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“La coscienza di Zeno”, il capolavoro fuori dagli schemi di Italo Svevo

In occasione dell'anniversario di Italo Svevo, riscopriamo il suo capolavoro, per molto tempo sottovalutato: "La coscienza di Zeno".

«La vita non è né brutta né bella, ma è originale!»

Scompariva 95 anni fa uno degli autori più sottovalutati in vita: Italo Svevo. Lo ricordiamo riscoprendo “La coscienza di Zeno“, il suo capolavoro; un’opera singolare, originale, che ha cambiato il volto del romanzo europeo sebbene sia stato apprezzato veramente molto dopo la sua pubblicazione.

“La coscienza di Zeno”, la sinossi

“La coscienza di Zeno”, uno dei capolavori della letteratura europea del Novecento, è la tragicomica vicenda di un “inetto a vivere”, che, su sollecitazione del proprio psicanalista, ripercorre le tappe della sua oscillante e inconcludente esistenza punteggiata dai ripetuti, e inutili, tentativi di smettere di fumare.

Zeno Cosini è una specie di marionetta tirata da fili che, quanto più indaga, tanto più gli sfuggono. È schiacciato da un destino che sembra ineluttabile: desideroso dell’Ordine, è sommerso dal Caos; alla infantile ricerca di certezze, si ritrova compiaciuto funambolo sul filo oscillante della catastrofe personale e familiare.

Un romanzo singolare

Dopo l’esperienza naturalista di “Una vita”, Italo Svevo cambia registro con “La coscienza di Zeno”, un romanzo bizzarro, che pone al centro della scena un protagonista altrettanto singolare. Zeno Cosini non è un buono, non è un cattivo. È un uomo divorato da un male incompreso e per certi versi incomprensibile, che decide di intraprendere un percorso di psicanalisi per guarire.

L’esercizio suggerito a Zeno per curare il suo malessere consiste nel trasporre per iscritto la sua esistenza: questa la cornice narrativa da cui parte l’opera. Il lettore viene accompagnato attraverso otto capitoli in cui impara a conoscere Zeno, la sua vita e la sensazione di malessere che lo pervade.

Con “La coscienza di Zeno”, Svevo sperimenta l’uso del narratore interno: scopriamo la vita di Zeno dalle sue stesse parole, e per questo ci sentiamo coinvolti e vicini al suo vissuto, che conosciamo in maniera frammentata e veicolata da una sottile vena ironica. Il narratore, nonché protagonista, non si prende mai sul serio.

Così, ne “La coscienza di Zeno” veniamo accompagnati in un percorso alla ricerca di un dolore che appare quasi atavico. Zeno è simbolo di un malessere sociale, di una sensazione di straniamento e inettitudine che paralizza e rende vana ogni azione del quotidiano, perfino la ricerca di una cura. Perché, nell’atto di scrivere per trovare le origini del suo male, Zeno non trova realizzazione e abbandona l’intento.

Soltanto in tale abbandono, poi, si sente guarito, nonostante il mondo attorno a lui sembri sul punto di scoppiare. Forse, in fondo, fra l’uomo che è Zeno e il mondo in cui egli vive, non c’è alcuna differenza: entrambi malati. Entrambi incapaci di curarsi da soli.

Italo Svevo

Aron Hector Schmitz, meglio conosciuto come Italo Svevo, è stato uno scrittore e drammaturgo italiano, autore di numerosi romanzi, racconti brevi e opere teatrali, nato il 19 dicembre 1861 e scomparso 13 settembre 1928.

Italo Svevo è uno pseudonimo che rimanda direttamente all’origine geografica e alla cultura di Schmitz: Italo come italiano, Svevo come germanico. Lo scrittore era infatti per metà italiano e per metà tedesco.

Nacque a Trieste da una famiglia di origine ebraica, quinto di otto figli. Il padre, ebreo ashkenazita, era un commerciante di vetrame. La madre era invece originaria delle comunità friulane.

Il padre di Hector voleva avviare il suo quinto figlio alla carriera commerciale. Ma durante il periodo di apprendistato, il giovane manifestava già il suo amore per la letteratura e la scrittura, e leggeva di nascosto i libri francesi che i genitori gli proibivano. Per la stessa ragione, Svevo e il fratello vengono mandati in un collegio bavarese per apprendere il tedesco: è un periodo in cui i fratelli scoprono la solitudine e la separazione dalla famiglia.

Dopo quest’esperienza, ma anche per via delle origini composite e del luogo cosmopolita dove era nato, Italo Svevo maturò l’anima multiculturale che è caratteristica fondamentale di tutte le sue opere. Nonostante avesse completato gli studi commerciali e cominciato a lavorare nell’azienda di famiglia, l’amore per le lettere non lo abbandonava un istante.

Al fallimento dell’azienda, l’autore de “La coscienza di Zeno” fu costretto a cambiare vita, cominciando a lavorare per una banca e, parallelamente, cercando di coltivare la sua passione con collaborazioni con riviste e primi tentativi di scrittura.

Una vita” viene pubblicato nel 1892, e sancisce l’inizio di una carriera letteraria non sempre riconosciuta dai contemporanei, tanto da convincere lo scrittore a tornare al suo lavoro iniziale dopo tanti anni di insuccessi e sfortunati fallimenti.

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