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Perché Gianni Minà è stato un maestro del giornalismo

Gianni Minà si è spento all'età di 84 anni. Ha intervistato i protagonisti del Ventesimo secolo, da Gabriel García Márquez a Fidel Castro: ecco perché le sue interviste sono entrate nella storia.

“Gianni Minà ci ha lasciato dopo una breve malattia cardiaca. Non è stato mai lasciato solo, ed è stato circondato dall’amore della sua famiglia e dei suoi amici più cari. Un ringraziamento speciale va al professore Fioranelli e allo staff della clinica Villa del Rosario che ci hanno dato la libertà di dirgli addio con serenità”. Così sulla sua pagina Facebook ieri sera è avvenuto l’annuncio intorno alle 21:37 della morte di Gianni Minà.

“Perdiamo un giornalista originale, attento e mai banale, un uomo che amava la cultura. Ciao Gianni”. Ha affidato ai social il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, il suo saluto a Gianni Minà.

Le grandi interviste di Gianni Minà

Gianni Minà verrà ricordati per le grandi interviste ai personaggi che hanno segnano la storia del ventesimo secolo: è stato un grande giornalista sportivo, conduttore di trasmissioni sulla Rai come “Blitz” e reportage vari in cui ha incontrato personalità come Gabriel García Márquez, Fidel Castro, Federico Fellini, Massimo Troisi, Sergio Leone, Enzo Bearzot e molti altri. Con il suo stile pacato e le sue domande mai banali, Minà è stato a tutti gli effetti uno dei principali narratori del secolo scorso.

Anni fa, in occasione della presentazione al Bif&st del docufilm “Gianni Minà – Una vita da giornalista”, parlava così del suo incontro più bello: “Quello con Muhammad Alì, il più grande di tutti, perché ha rotto un sistema, una cultura. All’inizio di ogni intervista, esordiva sempre con le sue idee di riscatto per il popolo nero e enumerava tutto quello che un nero americano non era riuscito ad avere nella vita: ‘Tutti hanno una terra per la quale lottare, combattere… tutti. Solo noi, solo i neri d’America non hanno una terra di riferimento’. Purtroppo le sue battaglie non hanno prodotto grandi cambiamenti, ma non mi sento di dire che ha perso”.

Il personaggio che avrebbe voluto incontrare senza riuscirci? “Sicuramente Nelson Mandela, ci siamo rincorsi: una volta non potevo io, una volta non poteva lui. E l’ho perso, come ho mancato l’intervista a Marcello Mastroianni, una persona gentile e ironica”. Cosa avrebbe fatto se non fosse diventato il giornalista? “Sono nato giornalista, lo sono stato, lo sono e lo sarò”.

Gianni Minà

Gianni Minà inizia la carriera nel 1959 come giornalista sportivo per Tuttosport, di cui è stato direttore dal 1996 al 1998. Arriva poi in Rai come collaboratore dei servizi sportivi, seguendo per la rete pubblica cinque Olimpiadi, tre mondiali di calcio e i più importanti incontri di pugilato. Dopo aver esordito per il rotocalco Sprint, ha realizzato reportage e documentari per rubriche come Tv7, Dribbling, Odeon. Tutto quanto fa spettacolo, Gulliver ed è stato tra i fondatori del programma L’altra domenica. Per il Tg2, dal 1976, ha realizzato non solo servizi sportivi ma anche reportage dall’America Latina.

Minà ha collaborato a Mixer, ha esordito come autore e conduttore di Blitz e ha condotto la Domenica sportiva e il talk show Storie. Ha diretto la rivista letteraria Latinoamerica e tutti i sud del mondo. Collaboratore per anni di quotidiani come Repubblica, l’Unità, Corriere della Sera e Manifesto,

Gianni Minà ha scritto numerosi libri tra cui Il racconto di Fidel (1988), Un continente desaparecido (1995), Storie (1997), Un mondo migliore è possibile. Da Porto Alegre le idee per un futuro vivibile (2002), Politicamente scorretto (2007), Il mio Alì (2014), Così va il mondo. Conversazioni su giornalismo, potere e libertà (2017, con G. De Marzo), Storia di un boxeur latino (2020) e Non sarò mai un uomo comune (2021).

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