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Combattere la mafia significa lottare per la libertà

Abbiamo intervistato il giornalista e scrittore Giuseppe Di Piazza riguardo al fenomeno della mafia e alle figure di Falcone e Borsellino

MILANO – Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono stati gli eroi dello Stato italiano e i maggiori nemici di Cosa Nostra. Il loro coraggio, che non significa non aver paura (“l’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa.“), il loro senso di giustizia e di libertà li ha spinti a non indietreggiare di fronte alla mafia, ma di andare sempre più avanti in nome della Verità. Oggi ricorre l’anniversario della strage di Capaci (23 maggio 1992) e abbiamo deciso di intervistare il giornalista, fotografo e scrittore palermitano Giuseppe Di Piazza, autore de “Il movente della vittima“, un giallo sulla malavita siciliana, riguardo al fenomeno delle mafie e alle figure di Falcone e Borsellino.

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Perché è importante ricordare personalità come Falcone e Borsellino?

Loro sono l’esempio di come lo Stato debba tenere la posizione di fronte all’avanzare del crimine, che corrisponde al male della società. Loro hanno spiegato agli Italiani con il loro sacrificio che c’è un modo di tenere alto l’onore dello Stato di fronte ai peggiori attacchi. Loro erano dei veri nemici per la mafia perché hanno colpito la mafia duramente con inchieste inattaccabili. E questa cosa non gli è stata perdonata.

Quali sono le caratteristiche che hanno in comune le mafie oggi?

Ci sono caratteristiche differenti, secondo me: c’è la ‘ndrangheta che è al momento la più pericolosa in assoluto e che ha sempre mantenuto un profilo abbastanza basso; la camorra ha invece in sé qualcosa di costantemente teatrale, di esibizionistico quasi: basta pensare a ciò che è successo recentemente per strada nel napoletano, cioè loro quasi ostentano il Male. La ‘ndrangheta si nasconde agli occhi dell’osservatore e colpisce la mente, i centri più nevralgici del potere costituito, quindi l’attacco alla finanza, l’attacco attraverso la droga alla salute collettiva, i grandissimi traffici internazionali, i rapporti con i narcos. La ‘ndrangheta rimane in questo momento una grandissima minaccia per il suo modo di comportarsi differentemente. Invece Cosa Nostra, che è stata fortissima negli anni Ottanta e Novanta, la più pericolosa in quel momento, la più minacciosa per la stabilità dello Stato e che però ha preso dei colpi durissimi. Ora è è ancora latitante Matteo Messina Denaro, ma io sono certo che lo Stato lo arresterà, perché alla fine vengono arrestati tutti, ma la mafia di oggi, la Cosa Nostra di oggi siciliana è molto meno pericolosa di quella degli anni Ottanta e Novanta. È stata veramente colpita dalla inchieste giudiziarie, dal pentitismo, da una serie di cose che ha tagliato le radici in parte, in parte attenzione, di quella che era la grande malattia siciliana.

Cosa può fare il singolo cittadino per contrastare le mafie?

Beh, comportarsi bene, avere rispetto della legge, avere rispetto di chi tutela la legge, denunciare, testimoniare, fare tutto ciò che una comunità civile fa per proteggersi, per difendere la propria libertà. Combattere la mafia è una battaglia di libertà, cioè per la libertà di ripresa, per la libertà di opinione, per la libertà di commercio, per la Libertà. Quindi per difendersi bisogna praticare questa libertà, perciò avere fiducia nello Stato ed esserne parte attiva.

Qual è l’insegnamento più grande che Falcone e Borsellino ti hanno trasmesso?

La cosa più importante è che loro erano siciliani e che hanno dimostrato che le prime vittime della mafia sono proprio i siciliani e questa è una cosa che rimarrà per sempre. Loro hanno tutelato lo Stato italiano, hanno tutelato il principio di unità dello Stato e hanno dimostrato che c’è una grandissima parte, la stragrande maggioranza della Sicilia che è onesta e quella mafia non la vuole. Loro sono stati i grandi eroi , tra i tanti purtroppo, perché di vittime ce ne sono state tantissime, di questo principio.

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