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Alberto Giacometti, la precarietà dell’esistenza

Oggi il mondo dell’arte ricorda l’anniversario di nascita di Alberto Giacometti, scultore celebre per le sue esili e filiformi sculture umane.

MILANO – Nelle sue opere c’è un senso d’angoscia, la tragedia desolante dell’uomo contemporaneo destinato a vivere «con la morte nell’anima», in un «vuoto attraversato dal reale». Alberto Giacometti è considerato uno dei più grandi e importanti scultori italiani del ‘900. Una sua scultura in bronzo, “L’homme qui marche I” (L’uomo che cammina), fino a pochi mesi fa ha detenuto il record per il prezzo più alto mai pagato al mondo per un’opera d’arte.

GLI INIZI – Scultore celebre per le sue esili e filiformi figure umane, Alberto Giacometti nasce il 10 ottobre 1901 in Svizzera da Giovanni, pittore neo-impressionista e suo primo insegnante e da Annetta Stampa. Giacometti cominciò a disegnare, a dipingere e a scolpire assai giovane. Dopo aver frequentato la Scuola di arti e di mestieri di Ginevra, nel 1919, si iscrisse a Parigi ai corsi di scultura di Émile-Antoine Bourdelle, all’Accademia della Grande Chaumière nel 1922. Disparate esperienze culturali orientarono in direzioni diverse la sua operatività di questi anni. Lo testimoniano i suoi disegni, caratterizzati dalla frantumazione cubista, analitica, di ogni dettaglio, e sculture.

INFLUENZE CUBISTE E SURREALISTRE – Dal 1925 al 1928 esegue sculture di carattere decisamente cubista. Dal 1927 comincia ad esporre al Salon des Tuileries le sue prime sculture surrealiste. Il successo finalmente bussa alla sua porta, dandogli l’occasione di entrare in un giro più prestigioso che gli permette di venire a contatto con personalità straordinarie artistiche come Arp, Mirò, Ernst e Picasso . Nasce fra l’altro un forte sodalizio con Breton, il fondatore del movimento surrealista, per il quale scrive e disegna sulla rivista “Il surrealismo al servizio della rivoluzione”. Nel 1929 aderisce al movimento surrealista, realizzando degli objets e delle constructions-cages, come Boccia sospesa, in cui una forma sferica oscillante che sfiora una mezza luna allungata dentro un’ingabbiatura di ferro, introduce il problema dello spazio e della sua delimitazione, che da allora si precisa come una costante della ricerca estetica di Giacometti.Dall’esperienza surrealista trae un senso magico dello spazio, talvolta definito per mezzo di fragili strutture lineari.

LO SVILUPPO ARTISTICO – Ciò si osserva nel successivo ritorno alla figura umana, nella quale le relazioni tra spazio e ambiente sono suggerite dall’esile, sensibile plastica delle figure, che talvolta rievocano le forme dei bronzetti preistorici. Il suo interesse si sposta dal mito e dal sogno all’osservazione diretta della realtà, che si accompagna a una più consapevole preoccupazione per i materiali e le tecniche e implica una notevole trasformazione stilistica che lo conduce ad una sorta di naturismo schematico. Cerca di disegnare figure intere, nel tentativo di cogliere l’identità dei singoli esseri umani con un solo colpo d’occhio. In questo periodo si avvicina a Picasso e Beckett, e instaura con Jean-Paul Sartre un dialogo che influenzerà spesso i lavori di entrambi.

GLI ULTIMI ANNI – Nel 1946 ritorna a Parigi e intraprende una nuova fase artistica durante la quale le statue si allungano e le loro membra si stendono in uno spazio che le contiene e le completa. Dal 1947 riprende a dipingere e disegnare intensamente, continuando a lavorare dal vero. I temi preferiti, pochi e di continuo rivisitati, sono i familiari (la madre e il fratello Diego), gli oggetti che lo circondano, paesaggi visti e vissuti. Nel 1962 riceve il Gran Premio della scultura alla Biennale di Venezia. Gli ultimi anni sono all’insegna di un’attività frenetica e di un susseguirsi di grandi mostre in tutta Europa.

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