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Come affrontare il dramma del terremoto, i consigli dello psichiatra Michele Cucchi

Lo spichiatra Michele Cucchi analizza dal punto di vista emotivo il dramma vissuto dai terremotati, cercando di dare una chiave di lettura al fine di affrontare al meglio tali cataclismi

MILANO – Non abbandonarsi alla rimuginazione ma cercare anche nel dialogo e nell’interazione con gli altri una base emotiva sicura. E’ questo uno dei consigli da parte dello psichiatra Michele Cucchi rivolto a tutti coloro che in questi giorni stanno affrontando sulla propria pelle il dramma del terremoto che ha colpito il Centro Italia. Il Direttore Sanitario del Centro Medico Santagostino di Milano Michele Cucchi analizza dal punto di vista psicologico ed emotivo il dramma vissuto dai terremotati, cercando di dare una chiave di lettura propositiva ed efficace al fine di affrontare al meglio tali cataclismi.

“Davanti ad un evento drammatico, potenzialmente letale, non atteso e non prevedibile, si può configurare una sindrome che prende il nome di Disturbo Post Traumatico da Stress, o PDTS. Nei giorni e nelle settimane immediatamente successive all’evento non si può ancora parlare di questa diagnosi che richiede un periodo più prolungato di tempo per essere verificata, e si parla di Disturbo Acuto da Stress, che è il nome più corretto per descrivere quello che sta succedendo ora nelle Marche.

Di fronte ad un cataclisma come un terremoto, chi lo vive sulal propria pelle all’inizio prova angoscia, panico, ma soprattutto dissociazione: una condizione in cui uno rimane attonito, incredulo, non gli sembra vero quello che sta accadendo e sembra “imbambolato”. Poi ansia e infine rabbia. Ma dopo pochi giorni può tornare la progettualità rispetto al ” rimango qui…”

Non tutte le persone che vengono esposte a questi traumi sviluppano una sintomatologia che soddisfa questa diagnosi. I fattori di rischio sono l’essere donna, la giovane età, sintomi d’ansia o patologie ansiose pregresse, una bassa condizione sociale ed economica. Il vissuto è quello della vigile allerta per ciò che non si può prevedere, la sensazione è quella di avere una Spada di Damocle puntata sulla testa.

L’approccio migliore è quello di valutare effettivamente la potenziale gravità dell’accaduto e di ciò che potrebbe accadere, non sottovalutare le cose ma cercare allo stesso tempo di metterle a fuoco senza catastrofizzare. Ci sono vari interventi, sia di tipo psicologico che farmacologico, che si sono rivelati utili per questa sintomatologia. Un intervento specifico, che richiede una peculiare competenza tecnica, l’EMDR (Eye Movement Desesitizazion and Reprocessing), è il trattamento gold standard ma ha bisogno di essere debitamente integrata in un percorso clinico personalizzato.

Le persone non vogliono abbandonare le proprie case per due motivi: il primo è perché la gente fatica ad entrare in una modalità “extra-ordinaria” quella in cui pensare a soluzioni effettivamente estreme per una situazione estrema. E’ molto più probabile che molti di loro non pensino a cosa succederà domani ma pensino a ricostruire. La seconda causa è che ci sono emozioni quali l’affetto e il senso di radicamento in un territorio, così come la solidarietà reciproca di chi sta viviendo la stessa drammatica situazione, che tiene legati alla propria terra e impedisce di pensare ad altre soluzioni. Per affrontare nel migliore dei modi il terremoto e non cadere nel disfattismo e rassegnazione, vale la pena non abbandonarsi alla rimuginazione ma cercare anche nel dialogo e nell’interazione con gli altri una base emotiva sicura”.

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