In autunno, Trieste assume un fascino malinconico e inquieto: le foglie secche si rincorrono spinte dalla bora, il cielo si vela di grigio e i caffè storici si popolano di pensatori solitari.
Nessuna stagione, se non l’autunno, forse, incarna meglio l’umore di Zeno Cosini, il protagonista de “La coscienza di Zeno” di Italo Svevo.
Pubblicato nel 1923, il romanzo è considerato uno dei capolavori della letteratura del Novecento, nonché il manifesto della modernità letteraria italiana.
Zeno è un antieroe, nevrotico, incostante, ironico, e profondamente umano. Attraverso le sue memorie, redatte su consiglio del suo psicoanalista, esploriamo il disagio esistenziale dell’uomo moderno. Ma La coscienza di Zeno non è solo un viaggio dentro la mente di un personaggio: è anche un viaggio tra le vie e le anime della Trieste di inizio Novecento, crocevia culturale, borghese e cosmopolita.
Itinerario d’autunno: Trieste attraverso gli occhi di Zeno Cosini
Zeno Cosini è un uomo moderno, fragile, indeciso, ironico e profondamente autentico. Leggere o rileggere “La coscienza di Zeno” in autunno, tra le vie di Trieste, diventa un’esperienza sensoriale e mentale.
Un modo per riconoscersi nelle sue esitazioni, per sorridere amaramente delle sue ossessioni, per accettare che la malattia non è altro che una forma di consapevolezza.
Trieste, con le sue luci soffuse, i suoi venti freddi e i suoi ritmi sospesi, è il teatro ideale di questo viaggio. Un itinerario letterario che non è solo geografico, ma anche e soprattutto interiore.
Italo Svevo e “La coscienza di Zeno”
Svevo, alias Ettore Schmitz, la conosce come il palmo della mano: la sua esperienza borghese, il lavoro in banca, i rapporti familiari e persino la passione per la psicoanalisi freudiana emergono potentemente in ogni pagina.
L’autunno, con la sua luce obliqua e il suo senso di fine, è il momento perfetto per esplorare questi luoghi carichi di memoria. Il nostro viaggio parte da una farmacia, luogo simbolico e reale nella vita di Zeno.
Il protagonista tenta invano di lavorare come farmacista e poi si ritrova più volte ad attraversare questi spazi carichi di inquietudine borghese e odore di disinfettante.
Trieste e il luoghi del romanzo
Una tappa consigliata è la farmacia ai Quattro Cantoni, una delle più antiche di Trieste, oggi restaurata ma ancora immersa in un’atmosfera d’altri tempi.
Poco distante, la Piazza della Borsa conserva ancora oggi il fascino austero della Trieste commerciale e imprenditoriale. Qui possiamo immaginare Zeno in uno dei suoi tentativi goffi e ironici di diventare un uomo d’affari, trascinato da incertezze e contraddizioni.
Il Caffè San Marco: Nessun itinerario triestino può prescindere da una sosta al Caffè San Marco, storico ritrovo di intellettuali dove Svevo incontrava regolarmente James Joyce.
Proprio qui si percepisce la presenza del romanzo: nella ritualità del caffè, nelle sedute interminabili, nei taccuini riempiti di appunti e confessioni.
Il caffè era un luogo di osservazione per Svevo, ma anche per Zeno. Lì si meditava sul fallimento del matrimonio, si pensava alla morte del padre, si registravano le proprie piccole ipocondrie.
L’autunno accentua queste sensazioni: sedersi con un libro e una tazza fumante davanti al vetro appannato, mentre fuori soffia il vento, è il modo migliore per entrare nella mente di Zeno Cosini.
Passeggiata sul molo: Zeno audace, passeggia sul molo dove cerca sollievo dai suoi pensieri, dove riflette sulla malattia, sulla dipendenza dal fumo, sull’amore non corrisposto.
Il molo, lungo e affacciato sull’infinito del mare, è il luogo della confessione silenziosa. In autunno, questo tratto di città diventa struggente.
Il vento punge il viso, le onde si infrangono con più forza, e ogni passo sembra un frammento della coscienza. Qui si può leggere il celebre passaggio in cui Zeno tenta di smettere di fumare: “Questa è l’ultima sigaretta!”, una promessa mai mantenuta, come tutte le sue decisioni. Anche questo lo rende così moderno.
La Trieste di Svevo Trieste non è solo la cornice del romanzo, ma una protagonista essa stessa. Svevo la descrive senza retorica, la osserva con occhio clinico e affetto rassegnato.
Si racconta che Svevo, durante la stesura de “La coscienza di Zeno”, si confrontasse spesso con Joyce, che lo incoraggiava a sviluppare il flusso di coscienza. Questo scambio, avvenuto in città, tra due giganti della modernità letteraria, è parte integrante del fascino triestino.
Un’altra tappa imperdibile è la Casa di Svevo, oggi museo, dove sono conservati manoscritti e oggetti dell’autore. Entrare in questo luogo significa toccare con mano l’origine di un romanzo che ancora oggi risuona nelle coscienze di chi lo legge.