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Il Nobel per al Pace Denis Mukwege, “Pandemia ci invita a essere più umani”

Il Premio Nobel per la Pace Denis Mukwege, intervenuto nel corso della trasmissione "Che tempo che fa", ha espresso preoccupazione per il popolo africano

“Il Coronavirus è una delle grandi tragedie del nostro tempo, le sue conseguenze ci colpiscono ora e nel futuro sono incalcolabili, nessuno può dire cosa succederà”. Così il Premio Nobel per la Pace 2018 Denis Mukwege, dal 30 marzo 2020 a capo della task force anti-Covid19 del Sud-Kivu istituita dal governo congolese, ospite a Che tempo che fa su Rai 2.

Il Premio Nobel per la Pace 2018 ha così espresso la sua vicinanza alle famiglie di tutto il mondo. “Vorrei esprimere quanto io sia desolato e soffra per la pandemia che ha colpito l’Italia, l’Europa, l’America e il resto del mondo. Sono vicino alle famiglie che hanno perso i loro cari e devo esprimere tutta la mia vicinanza a tutti coloro che soffrono in questo momento. Penso anche a tutto il personale medico e paramedico di tutto il mondo. Loro hanno mostrato un coraggio eccezionale e davvero un grandissimo senso di responsabilità e di umanità”.

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Sulla pandemia in Africa

Il Premio Nobel per la Pace dal 30 marzo è a capo della task force anti-Covid19 del Sud-Kivu istituita dal governo congolese. “La pandemia è presente e siamo molto inquieti, se avesse le stesse conseguenze che si verificano in Europa e in America sarebbe gravissimo. Le nostre infrastrutture sanitarie sono molto fragili, quindi i metodi che sono stati impiegati in Europa come il confinamento completo della popolazione in un Paese africano è assolutamente impossibile. Proprio perché la popolazione vive di un’economia molto frugale. Quindi molti devono andarsi a procurare da mangiare tutti i giorni, quindi questa epidemia ci crea molta inquietudine

Però devo dire che dal punto di vista epidemiologico per il momento ci sono 3 milioni e 500 mila persone che sono state colpite da questa pandemia e appunto i decessi sono circa 250mila in totale, abbiamo 41.600 casi e più di 1.500 decessi. Se paragoniamo i tassi di contaminazione degli altri continenti possiamo trarre la conclusione che attualmente l’Africa è decisamente meno colpita dell’Europa e dell’America.”

Il dolore quotidiano

Alla domanda su quale sia il dolore che affronta tutti i giorni, provocato dagli uomini, non da un virus, così risponde il Premio Nobel per la Pace 2018 Denis Mukwege. Il nostro ospedale è specializzato a occuparsi in modo olistico delle vittime di abusi sessuali e che sono naturalmente anche le vittime del conflitto che ha colpito parecchie regioni del Congo, ebbene questa guerra ha come obiettivo quello di spogliare le risorse naturali del Congo e dei Paesi vicini con la complicità di organizzazioni multinazionali, questa guerra ha fatto più di 6 milioni di morti. Il nostro è un centro specialistico che si occupa della gestione di tutto quello che succede a una vittima sessuale. Continuiamo a lavorare e ci prendiamo anche cura dei malati di Covid 19”.

Curare corpo e anima

Il Premio Nobel per la Pace 2018 Denis Mukwege è anche un pastore. “Credo che noi ci ritroviamo davanti alla assoluta incomprensibilità dei comportamenti umani, però la fede, ieri come oggi, si manifesta nell’amore, nel rispetto del prossimo, nell’umanità. Si continuano a lanciare bombe e io credo che questo mostra molto bene la contraddizione attualmente esistente. Non ci si proietta a vedere il nostro prossimo come se fossimo noi stessi, non rispettiamo il nostro prossimo come dovremmo rispettare noi stessi, il rispetto del prossimo è importantissimo. Da cristiano io posso dire che non è possibile amare Dio e ignorare gli essere umani che sono la creazione di Dio a sua immagine e somiglianza.

Credo quindi che la pandemia del Coronavirus deve stimolarci a trovare la profondità di quello che questa pandemia ci pone davanti, per chiederci chi siamo, è un attacco invisibile ma che ci porta tutti ad avere una paura assoluta, una paura che di fatto colpisce sia chi è ricco, sia chi è meno ricco, che cambia le nostre abitudini. Questa pandemia ci invita a essere più umani, ad avere più umanità, a vederla intorno a noi, anche al di là delle nostre frontiere”.

Sull’Italia

“Tornerò volentieri in Italia, io adoro l’Italia e mi piacciono tantissimo gli italiani. Tutte le volte che ho visitato l’Italia ho avuto un’impressione meravigliosa degli italiani, quindi a prestissimo”.

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