’era uno legato alla mia età: il bambù ha una crescita velocissima, mentre quella del bosso, la pianta tradizionale dei labirinti, è piuttosto lenta. Col bambù potevo nutrire la ragionevole speranza di vedere le piante del mio labirinto raggiungere l’altezza giusta.

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