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Perché non si parla di maschicidio, ma solo di femminicidio

Perché si usa sempre e solo la parola "femminicidio"? Il contributo della pedagogista e insegnante Antonia Ragone

Il 25 novembre ricorre la Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne istituita nel 1999 dall’Assemblea Generale dell’ONU. La violenza maschile sulle donne è caratterizzata dalla volontà di controllo e sopraffazione dell’uomo sulla donna che si esprime attraverso pressioni psicologiche, azioni fisiche e sessuali, coercizioni economiche. Si tratta di una serie di condotte che comportano nel breve e nel lungo tempo un danno sia di natura fisica sia di tipo psicologico ed esistenziale. La violenza non può essere associata a particolari condizioni sociali, economiche, razziali e religiose. Si tratta di un fenomeno trasversale a tutta la società e a tutte le nazionalità.

 

Perché proprio il 25 novembre?

La scelta per questa ricorrenza è ricaduta sul 25 novembre per rendere onore alle sorelle Mirabal, originarie della Repubblica Dominicana dove era instaurata una delle più feroci dittature dell’America Latina si distinsero per la lotta attiva pagando il loro coraggio con la vita. Furono violentate e assassinate in quello stesso giorno. Uno dei colori che caratterizza questa giornata è l’arancione considerato il colore della violenza sulle donne, del quale si tingono i capi di vestiario in questa giornata così importante. Un  altro colore non ufficiale, ma diventato emblematico della lotta al femminicidio, soprattutto in Italia, è il rosso che con le sfumature dell’amore e del sangue, coglie al meglio il significato di questa ricorrenza. Non a caso, il simbolo della giornata internazionale contro la violenza sulle donne sono delle scarpe rosse abbandonate, spesso riunite a centinaia: un’icona forte, che lascia trasparire la forza della violenza quando colpisce. Rossa è anche la vernice con cui in molte zone d’Italia si sceglie di dedicare una panchina nei parchi per ricordare tutte le donne vittima di violenza.

Sempre più quotidianamente, la cronaca nera, porta alla ribalta episodi di violenza e ferocia inaudita contro le donne, aggressioni con armi, con acido  che spesso sfociano in tragedia. Un termine purtroppo divenuto frequente è quello di femminicidio ovvero  l’omicidio volontario a volte premeditato di una donna per motivi legati al suo genere.

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E il maschicidio? 

Non perché l’omicidio di un uomo per motivi di possesso, gelosia sia meno importante, ma perché non ci sono numeri statistici tali da poter parlare di un fenomeno esteso come quello del femminicidio. Inoltre,  ci si  riferisce al motivo per cui una donna viene uccisa, ovvero la non accettazione da parte del marito, fidanzato, ex, fratello, padre (o persone vicine alla vittima) della libertà della donna, della sua decisione di rendersi indipendente o lasciare il partner. Spesso le mura domestiche o i contesti familiari sono gli scenari di queste tragedie. La prima volta in cui venne utilizzato il termine  femminicidio fu il 1801 in un libro satirico pubblicato in Inghilterra per indicare genericamente “l’uccisione di una donna come la condotta di un uomo che induce una donna a perdere la propria illibatezza“.  

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Isaac Asimov dicevaLa violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci, e non esiste alcuna spiegazione plausibile né morale né tanto meno culturale perché gli usi e costumi, la religione, le tradizioni o il cosiddetto “onore” non possano essere addotti come scusa per giustificare tali atti. La violenza non è solo quella fisica, di percosse, calci, pugni ma siamo dinnanzi a varie tipologie di violenza:

  • Violenza psicologica con atteggiamenti comportamenti azioni intenzionali che mirano a compromettere seriamente l’integrità psicologica di una persona con la coercizione, insulti, svalutazione o le minacce;
  • Atti persecutori (Stalking) comportamento intenzionalmente e ripetutamente minaccioso nei confronti di un’altra persona, portandola a temere per la propria incolumità;
  • Molestie sessuali o qualsiasi forma di comportamento indesiderato, verbale, non verbale o fisico, di natura sessuale, con lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una persona;
  • Violenza sessuale;
  • Matrimonio forzato ;
  • Mutilazioni genitali femminili ( l’escissione, l’infibulazione );
  • Aborto forzato e sterilizzazione forzata

Come mai sono proprio i mariti ,compagni, fidanzati  gli autori di tanta ferocia?

Nella maggioranza dei casi ciò è riconducibile alla mancata accettazione della fine della relazione, all’estrema gelosia o al senso di potere sulla propria donna, che non si considera come un individuo autonomo ma come un “oggetto” che appartiene all’uomo e che solo lui può controllare.  Infatti, in alcuni casi eclatanti di cronaca addirittura l’uomo segna indelebilmente la donna, oltre che nell’animo, anche nel corpo. Sfregi con lame, danni permanenti da acido muriatrico  ( se non sei mia non sarai di nessun altro).  In Italia, ancora oggi sono in aumento i casi in cui la vittima figlia di immigrati avrebbe trasgredito norme o costumi culturali, religiosi, sociali o tradizionali riguardanti un comportamento appropriato o semplicemente vestendosi o volendo “vivere alla occidentale”.

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Fondamentale è  la Convenzione del Consiglio d’Europa di Istanbul del 2011 sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica che l’obiettivo :

  • di proteggere le donne da ogni forma di violenza e prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica;
  • di contribuire ad eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne e promuovere la concreta parità tra i sessi, ivi compreso rafforzando l’autonomia e l’autodeterminazione delle donne;
  • di predisporre un quadro globale, politiche e misure di protezione e di assistenza a favore di tutte le vittime di violenza contro le donne e di violenza domestica;
  • di promuovere la cooperazione internazionale al fine di eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica;
  • di sostenere e assistere le organizzazioni e autorità incaricate dell’applicazione della legge in modo che possano collaborare efficacemente, al fine di adottare un approccio integrato per l’eliminazione della violenza contro le donne e la violenza domestica.

 

Per tutte le violenze consumate su di Lei, per tutte le umiliazioni che ha subito, per il suo corpo che avete sfruttato, per la sua intelligenza che avete calpestato, per l’ignoranza in cui l’avete lasciata, per la libertà che le avete negato, per la bocca che le avete tappato, per le ali che le avete tagliato, per tutto questo: in piedi Signori, davanti a una Donna!

William Shakespeare

 

I reati previsti ai sensi della Convenzione di Istanbul del 2011 si applicano a prescindere dalla natura del rapporto tra la vittima e l’autore del reato, inoltre tale documento sottolinea la necessità di intraprendere sin dalla tenera età progetti nelle scuole per la prevenzione di tale fenomeno e dell’istituzioni di reti sociali per aiutare chi ne è vittima. E’ fondamentale che chi abbia il sentore di essere vittima di atti di violenza, di qualsiasi tipo o di mera persecuzione da parte di uomini, denunci il fenomeno alle autorità competenti in modo tale da essere sottoposta a corrette misure di sicurezza da eventuali aggressioni.

 

A cura della Dott.ssa Antonia Ragone

Pedagogista e Docente

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