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Quando neppure la danza può salvarti. L’ennesimo caso di femminicidio

Ceren è il simbolo di quello che oggi le donne vogliono essere. Libere di danzare, libere di muoversi nel mondo, senza paura

Si chiamava Ceren Ozmedir, la ragazza turca uccisa a coltellate martedì davanti casa sua a Ordu, una provincia del Mar Nero Centrale. La sorella l’ha trovata morente in una pozza di sangue, dopo che la ragazza aveva suonato il campanello di casa. Non si tratta soltanto di omicidio, siamo di fronte all’ennesimo caso di femminicidio. Sono 390 le donne uccise in Turchia per mano di uomini nel 2019. Un dato drammatico che supera persino i numeri dell’anno precedente, quando i femminicidi erano stati 337 nell’arco di un anno (nel 2018 in Italia se ne registrarono 133, vedi i dati).

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Quando neppure la danza può salvarti

Ma c’è qualcosa che nella storia di Ceren ci ha colpito profondamente. Ceren era una ballerina. Frequentava il terzo anno del dipartimento di arte, musica e spettacolo. I suoi pomeriggi li trascorreva fra i libri e le sale di danza. Noi ce la immaginiamo con le sue scarpette di danza. Ce la immaginiamo danzare libera trasportata soltanto dalla musica, dai muscoli torniti con il duro lavoro, dalla passione e da quel senso di libertà che l’arte è in grado di farti provare. Ceren è il simbolo di quello che oggi le donne vogliono essere. Libere di danzare, libere di muoversi nel mondo senza dover chiedere il permesso, senza doversi guardare le spalle in continuazione. E noi Ceren la vogliamo ricordare proprio così, mentre balla e sprigiona tutta la sua libertà. 

I dati del femminicidio in Turchia

Le donne uccise nel 2017 erano state 347 nel 2016 e 293 nel 2015. La piattaforma contro la violenza sulle donne richiede tutele più efficaci per tutelare le donne già vittima di minaccia, stalking, violenza domestica e maltrattamenti da parte di mariti, ex mariti, fidanzati ed ex fidanzati, segnali spesso sottovalutati. 

 
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