Vendemmia, storia di ieri, turismo di oggi: 3 cose da sapere (e da fare)

11 Settembre 2025

Settembre è da sempre il mese della vendemmia. Molto più di un lavoro delle varie cantine sparse da nord a sud in tutta Italia, un vero e proprio rito, sociale, religioso. E che oggi (in maniera anche furba per attirare nuovi clienti...) diverse case vinicole offrono a chi avesse voglia

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Settembre è da sempre il mese della vendemmia. Molto più di un lavoro delle varie cantine sparse da nord a sud in tutta Italia, un vero e proprio rito, sociale, religioso. E che oggi (in maniera anche furba per attirare nuovi clienti…) diverse case vinicole offrono a chi avesse voglia di mettersi i guanti, impugnare la forbice, alzarsi presto la mattina e soprattutto lavorare passando da un filare all’altro.

Vendemmia: storia, tradizione, turismo. 3 cose da sapere

STORIA DELLA VENDEMMIA:

Se pensate che la vendemmia sia cosa antica, beh dovete portare l’orologio del tempo indietro ed ancora più indietro. I primi testi che raccontano di questa attività risalgono al 10.000 a.C., all’epoca delle popolazioni che vivevano nella Persia o Mesopotamia o quello che fosse allora, dove si trovava la mitologica “Mezzaluna Fertile”. Il testo già allora racconta di una vera e propria festa popolare, ma anche religiosa. Insomma, la vendemmia era una Festa con cui si ringraziavano le divinità per il frutto messo a disposizione della popolazione.

Questo concetto di “ringraziamento” agli dei dalla Mesopotamia si è poi spostato in maniera molto simile, all’antica Grecia e all’antica Roma. Nell’attuale capitale d’Italia diversi secoli prima di Cristo si era soliti festeggiare il 19 agosto la “Vinalia Rustica”, una sorta di Festa del Vino da svolgersi quando nelle colline attorno alla città si cominciava la raccolta del vino. Una vera e propria festa popolare intitolata a Giove dove la gente raccoglieva i vari grappoli utilizzando un arnese simile ad un coltello (non ad una forbice) e poi depositava il raccolto in quella che veniva chiamata “lacustre Vinaria” dove avveniva la pigiatura, rigorosamente con i piedi.

A trasformare tutto questo in una festa del popolo il fatto che il lavoro era considerato tanto importante e prioritario che tutte le altre attività venivano fermate e sospese: tutti nella vigna, quindi, e così dopo il lavoro si mangiava, beveva, si faceva festa.

Ed anche la fine della vendemmia diventava giorno ed occasione di festa popolare. Solitamente era l’11 ottobre, giorno in cui si celebrava la Meditrinalia giorno in cui il mosto del vino nuovo veniva mischiato con quello vecchio per impedire che si rovinasse e si dovesse buttare via.

Da non dimenticare l’ultima festa dedicata al ciclo vitale del vino, la Vinalia Priora, il 23 aprile, quando per la prima volta si poteva servire il vino nuovo rimasto ad invecchiare e maturare.

RITI E TURISMO

Con il passare degli anni il progresso tecnologico ha radicalmente cambiato l’attività della vendemmia al punto che oggi esistono macchine in grado di attraversare i filari e staccare i grappoli risparmiando tempo (ma perdendo in qualità). Quella che non è mai cambiata secolo dopo secolo è quel concetto di festa popolare che l’accompagna.

Ma se fino a qualche anno fa queste feste erano come delle sagre paesane, per pochi intimi, cantine e comuni hanno capito che tutto questo poteva tramutarsi in un evento, in un’attrazione turistica.

E così a settembre ogni fine settimane state certi che, dal Trentino alla Sicilia, troverete ovunque ci sia una vigna, una festa, che spesso comincia il venerdì per finire la domenica. Non solo.

Il turismo enogastronico è diventato parte integrante dell’attività di diverse case vinicole che nei loro terreni hanno costruito resort o alberghi dove ospitare turisti per un viaggio all’insegna della cultura popolare e dell’ambiente. Addirittura, come anticipato, diverse cantine danno anche la possibilità di lavorare (ma non aspettatevi la paga… piuttosto uno sconto sul soggiorno). Ma non si tratta solo di lavoro.

Vendemmiare significa conoscere il territorio, a partire dalla terra stessa, la sua composizione, i minerali, l’esposizione al sole, il vento, tutti fattori che influenzano il vino. Si impara anche a conoscere la storia di borghi e popolazioni: l’arte, la musica popolare, la cucina. Insomma, si può riscoprire quella ricchezza territoriale troppo spesso nascosta.

In più non può mancare la visita alla cantina, per vedere da vicino come un grappolo d’uva diventa di fatto un nettare unico e meraviglioso

Sta quindi a voi la scelta: volete passare dei giorni immersi nelle colline del Monferrato? Oppure preferite girare tra i saliscendi della Valdobbiadene, la culla del Prosecco? Oppure preferito l’ìmperdibile e forse unico paesaggio della Toscana, tra Chianti, colline senesi ed altro? Per non parlare poi della Valle del Vino in Alto Adige, a due passi dalle Dolomiti…

Insomma. Oggi come oggi Vendemmia è sinonimo di “esperienza” tutta da vivere e anche da gustare

VENDEMMIA E LETTERATURA

La vendemmia è stata oggetto di analisi ed attenzione anche da parte di grandi scrittori, primo tra tutti Giovanni Pascoli che nel suo libro-raccolta di poesie “I Nuovi Poemetti” ha dedicato una delle sue poesie proprio a questa.

“La vendemmia”, infatti è un poema la cui prima parte (la seconda è dedicata alle mamme che vedono i loro bambini crescere e diventare grandi) parla proprio di questa fase dell’anno e della vita popolare, della bellezza che ruota attorno alla raccolta dell’uva.

C’è poi “Bacco in collina” di Giovanni Comisso che parla però non solo della vendemmia ma anche dei troppo spesso dimenticati viticoltori. Oppure “Vinnigna d’ammiri” del palermitano Salvatore Bommarito che, nel dialetto locale, racconta la malinconia delle madri di quella terra, in autunno.

 

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