Maurizio de Giovanni e la Napoli dei suoi romanzi

19 Ottobre 2025

Un viaggio nell’universo narrativo di Maurizio de Giovanni: dai Bastardi di Pizzofalcone al Commissario Ricciardi, tra noir, umanità e fede nella giustizia.

Maurizio de Giovanni e la Napoli dei suoi romanzi

“Napoli non è mai uno sfondo nei miei libri: è una protagonista”, così ha detto Maurizio de Giovanni in un’intervista del 2022; e noi di Libreriamo vogliamo aprire con questo assioma per parlarvi di lui e delle sue opere: Napoli è una città viva, che respira, come nei vecchi romanzi di MalaparateMalaparate. È una città dove il crimine passa attraverso le fenditure delle porte, dove si respira la vita vera e la giustizia si osserva in un gesto di pietà piuttosto che in una sentenza.

Come leggere Maurizio de Giovanni

Per leggere e orientarsi nel catalogo di de Giovanni non si piò immaginare i suoi titoli come una lista, ma come dei concetti ambientali che rispondono alla domanda “che Napoli voglio abitare oggi?”.

La sua forza è un equilibrio difficile da eguagliare: le vittime non sono pretesti narrativi, i colpevoli non sono mostri da esibire e ognuno di essi porta dentro di sé una ferita che la trama districa con la forza di uno stile unico nel suo genere, strizzando l’occhio alla musicalità napoletana.

Le storie di de Giovanni sono corali, ambientali, ed è anche per questo che, libro dopo libro, si ha la sensazione di tornare a quelle stesse persone — non solo a personaggi — e luoghi quasi fossero conoscenti.

La mappa narrativa: cinque porte d’accesso

Il Commissario Ricciardi” è il cuore antico di de Giovanni. Ambientato in una Napoli degli anni Trenta, si trascina per tutte le stagioni come metronomo morale. Un “dono” terribile — percepire l’ultimo pensiero delle vittime — trasforma l’indagine in responsabilità.

“Una bambina, dalla vetrina, mi fece una smorfia… da lì il ‘dono’.” (sulla scintilla che generò l’idea)

Qui il fascismo è sfondo e ingranaggio dell’opera: la città soffre in silenzio, l’amore è sempre una possibilità spezzata. Leggerla in ordine restituisce la crescita sottile di Ricciardi e di chi gli gira intorno.

“Ricciardi è un personaggio casuale: viene dall’iscrizione per scherzo di alcuni amici a un concorso.” (2016)

I Bastardi di Pizzofalcone” sono il presente che si rialza: una squadra nata dal fallimento, raccolta in un commissariato “di risulta” e costretta a meritarsi fiducia caso dopo caso.

È la serie più corale, fatta di vite private, cadute e piccoli eroismi quotidiani.

Qui il giallo è uno specchio civico: Napoli appare nel suo intrico di condomini, uffici, bar, e la redenzione non è mai retorica, è lavoro.

Mina Settembre” sposta il baricentro dall’aula d’interrogatorio allo sportello d’ascolto. Il quartiere, i servizi sociali, le fragilità economiche: le storie non “succedono” alla città: sono la città e quella città è Napoli.

È il ciclo più ospitale per chi ama le indagini che nascono da relazioni, non da reperti.

“È commedia pura, e soprattutto offre uno spaccato interessante della mia città.” (2021)

“Sara Morozzi” è il versante basso e silenzioso dell’indagine: lo spy/noir intimo. Ex agente abituata a scomparire, Sara legge microtracce, gesti involontari, intercapedini emotive. È la serie che ha generato meno clamore, ma che spinge sugli affezionati, commuovendo; Un addestramento all’attenzione che diventa filosofia narrativa.

“Nei romanzi neri difficilmente la sfortuna è sfortuna.” (2022)

“I Guardiani” aprono una fenditura nel reale. La Napoli di superficie convive con un sottosuolo simbolico, quasi mitico: è la linea più ibrida, dove il mistero urbano sfiora il fantastico: qui de Giovanni chiede al lettore di fidarsi in un patto non solo razionale, ma anche immaginativo.

Da dove cominciare?

Per chi ama il noir storico e i personaggi che portano il destino cucito addosso, il primo passo è “Il senso del dolore”, un libro dal ritmo stagionale e la tonalità emotiva di Ricciardi. Dopo i primi romanzi, la serie “si allarga” senza perdere compattezza: l’ordine cronologico aiuta a cogliere il lavoro sulle relazioni e l’avanzare del tempo storico.

Per chi, invece, cerca qualcosa di contemporaneo e corale, consigliamo i “Bastardi”; un buon inizio è il “prequel” su Lojacono e poi il primo vero capitolo della squadra. Qui l’appagamento è nel ritorno: riconoscere le voci, vedere come si cambiano a vicenda.

Chi è abituato ai gialli dal taglio più intimo e ama l’indagine come arte dell’osservazione, preferirà “Sara al tramonto”: il ciclo costruisce una fedeltà diversa, più sussurrata, più etica che muscolare.

Dalla pagina allo schermo

Le trasposizioni televisive hanno amplificato la riconoscibilità dei personaggi senza snaturarne la vocazione: Ricciardi ha portato in prima serata la malinconia morale del ciclo storico; i Bastardi hanno confermato la tenuta del coro; Mina ha mostrato quanto il lavoro di cura possa diventare racconto popolare.

Il passaggio allo schermo ha reso ancora più evidente che in de Giovanni le trame funzionano perché reggono sugli esseri umani; e agli esseri umani continuano a piacere così tanto che “Mina Settembre” è stata una delle serie tv più viste nell’ultimo periodo.

“Alla prima presentazione di un mio libro vado in ansia.” (2020)

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