Premio Nobel per la Pace 2025, lo vince María Corina Machado

10 Ottobre 2025

È stato annunciato a Oslo il Premio Nobel per la Pace 2025. Diretta mondiale, 338 candidature e una scelta inaspettata: María Corina Machado.

Premio Nobel per la Pace 2025, lo vince María Corina Machado

Dopo il Premio Nobel per la Letteratura, è stato annunciato a Oslo il Premio Nobel per la Pace 2025: María Corina Machado “per il suo instancabile lavoro nella promozione dei diritti democratici per il popolo venezuelano e per la sua lotta per raggiungere una transizione giusta e pacifica dalla dittatura alla democrazia”. L’evento pubblico è stato trasmesso in diretta sui canali ufficiali del Nobel, come da prassi, dalla sede del Norwegian Nobel Institute; tuttavia, al di là del nome proclamato, è bene ricordare che la scelta arriva al termine di un iter che combina trasparenza e segretezza (le riunioni del Comitato sono pubbliche solo nell’esito, mentre nomi dei candidati, proponenti e valutazioni restano coperti per 50 anni).

Quest’anno le candidature registrate sono state 338: 244 individui e 94 organizzazioni

Il premio si è mosso su un crinale delicato: premiare risultati già misurabili o processi in corso? Nelle settimane precedenti all’annuncio, tra i nomi più citati dagli osservatori figuravano la rete civile Emergency Response Rooms in Sudan, alcune agenzie e corti internazionali (da UNICEF/UNHCR alla Corte penale internazionale o alla Corte internazionale di giustizia), e le organizzazioni che difendono la libertà di stampa (dal Committee to Protect Journalists a Reporters Without Borders).

A tenere banco è stata anche la campagna pubblica legata a Donald Trump, ritenuta tuttavia improbabile dagli analisti per coerenza con i criteri del premio. La decisione del Comitato, come sempre, prende posizione: definisce una gerarchia di urgenze globali e invia un segnale politico — che si tratti di tutela dei civili, infrastrutture umanitarie, diritti delle donne, ambiente o libertà d’informazione.

L’annuncio di oggi, perciò, non è solo una medaglia: è un messaggio sul tipo di pace che il mondo è disposto a costruire adesso; perciò non stupisce tanto l’elezione di María Corina Machado, quanto il nome improvviso…

Chi è María Corina Machado?

Nata a Caracas il 7 ottobre 1967, María Corina Machado è una figura centrale dell’opposizione venezuelana, ingegnere industriale e leader politica. È fondatrice del partito Vente Venezuela e coautrice dell’organizzazione civile Súmate , impegnata in monitoraggio elettorale e tutela dei diritti civili.

Tra il 2011 e il 2014 è stata deputata all’Assemblea nazionale del Venezuela, dove si è distinta per le sue posizioni critiche contro l’autoritarismo e per le denunce di abusi istituzionali.

Nel 2023, durante le primarie dell’opposizione, ha ottenuto una vittoria schiacciante con oltre il 90 % dei voti, ma è stata dichiarata ineleggibile per quindici anni dal controllo statale, che le ha tolto la possibilità di candidarsi formalmente.

Negli ultimi anni, Machado ha ricevuto riconoscimenti internazionali per il coraggio: il Premio Václav Havel per i diritti umani del Consiglio d’Europa e il Premio Sakharov 2024 , condiviso con Edmundo González Urrutia, in riconoscimento al suo ruolo nella lotta per la libertà e la democrazia in Venezuela.

Recentemente le è stato assegnato anche il Ivan Allen Jr. Prize per il coraggio sociale nel 2025, in riconoscimento della sua determinazione nel difendere valori democratici in condizioni di pericolo personale.

Il suo tipo di attivismo

Machado, leader di Vente Venezuela, è da tempo la figura più carismatica e controversa dell’opposizione al regime chavista. La sua vicenda personale — squalificata, minacciata, arrestata e poi rilasciata dopo giorni di detenzione nel 2024 — è diventata emblema della fragilità istituzionale del Venezuela. La sua voce, amplificata dalle organizzazioni internazionali, è ormai un simbolo della lotta contro la corruzione e la manipolazione del voto, ma anche un nodo divisivo: la sua linea liberista e la retorica anti-madurista hanno suscitato entusiasmi e sospetti, a seconda di chi osserva.

Premiarla significa assumersi un rischio diplomatico preciso. Da un lato, riconoscere la centralità della libertà politica come condizione di pace: nessuna stabilità può esistere senza pluralismo e garanzie civili. Dall’altro, esporsi all’accusa di interferenza occidentale in una regione già segnata da diffidenze storiche verso l’Europa e gli Stati Uniti. Per molti governi del Sud globale, la scelta di Oslo sarà letta come un messaggio diretto a Caracas — e indirettamente a Mosca, L’Avana e Teheran, gli alleati più stretti del governo Maduro.

C’è anche un’altra lettura possibile: il Nobel alla Machado non è solo un premio alla dissidenza, ma una critica al silenzio. Il silenzio della comunità internazionale davanti alle carceri venezuelane, ai processi sommari, alla diaspora di milioni di persone costrette a lasciare il Paese. In questo senso, la sua vittoria non chiude un capitolo: lo riapre. Resta da capire quanto un riconoscimento possa cambiare una realtà politica dove la repressione è quotidiana. Il Nobel non offre protezione, ma visibilità — e la visibilità, per un regime autoritario, è la forma più sottile di minaccia. Machado lo sa bene: ogni parola, da oggi, peserà più di prima.

La scelta di Oslo: il Premio Nobel pre la Pace

Con l’assegnazione del Premio Nobel per la Pace 2025 a María Corina Machado, il Comitato norvegese ha scelto una direzione esplicitamente politica. È un riconoscimento che non premia un processo compiuto, ma un atto di resistenza civile ancora in corso: la battaglia di una donna che da oltre vent’anni sfida il potere in un Paese dove l’opposizione è sistematicamente perseguitata, i media sono sotto controllo e le elezioni non garantiscono alternanza.

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