Sei qui: Home » Senza categoria » Alla scoperta dei mosaici bizantini dell’isola di Cipro

Alla scoperta dei mosaici bizantini dell’isola di Cipro

Grazie ad un compromesso politico fra Costantinopoli e l'Islam, possiamo oggi godere di due delle più antiche testimonianze dell'arte musiva bizantina

MILANO – Ciò che per noi può essere oggi una normale rappresentazione dell’arte cristiana, come il soggetto della “Vergine col Bambino”, ripreso e reso celebre da artisti che rispondono al nome di Piero della Francesca, Leonardo da Vinci, Botticelli o Caravaggio, non lo era per i primi cristiani del V secolo.

THETOKOS – Il tema della “Vergine col Bambino” si affermò infatti a partire dalla seconda metà del 450, a seguito del concilio di Efeso, tenutosi nel 431, nel quale fu proclamata la divina maternità di Maria, che divenne da quel momento Theotokos, cioè Madre di Dio. A Cipro, scampata al periodo iconoclasta grazie ad un compromesso politico fra Costantinopoli e l’Islam, possiamo oggi godere di due delle più antiche testimonianze dell’arte musiva bizantina: documenti rari e preziosi purtroppo in gran parte andati perduti soprattutto nell’area orientale dell’impero. A nord dell’isola, il mosaico cipriota della Panagia Kanakaria a Lythrankomi, sfortunatamente snaturato nel suo aspetto originario a causa di una serie di danneggiamenti avuti inizio col terremoto del 1941, oltre ad essere tra i più antichi esempi rimasti, ha la particolarità di vedere inserite le due figure centrali della rappresentazione, ossia la Vergine ed il Bambino, all’interno di una mandorla di luce, che era per tradizione riservata alla sola immagine del Cristo.

IL SIGNIFICATO – Meglio conservato ed analogo al primo nella raffigurazione, ma non nel significato iconografico, è invece il mosaico della Panagia Angeloktistos a Kiti, sulla costa meridionale.
La decorazione absidale mostra la Vergine nell’atto di sorregge il Bambino col braccio sinistro, secondo la tradizione nata con l’icona costantinopolitana dell’Hodegetria (ritenuta dipinta da San Luca), con ai lati l’Arcangelo Michele, in parte rovinato, e l’Arcangelo Gabriele. Sopra la testa della Madonna, posizionata in piedi su di un suppedaneo gemmato, troneggia la scritta “Hagia Maria”, ossia “Santa Maria”.
La figura della Vergine, protesa verso lo spettatore, indossa un mantello color porpora sopra una tunica blu scuro e sostiene il Bambino, rappresentato con le sembianze di un fanciullo, vestito invece con un pallio dorato e recante nella mano sinistra un rotolo. Il nimbo del Cristo, che mostra al suo interno una croce fatta di semplici tronchi di legno, potrebbe essere un richiamo non troppo velato alla Passione.
Ai lati delle due figure centrali sono disposti gli Arcangeli, identificati dai loro nomi scritti in verticale, vestiti entrambi con tunica e pallio bianco con clavi dorati e recanti in mano un’asta aurea, nella sinistra, e un globo crucifero, simbolo dell’ecumene cristiana, nella destra.
Intorno alla testa mostrano un nimbo argentato e sono caratterizzati da magnifiche ali a penne di pavone, a simboleggiare l’immortalità del loro essere.

LE DIFFERENZE – A differenza della Panagia Kanakaria, nella quale la decorazione del catino absidale viene racchiusa da una fascia di clipei coi busti degli Apostoli (tema noto anche nel San Vitale di Ravenna e nella chiesa del Monastero del Sinai), nella Angeloktistos troviamo la rappresentazione della “Fontana di Vita”: splendidi vasi dall’alto collo, adagiati su foglie di acanto, sono fiancheggiati da coppie di anatre, pappagalli e cervi convergenti verso un clipeo con la croce, posto alla sommità dell’arcata.
Questa raffigurazione altro non è che la trascrizione del Salmo 42, che ebbe grande diffusione in campo artistico, soprattutto nella decorazione musiva pavimentale, tra il IV ed il VI secolo: “Come il cervo anela alle fonti delle acque, così l’anima mia anela a Te o Dio”.

.
Marco Pettinari

 

 

© Riproduzione Riservata