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L’Egitto soffoca anche la soap opera

Il giornalista specializzato in ciò che accade in Medio Oriente Enrico Campofreda ci racconta un nuovo fatto di cronaca che riguarda l'Egitto

MILANO – Sisi, il dittatore dall’inquietante gentilezza, non perde un colpo. Segue pedissequamente tutta la gamma che tipicizza la tirannia, infilando uno via l’altro ogni stereotipo. La cronaca diventata già storia, è conosciuta. Si sa come sia giunto al potere sull’onda della protesta contro il precedente presidente egiziano. E’ l’estate 2013. Dopo quaranta giorni da un insediamento non sancito da alcuna verifica elettorale, lui non concede alle manifestazioni avversarie lo stesso spazio ricevuto dall’opposizione cui s’appoggiava e fa sparare sugli attivisti della Fratellanza Musulmana. Provoca almeno mille morti. Dopo l’elezione a presidente inizia a prendersela anche coi soggetti di cui s’era servito: partiti e attivisti laici, avvocati, giornalisti. Dal 2015 iniziano le carcerazioni preventive e le continue sparizioni di migliaia di cittadini.

Cronisti e blogger vengono arrestati, parecchi torturati, fino a giungere al caso che coinvolge il ricercatore Giulio Regeni rapito, seviziato, assassinato da uomini dell’Intelligence che prendono ordini dal ministro degli Interni e dal presidente stesso. Nessun responsabile è stato trovato poiché la politica internazionale, compresa quella che alberga a Palazzo Chigi, non ha mai posto a Sisi condizioni né rivendicazioni. La popolazione che lo sostiene appartiene alla casta militare che è molto più ampia di quella che veste la divisa. Poiché le locali Forze Armate detengono molte leve dell’economia del Paese, hanno imprese agricole, edilizie, manifatturiere, mercantili, turistiche e chi vuol lavorare in quegli ambienti non deve porsi il problema da dove provenga il denaro e se esso grondi sangue.

Sisi sostiene di reprimere i nemici della patria, che non sono soltanto i jihadisti che pur girano dal Delta all’Alto Egitto, ma chiunque abbia pensieri e parole diversi, anche quando è un famoso intellettuale come al-Aswany, di recente minacciato. Comunque la regia del perfetto tiranno prevede anche gesti di bontà con cui, ogni tanto, Sisi fa scarcerare qualche oppositore, giorni addietro è accaduto ad Abdel Fattah detenuto da oltre cinque anni. Il generale non trascura la propaganda, invero arma pregevole. Ritorna nel suo mirino l’amatissima e popolare soap opera, già minacciata e censurata all’epoca del suo insediamento, cui ora si ‘suggeriscono’ le linee di condotta. Gli egiziani troveranno nelle serie tv lodi a polizia ed esercito e disprezzo per l’Islam politico. L’educazione indotta è l’anima dello strapotere che ama le maniere forti.

Enrico Campofreda

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